La Cina è il primo partner commerciale dell’Iran, che assorbe gran parte dell’export di greggio di Teheran (a dicembre scorso la Cina ha importato più di 1,2 milioni di barili al giorno, il 130% in più dei volumi dello stesso mese del 2021, nonostante le sanzioni a cui è sottoposto l’Iran, un dato che fa della Repubblica islamica il terzo fornitore di greggio alla Cina, dietro Russia e Arabia Saudita).
Nel primo anno di presidenza di Raisi, gli investimenti cinesi nell’economia iraniana si sono fermati a quota 162 milioni di dollari, inferiori a quelli riservati ad Afghanistan e Turchia.
“La Cina sostiene l’Iran nella salvaguardia della sovranità nazionale e nella resistenza all’unilateralismo e alla prepotenza”, ha detto Xi Jinping in una dichiarazione riportata dalla Tv di Stato cinese. Xi ha aggiunto che Pechino “si oppone alle forze esterne che interferiscono negli affari interni dell’Iran e che minano la sicurezza e la stabilità dell’Iran”, promettendo di “lavorare insieme su questioni che coinvolgono i rispettivi interessi fondamentali”, senza fornire ulteriori dettagli.
In più occasioni la Cina ha confermato il suo sostegno all’Iran “contro le interferenze straniere e a salvaguardia della sua sovranità e integrità territoriale, oltreché della dignità nazionale”, in un apparente riferimento al sostegno di Pechino alla Repubblica islamica rispetto alle proteste anti-governative nel Paese, che trovano l’appoggio dell’Occidente che strumentalizza le tensioni interne del paese.
A legare i due Paesi ci sono oltre venti memorandum d’intesa di cooperazione bilaterale. Gli accordi includono intese sul commercio internazionale, la communication and information technology, il turismo, la gestione delle crisi, l’ambiente, la proprietà intellettuale, l’agricoltura, le esportazioni, l’assistenza sanitaria, i media lo sport e la cultura.
I rapporti tra Cina e Iran si erano consolidati nel 2021, quando Pechino e Teheran avevano firmato un accordo per il partenariato strategico globale del valore stimato in 400 miliardi di dollari che prevedeva investimenti cinesi in infrastrutture iraniane in cambio di forniture di gas e greggio da Teheran.
Una collaborazione destinata ad implementarsi e ad allargarsi agli altri paesi dei BRICS, il gruppo nel quale un mese fa è entrato anche l’Iran.
Quando un sistema imperiale è in profonda crisi economica, finanziaria, monetaria, ma anche di civiltà – situazione vissuta in passato dall’impero inglese e da quello spagnolo, e che ora coinvolge quello statunitense – diventa incombente il rischio della guerra, guerra guerreggiata e guerra economica, cioè guerra di posizione e guerra monetaria.
Una guerra, tuttavia, che nel caso di un’escalation, non facilmente prevedibile e contenibile, in quest’epoca può risultare fatale all’intero genere umano.
Eppure, a quanto sembra, l’opinione pubblica mondiale non avverte il pericolo concreto e vicino di una deflagrazione nucleare. Questo perchè la sua attenzione è deviata mediaticamente dalle fake news, oggi in particolare da quelle sulla guerra della NATO contro la Russia, che viene genericamente chiamata conflitto Ucraina-Russia. Con la conseguenza che distogliamo l’attenzione dagli altri fronti di guerra e dai rischi di sviluppi pericolosissimi della crisi.
Guardando con attenzione alla situazione internazionale, però, vediamo che la guerra NATO-centrica contro la Russia mette in evidenza interessi che sono diversi, quelli dell’imperialismo statunitense e quelli dell’imperialismo europeo. Una differenziazione che può ingenerare, e di fatto gradualmente ingenera, un clima di tensione che può diventare estrema, e che sta producendo un aggravamento delle dinamiche internazionali.
Uno scacchiere dove questo conflitto non è soltanto latente ma suscita incidenti che possono salire di intensità, è il fronte del Medio Oriente.
Accanto all’annoso conflitto arabo-israeliano, che nasce dalla pesante violazione della dignità e indipendenza della Palestina, vediamo crescere nell’area nuove contrapposizioni spesso suscitate da interessi esterni, conflitti per interposta superpotenza, nei quali possiamo individuare in particolare il ruolo imperialista degli USA e il loro timore di un rafforzamento delle posizioni russe e cinesi come partenariati economici ma anche militari.
Attira l’attenzione sul Medio Oriente anche la crescente e positiva collaborazione tra l’economia cinese e l’economia dell’Iran. L’Iran infatti ha un ruolo di estrema importanza in quello che è il progetto della Nuova Via della Seta, intrapreso già nel 2013 dalla Cina.
E già a quel tempo venivano firmati accordi per reti viarie e ferroviarie fra Cina e Europa, che passassero attraverso l’Asia centrale e includessero ovviamente il Medio Oriente e la Russia. C’è anche una via marittima attraverso l’Oceano Indiano e il Mar Rosso per arrivare poi al Mediterraneo.
È evidente che la Cina è molto interessata in questa vicenda e mostra una miopia incredibile il governo Meloni nel pensare di sottrarsi agli accordi della Via della Seta, perché quella sarà invece la nuova prospettiva, ovviamente, del commercio internazionale e delle relazioni internazionali.
Anche perché i dati dimostrano che la Cina continua a crescere, continua a fare investimenti. Pure verso l’Iran gli investimenti sono aumentati, e quindi ovviamente gli accordi di collaborazione sono stati implementati.
La Cina continua a firmare contratti per l’elettrificazione dopo il primo contratto di 900 km delle linee ferroviarie iraniane, e si lavora all’elettrificazione dell’intera rete entro due anni, cioè da qui al 2025. In questo progetto la Cina investe per elettrificare tutta la rete ed è una rivoluzione vera e propria dei trasporti. Anche sotto l’aspetto comunicativo è un messaggio molto significativo il voler portare l’alta velocità in Iran.
Ma gli interessi del governo cinese in Iran riguardano più settori, ad esempio quello energetico: la Cina Petrol Corporation, di proprietà statale ha rinnovato con l’Iran diversi contratti per lo sviluppo di un giacimento del Golfo Persico, la maggiore riserva di gas naturale del mondo, combattendo contro il blocco e l’embargo che gli Stati Uniti hanno decretato all’Iran come a Cuba, Venezuela e Nicaragua, e recentemente alla Russia.
In risposta la Cina aumenta le importazioni del petrolio iraniano, quindi diciamo la triangolazione Cina-Russia-Iran si fa sempre più forte, e questo è un motivo di estrema preoccupazione da parte degli Stati Uniti, perché ovviamente vedono in questi accordi commerciali Cina-Iran-Russia un crescente uso anche del yuan cinese nella sua versione elettronica, e di altre valute, che quindi tendono sempre di più ad aumentare e focalizzare ovviamente e rendere più attivo il processo di de-dollarizzazione.
Le importazioni di risorse primarie di gas e di petrolio dalla Russia e dall’Iran crescono proprio per combattere contro il blocco degli Stati Uniti fanno a questi paesi. La questione, quindi, suscita grandissima preoccupazione per gli Stati Uniti, che temono questi accordi commerciali tra Cina, Iran e Russia, che mettendo al centro le criptovalute procedono verso la de-dollarizzazione.
Mentre procede – attraverso la cessione all’Ucraina di armi sempre più micidiali – la guerra degli Stati Uniti contro la Russia, proprio le tensioni tra Stati Uniti e Iran, portano a un acutizzarsi della logica dello scontro militare, con una reale possibilità da parte degli USA di un utilizzo delle armi nucleari.
Infatti sono gli Stati Uniti che spingono per l’utilizzo dell’arma nucleare, mentre non c’è intenzione da parte dell’Iran, né da parte della Russia, e lo sta dimostrando, di usare il nucleare.
In effetti la posizione degli Stati Uniti sul nucleare lascia aperto la posibilità dell’uso di questo tipo di armi al limite a carattere tattico nei teatri convenzionali. Non è raro che all’interno dell’amministrazione statunitense si parli di vittorie rapide che vanno al di là, ovviamente, dello scenario russo, ma che hanno come obiettivo anche il Golfo Persico e quindi, diciamo, l’Iran in particolare.
Quindi c’è l’accresciuta possibilità di una guerra a carattere nucleare statunitense. Gli accordi tra l’Iran, la Cina e la Russia non prevedono alcun interesse militare, ma resta significativo il fatto che anche Cina, Iran e Russia facciano delle esercitazioni militari congiunte nel Golfo di Oman.
Lo scopo ovviamente è quello di rispondere alla presenza statunitense nell’area del Golfo Persico e dell’Oceano Indiano e quindi, proteggere da attacchi alle raffinerie o attacchi alle petroliere nelle acque del Golfo e del Mar Rosso.
In effetti, gli Stati Uniti hanno individuato quest’area come un momento strategico nevralgico della Nuova Via della Seta. E non sono in grado di contrapporsi a questo progetto sul piano prettamente economico. Dunque questo progetto e questa reazione degli Stati Uniti porta a scenari di guerra economica, ma anche di guerra militare, verso la Cina, oltre che verso la Russia e ovviamente, dell’Iran.
La Russia in questo momento è alle prese anche con un rinnovamento produttivo, un rinnovamento delle proprie forze produttive e non solo un rinnovamento dell’industria militare per la guerra con l’Ucraina, ma a causa di un’economia che spesso evidenzia delle problematiche.
E quindi si sta delineando una partita che sembra venire giocata su quattro sponde, con una quinta di riserva, che è quella dell’Unione Europea, che a volte è servita agli Stati Uniti per celare i propri interessi.
I quattro poli sono Stati Uniti, Cina, Russia, Iran. Oltre ovviamente all’Unione Europea che sta alla finestra e guarda quando appoggiarsi agli Stati Uniti e quando giocare una propria partita.
Questa è la nuova scacchiera internazionale e le difficoltà da parte degli Stati Uniti dimostrano che c’è un vuoto di potere rappresentato ovviamente dall’amministrazione Biden, è che conseguente c’è una profonda crisi economica produttiva, che colpisce da più di 10 anni fortemente gli Stati Uniti. Lo testimoniano gli scioperi operai, una ripresa dell’iniziativa operaia e di un protagonismo dei lavoratori negli Stati Uniti.
Gli interessi di Russia, Cina e Iran, quindi coincidono con una volontà di stabilire un fronte comune di contrasto alla guida unipolare del mondo, cioè al Nordcentrismo a guida USA che ha arruolato l’Unione Europea.
Si notano quindi molte similitudini con le alleanze di fine ‘800 e dell’inizio del ‘900, con la differenza che oggi lo scacchiere internazionale non è più quello semplicemente europeo che allora era caratterizzato da tutte le potenze coloniali, ma oggi il confronto implica una competizione globale, con una superpotenza egemone e diverse potenze regionali ed emergenti.
Il fatto che gli Stati Uniti siano interessati sempre più al Medio Oriente, perché è ricco di petrolio e di altre risorse naturali, non è una novità. E’ così già dal 1945, da quando cioè si è sviluppata una dipendenza degli USA dalle importazioni dall’estero, ma oggi diciamo che il boom è ancora più importante perché la cosiddetta dottrina dell’”energy dominance”, cioè della dominazione sull’energia in Medio Oriente, non può uscire dalle mire statunitensi per ragioni di natura geopolitica e strategica, non solo tattiche.
La politica mette al centro gli Stati Uniti, che in questa momento non vogliono assolutamente che l’Iran acquisisca una proiezione tale da divenire una potente forza nell’area, alleata a Cina e a Russia. Come le vittorie e i positivi ultimi vertici dei Brics e del G77 dimostrano. Quindi, consideriamo pure che nell’area geopolitica occupata dall’Iran insiste un alleato prezioso degli occidentali, del nordcentrismo degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, cioè Israele.
Quindi ci sono ragioni strategiche, quelle che, al di là delle chiacchiere, portarono nel 2003 al rovesciamento di Saddam Hussein e che quindi hanno portato al conflitto di lungo periodo. E gli Stati Uniti sono stati sconfitti in Iraq, così come sono stati sconfitti in Afghanistan, diciamo, per logoramento, e quindi per incapacità di mantenere il lungo periodo dal punto di vista militare e delle risorse economiche per la guerra.
Queste tensioni influenzano anche l’andamento del prezzo del petrolio, che non sappiamo dove arriverà. Si evidenziano infatti shock in continuazione che mostrano come il taglio dell’alleanza con gli Stati Uniti, ponga ovviamente un problema generale anche agli analisti su come questo mercato dovrà continuare a esprimere i propri prezzi.
Quindi la sfida tra gli Stati Uniti da una parte e Russia-Cina-Iran, dall’altra, in particolare con Teheran, è una sfida continua, un conflitto che è dettato dall’interesse da parte degli USA per il petrolio, ma pensare solo a questo appare riduttivo. Perché se anche l’Iran non avesse il petrolio, ovviamente gli USA sarebbero interessati al dominio e a un conflitto con l’Iran non per forme di controllo diretto del petrolio, quanto piuttosto per giustificare la propria presenza e il proprio modo di agire a livello internazionale.
Le manovre americane, anche in Venezuela, le manovre sulle riserve di petrolio e di gas, e quindi ovviamente le manovre legate ai giochi dei prezzi e dei petrolieri sono un ruolo prioritario nella filiera di raffinazione. Ed è strategicamente importante questo aspetto per gli Stati Uniti, poiché anche nelle fasi di maggiore scontro, ad esempio con il tentativo di golpe di Guaidó, il Venezuela è rimasto uno delle fonti di maggiore importazione di petrolio degli Stati Uniti.
Ma il Medio Oriente, come sempre, è fulcro della geopolitica internazionale, contribuendo a peggiorare una situazione già abbastanza delicata.
E sulla questione del petrolio, l’Iran è un membro attuale di assoluta importanza anche nello scontro degli USA con il Venezuela.
La situazione politica del Venezuela mette in evidenza in maniera molto chiara come il presidente Maduro dia assoluta priorità alle relazioni con la Cina, con l’Iran e con la Russia. E quindi, questa situazione porta a una sintonia tra paesi.
Pertanto, Russia, Iran, Venezuela, Cuba e altri paesi, possono essere oggi considerati in vari ambiti, non solo quello del petrolio e delle materie prime, anche negli ambiti economico-produttivi e commerciali in generale, uno strumento importante di contrapposizione all’unipolarismo con una cooperazione politica.
L’importanza di questa alleanza storica dei Brics plus (la formazione allargata un mese fa) e di tutto ciò che opera nel G77 a guida cubana, cresce quindi di pari passo all’amicizia tra Iran e Cina, e non è un caso che ciò avviene nel momento in cui gli Stati Uniti sembrano spingere per un conflitto diretto con la Russia, con l’Iran, con il Venezuela.
Si deve tenere conto infatti delle soluzioni alternative per le relazioni commerciali in un nuovo ordine globale.
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Carlo Crociani
Ma gli Usa si rendono conto che una escalation del conflitto con la Russia significherebbe la distruzione anche del proprio territorio? Ed a che pro? Sia Cina che Russia posseggono armi strategiche in abbondanza.
francesco nocera
ormai gli usa e l europa stanno facendo dell atlantico un laghetto per pesca sportiva il sud america e la fascia equatoriale allargata si affermeranno sempre di piu con l aiuto dei main patners russia e cina che hanno forti potenziali energetiche e capacita governative quindi dobbiamo superare il concetto nato molto usurato da tempo e tenuto in piedi artificialmente quanto prima se no l italia sara un centro per l accoglienza per immigrati ed economia per soli ricchi
e gli altri si fanno i soldi quindi un occhiata ai brics e molto utile se no di aggregazione