Come le onde nello stagno, dopo che un sasso è stato lanciato nell’acqua, le onde della guerra mediorientale si allargano di setimana in settimana.
Almeno nove persone – fra loro quattro bambini e tre donne – secondo i media locali, sono rimaste uccise in attacchi pakistani effettuati stamattina sulla città iraniana di Saravan, nella provincia sudorientale del Sistan e Baluchistan.
“Abbiamo condotto attacchi contro gruppi militanti anti-pakistani all’interno dell’Iran“, ha confermato una fonte di intelligence di Islamabad aggiungendo in giornata il governo pakistano rilascerà una dichiarazione in merito. Due giorni fa l’Iran aveva effettuato attacchi in territorio pakistano contro quelli che ha definito “obiettivi terroristici“.
I contrasti tra i due paesi sono di lunga durata, in parte dovuti a motivi “religiosi” (l’Iran è a maggiorana sciita, il Pakistan soprattutto sunnita), in parte alla storica alleanza di Rawalpindi con gli Stati Uniti, di cui costituirono il retroterra logistico ai tempi della guerra scatenata contro i sovietici che controllavano l’Afghanistan.
C’è da ricordare che comunque questa alleanza non impedì ai pakistani di continuare ad ospitare Osama Bin Laden, per di più all’interno di una base militare, quando, da “freedom fighter” anticomunista si era trasformato in nemico numero 1 degli Usa, con Al Qaeda e gli attacchi dell’11 settembre 2001).
Questo per avvertire i lettori che qualsiasi interpretazione dei fatti in corso che non tenga conto degli “interessi locali”, anche al di là degli schieramenti internazionali più vasti, rischia di oscurare la mente, invece di aiutare a chiarire.
L’attacco iraniano di due giorni fa puntava in effetti a una base di mujaheddin anti-sciiiti, ritenuta responsabile dell’attentato a Kerman, su istigazione di Stati Uniti e Israele. Ora la ritorsione pakistana su basi di guerriglieri pakistani in esilio. Da notare che entrambi gli Stati – come anche l’Occidente al completo – chiamano “terroristi” i propri nemici. Dunque quel termine non significa letteralmente nulla di concreto.
Secondo la tv di Stato iraniana, nell’attacco sono morti anche due uomini, oltre alle tre donne e i quattro bambini annunciati in precedenza.
Testimoni hanno affermato sui social media che almeno sette località vicino a Saravan – compresi i villaggi di Shamsar e Haghabad, e un’area vicino alla base di Saravan delle guardie rivoluzionarie – sono state presi di mira dalle forze pachistane. I media iraniani hanno riferito che la situazione è attualmente normale nelle zone di confine e camion transitano in alcune stazioni di confine, come a Mirjaveh.
I raid di questa mattina sono stati “attacchi militari di precisione altamente coordinati e specificamente mirati contro i nascondigli dei terroristi“, ha affermato il Ministero degli Affari esteri pakistano citato dai media locali.
“L’azione di questa mattina è stata intrapresa alla luce di informazioni credibili riguardanti imminenti attività terroristiche su larga scala da parte dei cosiddetti Sarmachar“, ha affermato il dicastero di Islamabad in un comunicato.
“Un certo numero di terroristi sono stati uccisi durante l’operazione di intelligence denominata in codice ‘Marg Bar Sarmachar’“, aggiunge la dichiarazione.
“L’incidente, avvenuto questa mattina alle 4:05, riguardava cittadini stranieri” provenienti dall’Afghanistan, ha detto il vicegovernatore generale della provincia, Alireza Mahhamati, citato dall’agenzia di stampa iraniana Irna.
La Cina “è disposta a svolgere un ruolo di mediazione” tra Iran e Pakistan dopo che i due Paesi hanno effettuato attacchi missilistici incrociati per colpire “gruppi militanti terroristici” basati sui rispettivi territori e impegnati a colpire Teheran e Islamabad. E’ quanto ha detto la portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning.
E’ notevole anche questo: l’unico soggetto che si impegna diplomaticamente (e con contratti economici sostanziosi) per gettare acqua sugli incendi, in quest’area del mondo ma non solo, è Pechino.
Difficile da spiegare secondo lo schema mentale “angeli contro demoni” adottato dagli opinion maker occidentali (e non solo).
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Mauro
Sta diventando un tutti contro tutti…
Danilo Franzoni
Si concretizza sempre piú lo scontro tra l`Ameropa e l´Eurasia, teorizzato nei passati decenni da molte voci,
come il possibile prossimo scontro epocale.
…siamo forse all´inizio di un grande conflitto mondiale non dichiarato?
Accidenti, mi sarebbe piaciuto nascere in un´epoca diversa…
Dove vivessero molte piú persone intelligenti e dotate di buon senso, che quest´epoca popolata da criminali e minorati mentali…
Gianni Sartori
AZIONE TERRORISTICA IN BELUCISTAN CONTRO LAVORATORI IMMIGRATI
Gianni Sartori
Un recente attacco indiscriminato contro i lavoratori di una miniera in Belucistan getta ombre sospette sulle reali dinamiche di quella che si autorappresenta come una lotta di liberazione
Vorrei poter dire che “l’avevo detto”.* Ovvero che non c’era troppo da fidarsi. Dietro il recente attivismo di un autoproclamato movimento di liberazione, sospettavo, intravedevo anche dell’altro.
Cioè, come minimo, l’ennesima strumentalizzazione di una lotta popolare di autodeterminazione. Se non addirittura una riedizione (in salsa pakistana o altra) della classica “strategia della tensione” (per definizione manipolata, pilotata, manovrata…).
In Belucistan, nel distretto di Duki (Pakistan sud-occidentale), l’11 ottobre oltre una ventina di persone sono state massacrate (e un’altra decina è rimasta ferita) in una miniera di carbone. Le vittime erano dei minatori, mentre gli assalitori (una quarantina, in abiti civili), in mancanza di rivendicazioni, per ora non sono stati identificati. Si presume comunque che si tratti di un’altra azione del BLA (Balochistan Liberation Army), ultimamente piuttosto attivo. Pur mantenendo, ripeto, tutte le riserve sull’autenticità di questa recrudescenza.
La brutale irruzione, durate almeno trenta minuti con bombe a mano e lanciagranate, si è scatenata direttamente contro gli alloggi dei lavoratori delle miniere della Junaid Coal Company. Dal comunicato della polizia si ricava che le vittime in maggioranza provenivano dalle aree di lingua pashtu del Belucistan (dove – come il persiano e la lingua dravidica brahui – risulta minoritaria rispetto alla prevalente lingua beluci). Almeno quattro degli assassinati erano invece originari dell’Afghanistan (forse hazara). Gran parte dei macchinari sono stati dati alle fiamme. Haji Jairuyá Nasir, proprietario (o direttore) della miniera ha messo in guardia i soccorritori in quanto prima di andarsene gli aggressori avrebbero posizionato una decina di mine.
Pur nella consapevolezza della pesante situazione in cui versano i Beluci (emarginati, sottoposti a repressione..) che vedono le risorse naturali della loro terra svendute dal governo centrale di Islamabad alle compagnie estrattive, tale deriva settaria (rivolta contro altri sfruttati) non è assolutamente accettabile.
Per certi aspetti rievoca un’altro settarismo, quello indirizzato contro gli hazara insediati nella provincia pakistana del Belucistan (la maggior parte a Quetta). Attualmente sono circa mezzo milione, in gran parte discendenti da coloro che qui emigrarono dall’Afghanistan più di un secolo fa. Di religione sciita, periodicamente sono sottoposti a uccisioni mirate, rapimenti e massacri.
D’altra parte è notorio che molte milizie e movimenti radicali del Pakistan vengono manipolate dai servizi segreti (pakistani, ma non solo). Era il caso (tanto per citarne un paio, ma l’elenco sarebbe lungo) dei fondamentalisti sunniti di Lashkar-e-Jhangvi Al-Alami, considerato il braccio armato del movimento Sipah Sahaba Pakistan (Ssp, a sua volta presumibilmente manipolato dai servizi). Dopo essere state dichiarate illegali, le due organizzazioni si ricostituirono come Millat Islamia Pakistane e Ahl-e-Sunnat Wal Jamat.
Non mancherebbero poi anche “influenze” esterne, in particolare saudite. Come nel caso di Wahhabi Daesh e da Lashkar-e- Jhangvi (ugualmente responsabile di attacchi contro la minoranza azara).
Tra l’altro, forse è solo una coincidenza, ma nel gennaio 2021 undici minatori hazara erano stati prima sequestrati e poi assassinati nella città di Machh (in questo caso sembrerebbe dall’Isis). Si trattava di lavoratori qui emigrati – spinti dalla miseria – da Daikondi (Afghanistan). Le famiglie delle vittime avevano espresso la loro rabbia manifestando nelle strade contro il governo (definito “complice”). Rifiutandosi addirittura di seppellire i morti come forma di protesta per la mancata protezione.
Gianni Sartori
* nota: https://rivistaetnie.com/terrorismo-sanguinario-in-belucistan-139223/