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Francia: “tutto è possibile”

La dissoluzione dell’Assemblea Nazionale da parte del Presidente Macron, la sera di domenica 9 giugno ha aperto un nuovo ciclo politico in Francia e forse nella UE.

Con lo stile che l’ha sempre contraddistinto, Macron ha comunicato la decisione poco prima ad una strettissima cerchia di collaboratori e, con lo spoglio ancora in corso, ha deciso di procedere in quel modo per azzerare ogni possibile dibattito post-elettorale all’interno delle file della sua formazione e cercare di monopolizzare l’attenzione mediatica a discapito dell’estrema-destra uscita vincitrice dalle urne.

Questa mossa però ha attivato, suo malgrado, un processo di repentina riconfigurazione politica nell’Esagono sullo sfondo di mobilitazioni anti-fasciste che hanno costellato la Francia anche nella serata di lunedì.

Un esempio da manuale di “eterogenesi dei fini”, verrebbe da dire.

I tempi strettissimi ed inediti imposti da Macron per le elezioni politiche – anticipate con un primo turno il 30 giugno ed un secondo il 7 luglio – e l’architettura istituzionale francese, hanno costretto in fretta e furia al raggruppamento di due schieramenti antagonistici in cui Renaissance – l’erede politica di LREM creata da Macron – rischia di fare il vaso di coccio tra i vasi di ferro, in questo caso un “Nuovo Fronte Popolare” che unisce tutta la sinistra (moderata e radicale) e dall’altro il Rassemblement National della Le Pen e Bardella, che diventa il perno di un polo neo-conservatore – più spostato a destra – che potrebbe andare dagli ex dissidenti confluiti nella formazione di Zemmour a pezzi del “gollismo” dei LR, una scelta quest’ultima confermata dal suo leader Ciotti ma che ha provocato una insubordinazione all’interno del partito.

Per capire come sia tutto fermo ed allo stesso tempo in movimento, basta pensare che il Primo Ministro Gabriel Attal, fino a qui onnipresente nella sfera politica e mediatica non ha diffuso alcun dettaglio sull’agenda della settimana, come se tutta l’attività del governo si fosse fermata a Mantignon dopo l’annuncio della dissoluzione, il cui decreto è apparso lunedì pomeriggio.

Allo stesso tempo, in meno di 24 ore, si sono alternati annunci febbrili da parte delle varie forze politiche, incontri, e comunicati, ed anche mobilitazioni che hanno riacceso le piazze francesi contro il pericolo reale di un governo neo-conservatore a trazione lepenista.

I partiti della sinistra (LFI, PCF, “Verdi” e socialisti, più altre formazioni minori) si sono messi d’accordo per sostenere una “candidatura unica” in “ogni circoscrizione”, impegnandosi ad andare alle elezioni con un programma di “rottura” con il corso marconista, come hanno specificato in un comunicato alla fine di un incontro fiume iniziato nel pomeriggio nella sede parigina degli “écolo”, proposto inizialmente dalla LFI.

A destra i giochi sono leggermente più complicati, ma in sintesi possiamo affermare che la creatura di Rêconquete ! potrebbe essere riassorbita – almeno la parte che fa riferimento all’ex RN Marion Maréchal – dentro il progetto della formazione di Bardella che non candiderebbe propri esponenti nelle circoscrizioni in cui sono stati eletti esponenti dei Les Républicaines, se avesse esito positivo il confronto con i “gollisti”.

Se a sinistra la “destra socialista” è la più recalcitrante nei confronti di un Nuovo Fronte Popolare che tenga dentro la LFI e i suoi contenuti – LFI ha di nuovo fatto man bassa di voti tra i giovani e nei quartieri popolari – a destra Eric Ciotti, leader dei LR teme che la capacità di attrazione verso destra – considerata la sovrapposizione d’impostazione rispetto ad alcuni temi – possa indebolire il profilo dei gollisti e fare trasmigrare i quadri maggiormente sedotti da RN, di fatto decretandone la fine.

In questo quadro, differenti sindacati chiamano a manifestare questo fine settimana “per portare la necessità di alternative di processo per il mondo del lavoro”, affermando chiaramente che la Repubblica e la democrazia sono in pericolo.

CGT, CFDT, UNSA, FSU e Solidaires affermano in un comunicato congiunto che “serve uno slancio democratico e sociale. Altrimenti, l’estrema destra arriverà al potere”.

In questo contesto ed in in quadro in costante aggiornamento tre sono i fattori che vorremmo mettere in luce.

Il primo, il macronismo è morto e sepolto in patria come progetto politico in grado di agglutinare attorno alla borghesia europea di nazionalità francese un consenso che le permettesse di abbracciare un vasto progetto in patria ed in Europa.

Il secondo, la convocazione delle elezioni a seguito dei risultati delle europee ha aumentato la polarizzazione politica tra due poli antagonisti e non semplicemente concorrenti, rimettendo in capo l’ipotesi di un “mito fondatore” della sinistra francese, quel Fronte Popolare che prima nelle strade e poi nelle urne, impedì nell’Esagono l’ascesa delle forze fasciste a metà Anni trenta, a differenza di altri contesti. E bisogna ricordarlo, come reazione la borghesia francese allora preferì “Hitler piuttosto che il Fronte Popolare”.

Il terzo, si è attivato un processo di mobilitazione non legato ad una questione specifica, né a dinamiche spurie tipiche del magma sociale in ebollizione che abbiamo visto in atto con i gilet jaunes, che è il risultato del processo di politicizzazione delle contraddizioni a tutti i livelli. Se il macronismo era riuscito fino ad ora ad avere la meglio sulle mobilitazioni, ora la sua uscita di scena, di fatto libera spazi inediti che ne possono mettere in discussione le fondamenta.

In questo contesto le mobilitazioni rafforzano le istanze più radicali del Nuovo Fronte Popolare potendo dettare un “programma di strada” più consono alle esigenze degli strati dei subalterni e ai punti più avanzati emersi nei variegati movimenti degli ultimi anni, impedendo, o quanto meno mettendo in serie difficoltà, i tentativi di diluire i contenuti e la prassi del NFP dentro i perimetri di “compatibilità” di una parte della destra socialista e dei “verdi”.

Difficile prefigurare cosa potrà accadere da qui ad un mese, ma è chiaro che si è aperta una breccia che può diventare un ulteriore punto di caduta per l’egemonia neo-liberale e liberista targata UE in uno dei suoi perni principali, sia che vinca la peste bruna che si aggregherà attorno alla Le Pen sia che vinca il Nuovo Fronte Popolare.

Nel bene e nel male: “tutto è possibile”.

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