Sono sfumate tutte le speranze per una tregua a Gaza, in Cisgiordania e Gerusalemme alla vigilia del Ramadan, la festa più importante del mondo islamico.
Ieri Biden, ha dichiarato che sarà “difficile” raggiungere un accordo per un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e di essere “sicuramente preoccupato” per possibili episodi di violenza a Gerusalemme.
Gli Stati Uniti continuano a dare sostegno politico e militare a Israele, sia in sede Onu che con forniture di armi, ma l’amministrazione Biden è duramente incalzata dall’opinione pubblica che lo accusa di complicità con il genocidio dei palestinesi a Gaza.
Per cercare di mettere un “pannicello caldo” su una situazione vergognosa e disperata, la Casa Bianca ha reso noto che oggi “la Commissione Europea, la Germania, la Grecia, l’Italia, i Paesi Bassi, la Repubblica di Cipro, gli Emirati Arabi Uniti, il Regno Unito, e gli Stati Uniti hanno annunciato l’intenzione di aprire un corridoio marittimo per l’assistenza umanitaria via mare”.
Gli Stati Uniti annunciano una missione di emergenza guidata dall’esercito statunitense per stabilire un molo temporaneo a Gaza, in coordinamento con i partner umanitari e altri Paesi, per consentire la consegna di quantità significative di assistenza via mare. L’operazione farà base a Cipro dove Israele invierà i propri agenti di sicurezza per ispezionare i carichi prima che questi vengano imbarcati in direzione Gaza.
Ma le trattative per una tregua a Gaza appaiono ormai congelate. Nei giorni scorsi, si era tenuto un nuovo ciclo di negoziati al Cairo per raggiungere un cessate il fuoco e lo scambio di prigionieri che si è concluso con un nulla di fatto.
Fin dal principio, le speranze di raggiungere un accordo al Cairo erano state affievolite dalla decisione di Israele di non inviare i propri rappresentanti, dopo il rifiuto di Hamas di fornire un elenco dettagliato degli ostaggi israeliani ancora vivi. A peggiorare la situazione, ha contribuito inoltre la strage di oltre 100 palestinesi nel nord della Striscia di Gaza durante una consegna di aiuti umanitari.
La delegazione di Hamas ha lasciato Il Cairo spiegando di doversi consultare con i propri leader per il proseguimento dei colloqui. In un annuncio ufficiale, Hamas ha comunque sottolineato che “i negoziati e gli sforzi per porre fine all’aggressione di Israele, consentire il ritorno degli sfollati e permettere l’ingresso di aiuti diretti al popolo palestinese continuano”.
Domenica scorsa al Cairo si erano riuniti i rappresentanti di Hamas, Qatar, Egitto e Stati Uniti per discutere di una proposta di tregua di sei settimane, facilitare lo scambio di decine di ostaggi israeliani con centinaia di prigionieri politici palestinesi e soddisfare l’urgente bisogno di aiuti umanitari a Gaza.
Il 6 marzo, Hamas aveva avanzato una proposta “non negoziabile” di 11 punti. Tra questi, vi sono la richiesta di un cessate il fuoco permanente, il ritiro di tutte le forze israeliane da Gaza e il ritorno degli sfollati nella parte settentrionale della Striscia. “I mediatori hanno cercato di trovare un compromesso, ma senza successo”, avevano riferito delle fonti citate da “Al Jazeera”.
A conferma del fallimento dei negoziati al Cairo, il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha affermato che Israele “resisterà alle crescenti pressioni internazionali” per porre fine alla guerra nella Striscia di Gaza, poiché l’obiettivo è la “vittoria totale”.
Durante una un evento pubblico Netanyahu ha ribadito che Israele è “impegnata in una guerra esistenziale” che “deve vincere”, promettendo di “colpire i nemici fino alla vittoria totale”. I leader occidentali dovrebbero capire che “quando sconfiggeremo gli assassini del 7 ottobre preverremo il prossimo 11 settembre”, ha affermato il premier, aggiungendo: “Per questo dovete sostenere Israele e le Idf”.
Sulla situazione è tornato a parlare da Gaza anche il portavoce della Brigate Al Qassam Abu Obeida. Nel video particolare enfasi è stata posta in gran parte sul mese sacro del Ramadan e, più specificamente, su ciò che la Resistenza di Gaza si aspetta dai suoi fratelli della Cisgiordania occupata e di Gerusalemme Est durante questo mese.
“Chiediamo a tutto il nostro popolo in Cisgiordania, ad Al-Quds e nelle terre occupate del 1948 di mobilitarsi e di marciare verso la Moschea di Al-Aqsa, di rimanere saldi in essa e di non permettere all’occupazione di imporre realtà sul terreno” – ha affermato Abu Obeida – “Al-Aqsa è nostra, fa parte del nostro credo, e per il suo bene è stato lanciato il Diluvio di Al-Aqsa. Per il suo bene, il nostro popolo ha dato tutto ciò che possedeva. Dio ha scelto di onorare ogni casa di Gaza con questo grande onore, così non c’è casa senza un martire, un ferito o un prigioniero per amore di Al-Aqsa”.
Secondo il Palestine Chronicle particolarmente interessanti sono gli argomenti urgenti di cui Abu Obeida non ha parlato o ai quali ha dedicato solo qualche frase di sfuggita. Uno, il molo di Gaza che gli Stati Uniti vogliono costruire per facilitare gli aiuti e due, i negoziati per la tregua in Egitto.
Per quanto riguarda il primo argomento, Abu Obeida non ha detto nulla, mentre per il secondo si è limitato a ribadire le condizioni della Resistenza, secondo cui non è possibile alcuna tregua senza un cessate il fuoco permanente.
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