Il viaggio di Zelensky negli USA è la settimana prossima, e sia Biden che Blinken (o meglio, i gruppi di cui fanno gli interessi) hanno investito troppo in questa faccenda per permettergli di fare la figura di quello che si presenta a mani vuote, soprattutto davanti a un Congresso mai così diviso sull’opportunità di autorizzare altri versamenti.
E così nelle ultime 48 ore abbiamo assistito a una serie impressionante di annunci: Andriivka è stata riconquistata, un’intera brigata russa spazzata via, la flotta del Mar Nero sostanzialmente distrutta.
Risultati sicuramente impressionanti, e pazienza se quanto comunicato non corrisponde esattamente alla realtà o che Andriivka non è esattamente Melitopol. L’importante, appunto, è presentarsi con qualcosa, qualsiasi cosa che giustifichi le spese sostenute e, auspicabilmente, quelle future.
Andiamo con ordine. Il 13 settembre una nave da sbarco, la “Minsk”, e un sommergibile, il “B-237 Rostov-na-Donu”, vengono colpiti durante un massiccio attacco missilistico (non è certo che siano stati usati gli Storm Shadow, ma è possibile) mentre si trovano in riparazione nel bacino di carenaggio dei cantieri Ordzhonikidze a Sebastopoli, in Crimea.
Sebbene non sia chiara l’entità dei danni, devono averne certamente subiti e possiamo considerare entrambe le imbarcazioni fuori combattimento per molto tempo, se non per sempre.
Sicuramente è un ottimo risultato, soprattutto per quanto riguarda il “Rostov-na-Donu” che veniva utilizzato nei lanci di missili sulle infrastrutture ucraine, ma ci sono alcuni fattori che vanno considerati.
In primo luogo si tratta di una nave e di un sommergibile in riparazione, quindi già fuori servizio per ciò che riguarda le operazione militari; soprattutto, erano un bersaglio statico, non in movimento, e non erano difesi dal proprio armamento (o, nel caso del sommergibile, dal suo essere appunto un sommergibile).
In sintesi, non è un successo replicabile automaticamente o facilmente anche se ripropone l’annoso problema della vulnerabilità della Crimea, problema già parecchie volte sottolineato anche qui e che il comando russo, o più probabilmente la leadership, non intende risolvere manu militari, ossia prendendo il controllo della costa ancora in mani ucraine, per i costi altissimi che dovrebbe sostenere.
Ad ogni modo, i rapporti sui danni dell’incursione del 13 si sono mantenuti comunque nei limiti del verosimile, e l’unica differenza tra le dichiarazioni ucraine/NATO e quelle russe riguarda l’entità del danno e se sia o meno possibile riparare le imbarcazioni, con che costo e in che tempi. Le dichiarazioni surreali sono invece quelle che hanno a che fare con Andriivka.
Ieri mattina, dopo che già il giorno prima c’era stato un balletto di dichiarazioni del comando ucraino sulla presa o meno del villaggio, è comparso un post sul canale telegram della terza brigata d’assalto ucraina (me/ab3army/3148) nel quale si riferiva che, a seguito di una “operazione-lampo”, in due giorni l’intera 72a brigata motorizzata russa è stata circondata e distrutta, insieme a tutto lo stato maggiore.
La notizia è stata ripresa dai “nostri” Osint, tipo Tendar, uno dei canali di informazione privilegiati per i nostri “analisti militari”(https://twitter.com/Tendar/status/1702938524306047264 – al momento ha un milione e centomila visualizzazioni e più di 14.000 like), che hanno aggiunto dettagli del tipo “la distruzione di questa unità dell’esercito russo apre uno squarcio nelle difese russe a sud di Bahmut e complica ulteriormente la situazione per l’eserito russo che ha già mandato ingenti riserve al fronte di Zaporizhia, lasciando sguarniti altri fronti come questo“, accompagnando il tutto con una carta inventata, visto che pone le linee ucraine ben oltre la linea ferroviaria che segna il confine tra controllo diretto russo e “zona grigia”.
Inutile dire che di questa montagna di cadaveri (una brigata ha più o meno 4.000 uomini) non si vedono foto né filmati.
Qualche filmato è stato diffuso: sono immagini di soldati ucraini che avanzano nel nulla, sparando e attestandosi nelle rovine di alcuni edifici, e l’unica presenza russa sono tre prigionieri (allego frame del filmato suddetto).
Altro non c’è, ma grazie a un atto di fede possiamo certamente credere che dopo alcuni mesi di combattimenti, in capo a due giorni 4.000 soldati russi schierati in pochi chilometri quadrati siano stati circondati ed eliminati da un pugno di ucraini, e che ora la strada per Bahmut sia aperta – così come era aperta la strada per Mariupol da Staromaiors’ke, o quella per Tokmok da Robotyne.
Del resto, la terza brigata d’assalto ucraina può questo e altro: per chi non lo sapesse, è il battaglione Azov in nuova forma dopo la sua distruzione a Mariupol, con nuovo nome e nuova struttura ma stessa leadership, il solito Biletsky.
Stanno combattendo in quel settore da alcuni mesi e finalmente sono riusciti a mettere Andriivka in zona grigia, un successo che va celebrato. Certo è un po’ surreale che all’epoca Bahmut fosse una cittadina senza alcuna importanza strategica e ora Andriivka sia diventata la chiave per riprendere il Donbas, ma queste sono sottigliezze.
Intanto, a guastare un po’ la festa, ci si mette come al solito la stampa USA, sia quella civile che, cosa un po’ più preoccupante, quella militare. Il 14 settembre il New York Times ha pubblicato un articolo intitolato “Russia Overcomes Sanctions to Expand Missile Production, Officials Say” (https://www.nytimes.com/…/russia-sanctions-missile…), che certifica quello che si sapeva già da un pezzo se solo si fosse avuta l’accortezza di seguire anche le informazioni russe: se prima del conflitto la Russia produceva 100 carri armati l’anno, ora ne produce 200 (e parliamo di carri nuovi, non di quelli più vecchi rimodernati), mentre per quanto riguarda i proiettili d’artiglieria è sulla strada per produrne due milioni l’anno, che non solo è circa sette volte più dell’intera produzione statunitense ed europea combinata, ma è il doppio di quanto l’intelligence occidentale aveva stimato potesse produrne – una delle informazioni sbagliate ma confortanti grazie alle quali ci siamo avventurati in questo conflitto.
Il Wall Street Journal, dal canto suo, torna sull’annosa questione dei missili ipersonici: “Hypersonic Missiles Are Game-Changers, and America Doesn’t Have Them” e, umiliazione delle umiliazioni, non solo è indietro alla Russia ma anche alla Cina (https://www.wsj.com/…/hypersonic-missiles-america…).
Le informazioni più interessanti però si trovano in uno studio pubblicato su Parameters, la rivista dello U.S. Army War College, e intitolato “A Call to Action: Lessons from Ukraine for the Future Force“, che trovate qui: https://press.armywarcollege.edu/cgi/viewcontent.cgi….
In sintesi, una guerra in Europa contro la Russia non è fattibile. Gli “Army theater medical planners” ipotizzano 3.600 perdite al giorno tra caduti e feriti: in due settimane gli USA si troverebbero a dover sostenere le stesse perdite subite in venti anni di conflitti in Iraq e Afghanistan e queste perdite non potrebbero in alcun modo essere ripianate senza ricorrere alla leva militare (“partial conscription“, per carità…), perché la struttura volontaria dell’esercito USA non è più adatta a questo tipo di conflitti.
La leva, ovviamente, andrebbe istituita PRIMA del conflitto, non durante, perché non servirebbe a nulla in quel caso.
I nostri NAFO quindi sono serviti: l’onnipotente e infinito esercito USA/NATO non ce la fa, si deve reinventare, sia come produzione che come struttura e numero di effettivi, se vuole fare sul serio con la Russia e con la Cina, e ovviamente se tocca agli USA reinventarsi toccherà anche a noi.
Ma la guerra è già cominciata ed è buffo che sia la Russia che la NATO intendano e credano di poterla vincere al risparmio, senza impegnarsi più di troppo.
Solo che la Russia prima o poi sarà costretta a cambiare dottrina, perché per ora il suo piano di attendere il collasso ucraino sta più o meno funzionando, nel senso che i vantaggi superano gli svantaggi, ma in futuro, soprattutto se questo collasso non si verificherà in tempi medio-brevi e se continueranno gli attacchi missilistici alla Crimea e agli aeroporti (e non solo continueranno, ma si intensificheranno visto che i risultati ci sono) il rapporto costi/benefici potrebbe diventare insoddisfacente e questi 200 nuovi carri e due milioni di proiettili di artiglieria ogni anno prima o poi li si dovrà rischiare in un’offensiva.
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carlo curti
E rischiamoli questi due milioni di proiettili con relativi 200 nuovi carri armati all’anno. Prima si finisce e meglio è, per tutti!