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La variabile del Libano nel conflitto in corso

Il 12 maggio, il Segretario Generale di Hezbollah Hassan Nasrallah ha effettuato un importante discorso in occasione dell’anniversario della morte del capo dell’ala militare dell’organizzazione Mustafa Badreddine, ucciso in Siria nel 2016.

Nasrallah è intervenuto sull’andamento della guerra a Gaza, sull’andamento del fronte che proprio Hezbollah ha aperto con Israele sul confine all’indomani del 7 ottobre e sulla questione dei rifugiati siriani in Libano.

Per quanto riguarda il secondo punto, sono costanti le pressioni portate, sia all’interno che all’esterno del paese, affinché l’organizzazione sciita cessi unilateralmente gli scontri che, al momento, hanno provocato più di 300 morti in Libano fra civili e miliziani e un gran numero di sfollati, dei quali si sta in parte facendo carico lo stesso partito sciita.

A tali sfollati sul lato libanese, fanno da contraltare anche gli sfollati dall’altra parte del confine, stimati fra 70mila e 200mila; questi ultimi costituiscono, per lo stato sionista, un problema di entità quasi pari a quello degli ostaggi in mano ad Hamas e alle altre organizzazioni palestinesi a Gaza, tanto da portare il ministro della difesa Gallant a minacciare di “fare di Beirut ciò che è stato fatto a Gaza”.

Nel corso di questi mesi, più volte sono state fatte pervenire al governo libanese (formalmente in carica solo per l’ordinaria amministrazione in quanto dalle ultime elezioni parlamentari del 2022 non si riesce a formare un nuovo esecutivo, né ad eleggere un nuovo Presidente della Repubblica) presunte “proposte di mediazione” da parte di USA e Francia affinché le milizie di Hezbollah cessino unilateralmente le azioni militari e accettino di arretrare a 10, 20 o 30 km dal chilometri (a seconda della proposta), facendo schierare al loro posto l’esercito libanese ed implementando, così, pienamente la risoluzione ONU che mise fine alla guerra del 2006.

In cambio, tali mediatori assicurano che Israele non distruggerà il Libano.

Sul fronte interno, è stato il solito Samir Geagea, capo del partito post-falangista “Forze Libanesi” a cogliere la palla al balzo: “Nessuno ha il diritto di controllare da solo il destino di un paese e di un popolo”, ha affermato. “Hezbollah non è il governo in Libano. C’è un governo in Libano in cui è rappresentato Hezbollah…. Tutti i danni che avrebbero potuto verificarsi a Gaza, si sono verificati. Qual è stato il vantaggio delle operazioni militari lanciate dal sud del Libano? Nessuno”.

Nasrallah ha inteso rispondere a tutte queste pressioni riaffermando che la continuazione delle operazioni in sostegno a Gaza è una questione fuori discussione, argomentando che anche gli USA hanno assunto questo dato di fatto, tanto da aver comunicato a Netanyahu che non può esservi soluzione per il fronte settentrionale senza cessate il fuoco a Gaza.

Rispetto alla questione degli sfollati israeliani, la richiesta è esplicita: “Diciamo ai coloni del nord: se volete una soluzione, andate dal vostro governo e dite loro di fermare la guerra a Gaza”.

Sull’andamento generale della guerra a Gaza, il leader sciita ha rimarcato che Israele sta definitivamente compromettendo la propria immagine di deterrenza militare, tant’è che anche gli alleati di Netanyahu lo prendono in giro quando quest’ultimo parla di vittoria imminente, in quanto è ben lontano dal raggiungere i 3 obiettivi dichiarati, ovvero liberare gli ostaggi, distruggere la resistenza e porre fine al lancio di razzi sul proprio territorio.

Pertanto, l’occupante si trova in un vicolo cieco, poiché, da un lato, accettare le proposte di tregua dei mediatori significherebbe ammettere la sconfitta su tutta linea, dall’altro non ha alcuna visione su come andare avanti e sul giorno dopo del conflitto.

Arrivano poi le stoccate ai paesi arabi: “I governanti arabi stavano per firmare le carte della morte della causa palestinese percorrendo la strada della normalizzazione con il nemico sionista, che sarebbe arrivata entro pochi mesi. Alcuni regimi arabi e canali satellitari stanno ora promuovendo l’entità nemica come l’unico stato democratico nella nostra regione.

La fermezza dei palestinesi ha costretto il mondo a parlare di uno Stato palestinese e ha costretto gli ipocriti Stati Uniti a parlare di uno Stato palestinese. L’immagine di Israele nel mondo è quella di un assassino di bambini e donne, arrogante nei confronti delle leggi internazionali e dei valori umani e morali”.

Infine, riguardo i presunti contrasti fra USA e Israele, li ha bollati come meramente tattici in quanto, seppure dovesse verificarsi l’interruzione dell’invio di armi, sicuramente riprenderebbe in un secondo momento.

L’altro argomento del momento in Libano è costituito dai rifugiati siriani, verso i quali sono in corso attacchi isterici di ogni tipo, fomentati – manco a dirlo – dalle Forze Libanesi, specialmente a seguito dell’uccisione del loro dirigente Pascal Sleiman, di cui sono stati accusati alcuni siriani.

Secondo alcune stime, sono circa 1,5 milioni i rifugiati siriani presenti nel paese, su una popolazione stimata di poco più di 5 milioni di abitanti, fra libanesi e rifugiati palestinesi dal ’48 in poi. Essi vivono per lo più in campi profughi non ufficiali o semi-ufficiali, ai margini delle città o ai margini dei campi profughi palestinesi storici.

Sono la componente sociale più marginalizzata, misera e senza speranza nell’ambito della grande crisi economica che attanaglia il Libano dal 2019. Come liberarsi di loro è divenuto, da qualche tempo, uno dei principali temi del dibattito politico, accompagnato da veri e propri pogrom di cui sono fatte oggetto le tendopoli precarie in cui vivono.

Siccome secondo i dati governativi, la maggior parte di essi sperano di raggiungere l’Europa, Nasrallah ha esortato a prendere in considerazione l’idea di consentire “a tutti gli sfollati siriani che lo desiderano di raggiungere l’Europa in sicurezza“.

Non proponiamo di costringere gli sfollati siriani a salire su imbarcazioni e partire per Cipro e l’Europa”, ha puntualizzato, ma solo di abolire la regola per la quale è vietato loro partire, che li costringe spesso a rivolgersi a degli scafisti per poi annegare in mare.

In secondo luogo, Nasrallah ha invitato il governo libanese a chiedere ai paesi occidentali di revocare il Caesar Act e tutte le sanzioni nei confronti del governo siriano, stretto alleato di Hezbollah, che attualmente rendono molto difficile il ritorno in patria dei rifugiati: “Il Libano deve dire all’Occidente che dobbiamo tutti coordinarci con il governo siriano per riportare gli sfollati in Siria e fornire su quel territorio gli aiuti”.

Come si vede, sono sempre molteplici le sfide cui deve far fronte Hezbollah, dentro e fuori dal Libano, tuttavia la barra del sostegno alla causa palestinese appare sempre dritta, così come la proposta di soluzioni ragionevoli su altre questioni.

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