Gli insorti non sono quelli che d’abitudine crediamo tali. Ribellioni armate contro il potere costituito che nasce da un’insofferenza nei confronti del mondo così come sembra confezionato.
Si pensa subito ai gruppi armati, ai terroristi, ai martiri, ai patrioti, ai nemici dello stato o semplicemente a bande di briganti senza scrupolo o strategia di conquista del potere.
Di questi, nel Sahel, abbiamo ormai una certa esperienza se non altro per le dolorose conseguenze sul terreno. Oltre due milioni di sfollati nel Burkina Faso, milioni di persone nel Mali e nel Niger che si trovano in situazione di annunciata e provocata carestia, senza contare le migliaia di scolari trovatisi bruscamente senza scuole e insegnanti.
Il diritto ad una vita decente, alla sicurezza, ad una casa, lavoro e assistenza medica sono da anni un pallido ricordo del passato.
Gli insorti non sono solo quelli che d’abitudine crediamo tali. Quelli, per intenderci, che hanno mutilato il futuro di intere generazione di bambini e di giovani o che aggiungono cadaveri a cadaveri nei cimiteri improvvisati che il vento del deserto copre, con pudore, di oblio.
Questi non hanno il diritto di essere chiamati insorti perché, invece di far ‘sorgere’ la giustizia e la speranza, precludono spesso in nome di un dio quanto mai lontano e affossano l’umano che ne costituisce il volto.
I veri insorti sono coloro che, inosservati, passano le frontiere chiuse, fanno funzionare le istituzioni, i taxi in città, trovano sempre qualcosa da mettere nelle pentole per la famiglia e trovano perfino i soldi per mandare i figli a scuola.
I veri insorti non hanno né armi né religioni da difendere e non credono alle false promesse dei discorsi impastati di disprezzo e di odio.
Le insurrezioni non sono quelle che d’abitudine crediamo tali. Si ispirano al silenzio e del silenzio sono la più alta espressione perché solo le parole che da questo nascono hanno la forza di inventare futuro.
Le vere insurrezioni sono quelle ispirate dalla saggia e paziente sabbia perché lei, attenta custode di generazioni di resistenze, ha imparato a memoria il sapore della dignità.
Gli insorti del Sahel sono feriali, quotidiani e, per principio o per scelta, passano inosservati a giornalisti, politici, imprenditori religiosi e faccendieri politici. Non offrono garanzie elettorali e, spesso, non entrano nelle statistiche e nei rapporti semestrali della Banca Mondiale o delle Agenzie di annotazione per le banche di investimento.
Le insurrezioni portano la sigillo dell’invisibilità per occhi assuefatti al potere e colonizzati dal calcolo del Prodotto Interno Bruto.
Le insurrezioni non sono quelle che d’abitudine crediamo tali. Né le sanzioni né i colpi di stato che ne sono state il pretesto potranno fermarle o confiscarle. Le giunte militari, le ordinanze che ritmano i tempi di transizione o i regimi di eccezione non riescono ad arginare ciò che le insurrezioni serbano per coloro che sanno ascoltare il suono del vento.
La storia umana, com’è noto, è costituita dalle nozze del vento coi nomi di tutti coloro che non hanno piegato le ginocchia agli idoli del momento e sulla cui fronte non è marcato il segno della bestia che arriva dal mare.
Chiamiamo insorti coloro che non si sono lasciati sedurre dalle lusinghe della bestia. In cambio della vita lei promette ai suoi seguaci il potere, il prestigio e l’arroganza della menzogna. Nel Sahel gli insorti sono coloro che chiedono al vento dove si trova la verità.
Niamey, 12 novembre 2023
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