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Non solo Niger. La situazione si complica anche in Libia

Le milizie dell’Esercito Nazionale Libico (LNA) del generale Khalifa Haftar ha lanciato giovedi degli attacchi aerei contro “gruppi armati stranieri al confine tra Libia e Ciad. In precedenza, le forze della Cirenaica avevano annunciato l’inizio di “un’ampia operazione militare, di terra e aerea, al confine libico-ciadiano”.

“Non permetteremo che il nostro Paese sia una base d’appoggio per qualsiasi gruppo o formazione armata che rappresenti una minaccia per i nostri vicini o lanci qualsiasi azione illegale”, ha dichiarato il portavoce del LNA Al Mismari, sottolineando che verrà preservato “il principio di non ingerenza negli affari interni dei paesi amici, fraterni e vicini e nei loro problemi politici”. L’operazione militare “via terra e via aerea non si fermerà finché non saranno raggiunti gli obiettivi fissati dal Comando generale”, ha detto il portavoce.

La ben informata agenzia Nova riferisce che giovedì 24 agosto, la Brigata Tariq bin Ziyad, guidata da Saddam Haftar, il figlio del generale Haftar,  si era scontrata con alcuni gruppi armati nella città di Umm al Aranib, 250 chilometri a sud-est di Sebha, principale città della regione sud-occidentale libica del Fezzan.

La zona di confine tra Libia e Ciad è da qualche tempo teatro di rinnovate tensioni dopo che l’esercito ciadiano ha preso di mira, pochi giorni fa, il Fronte per l’alternanza e la concordia in Ciad (Fact), organizzazione paramilitare e politica di opposizione al governo militare del Ciad molto legato alla Francia e agli Stati Uniti. Nel paese ci sono migliaia di militari delle due potenze occidentali.

La situazione al confine tra Libia e Ciad si è fatta talmente tesa e confusa che l’ambasciata di Francia a Tripoli ha sentito il dovere di “smentire le false informazioni diffuse da alcuni organi di stampa e sui social network sul coinvolgimento francese nelle operazioni militari in Libia”.

Qualsiasi escalation della situazione in Niger avrà un impatto negativo sul territorio libico e sulla sicurezza della Libia. Lo ha detto Ahmed al Mismari, portavoce dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) comandato dal generale Khalifa Haftar, parlando ieri sera ai media libici e ripresi dall’agenzia Nova. “L’operazione militare che abbiamo lanciato prende di mira la regione sud-occidentale vicino ai confini con il Ciad e il Niger”, ha spiegato al Mismari, riferendosi all’avvio di una campagna di terra e aerea contro i gruppi dell’opposizione ciadiana nella regione sud-occidentale libica del Fezzan. “Questo territorio è stato testimone negli ultimi tempi dell’arrivo illegale di molte famiglie ciadiane, che hanno costituto una testa di ponte per l’immigrazione irregolare”, ha aggiunto il portavoce. La regione meridionale della Libia, a detta di Al Mismari, “è diventata un rifugio per criminali e terroristi in fuga attraverso le frontiere terrestri dei Paesi vicini”. Da parte loro, i rappresentanti dei Tebu, tribù di ceppo etiope presente nella Libia meridionale ma anche in Niger e Ciad, hanno accusato le forze di Haftar di “pulizia etnica” tramite l’insediamento, al loro posto, dei clan arabi con il pretesto di combattere i ribelli armati ciadiani.

La fortissima instabilità della zona di confine tra Libia e Ciad, soprattutto nel Fezzan, si accompagna alla secessione de facto della Libia in due entità diverse e contrapposte.

“La Libia oggi ha due governi, uno a est e uno a ovest. Se continua così, la Libia potrebbe andare verso una divisione a lungo termine perdendo la sua sovranità e integrità territoriale. Il popolo libico è molto preoccupato per questo, vuole che il Paese rimanga una nazione unita”, ha dichiarato il rappresentante speciale dell’Onu Abdoulaye Bathily.

La ex Jamahiriya libica edificata da Muammar Gheddafi, brutalmente ucciso nel colpo di stato del 2011, è sostanzialmente divisa in due coalizioni politiche e militari rivali: da una parte il Governo di unità nazionale con sede a Tripoli del premier Abdulhamid Dabaiba, riconosciuto dalla comunità internazionale e appoggiato soprattutto dalla Turchia; dall’altra il Governo di stabilità nazionale, di fatto un esecutivo parallelo basato in Cirenaica e sostenuto dall’Egitto, in cui l’uomo forte è il generale Khalifa Haftar. Per uscire dallo stallo politico, l’inviato dell’Onu aveva lanciato, il 27 febbraio scorso, un piano per redigere gli emendamenti costituzionali e le leggi elettorali necessarie per tenere elezioni “libere, inclusive e trasparenti” entro il 2023. Tuttavia, il termine ultimo proposto da Bathily per preparare la tabella di marcia è scaduto il 15 giugno e lo stesso inviato ha detto che lo “status quo” non è più tollerabile

 

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