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Il coinvolgimento di Kiev nella guerra sporca contro il Mali chiama in causa la NATO

Il Mali, governato da una giunta di militari patriottici dal 2020, ha deciso di “interrompere le relazioni diplomatiche con l’Ucraina con effetto immediato”, ha dichiarato domenica 4 agosto il portavoce del governo, il colonnello Abdoulaye Maïga.

Secondo Bamako, un alto funzionario ucraino ha ammesso il “coinvolgimento” di Kiev in una pesante sconfitta dell’esercito maliano e del gruppo paramilitare russo Wagner alla fine di luglio, durante i combattimenti con ‘separatisti’ Tuareg e jihadisti.

Il governo del Mali “ha appreso, con profondo sgomento, delle osservazioni sovversive con cui Andri Youssov, portavoce dell’agenzia di intelligence militare ucraina, ha ammesso il coinvolgimento dell’Ucraina in un attacco vile, infido e barbaro da parte di gruppi terroristici armati che ha provocato la morte di membri delle forze di difesa e di sicurezza maliane a Tin Zaouatine, oltre a danni materiali” ha denunciato Maïga nel comunicato stampa.

Dei video che sono circolati sui social network mostravano decine di cadaveri che giacevano nel deserto. Da giovedì 25 a sabato 27 luglio, violenti scontri hanno contrapposto i combattenti del Quadro Strategico per la Difesa del Popolo dell’Azawad (CSP-DPA), una coalizione di gruppi ribelli separatisti del nord del Mali, alle forze armate maliane (FAMa) e miliziani del gruppo russo Wagner nei pressi di Tin Zaouatine, una città al confine tra Mali e Algeria.

Lo Stato Maggiore maliano non aveva da subito reso note le cifre ufficiali, ma in un comunicato trasmesso dalla televisione nazionale lunedì 29 luglio ha riconosciuto “un numero significativo di perdite umane e materiali”. Secondo fonti confermate, diverse decine di uomini sono stati uccisi nelle file dell’esercito maliano e della Wagner.

Da parte sua, il CSP-DPA afferma che tutti gli aggressori sono morti o sono stati fatti prigionieri, e riconosce anche di aver perso sette dei suoi uomini e che dodici sono stati feriti. Ha inoltre annunciato di aver sequestrato veicoli e grandi quantità di attrezzature.

Significativamente, un canale Telegram vicino a Wagner – riporta Le Monde – ha pubblicato una dichiarazione attribuita al gruppo paramilitare, che ha riconosciuto le perdite, tra cui quelle di un suo comandante.

Si tratterebbe della prima grande sconfitta di Wagner in Mali, dove il gruppo paramilitare russo è schierato a sostegno delle forze governative dalla fine del 2021.

Si tratterebbe inoltre di una grave battuta d’arresto per la giunta del colonnello Assimi Goïta, uscita rafforzata dalla riconquista di Kidal da parte delle FAMa e dei loro ausiliari russi nel novembre 2023.

È una vittoria, ma sappiamo che è solo una tappa”, afferma Mohamed Elmaouloud Ramadane, portavoce del CSP-DPA.

Questa coalizione di ribelli, che nominalmente lotta per l’indipendenza dell’Azawad, come i suoi membri chiamano il nord del Mali, sostiene di essere stata costretta a una “ritirata strategica” dopo la sconfitta a Kidal, ma intende continuare a combattere contro l’esercito maliano e i suoi alleati russi.

Da ciò che è emerso sembra che per ottenere la vittoria a Tin Zaouatine, i suoi uomini hanno combattuto fianco a fianco con i jihadisti del Groupe de soutien de l’islam et des musulmans (GSIM), affiliato ad al-Qaeda, con il sostegno dell’intelligence ucraina.

Il fatto che i ribelli abbiano ricevuto i dati necessari per portare a termine con successo un’operazione contro i criminali di guerra russi è già stato osservato da tutto il mondo. Naturalmente, non divulgheremo i dettagli. Ulteriori informazioni arriveranno anche qui”, ha dichiarato Yussov alla televisione ucraina lunedì. L’ambasciatore ucraino in Senegal ha trasmesso il video.

È la conferma del coinvolgimento di Kiev a fianco dei separatisti Tuareg che sono una pedina della strategia francese nel Sahel e della formazione terrorista affiliata ad Al-Qaeda.

Insomma, un pezzo del conflitto della NATO contro la Federazione Russa si è spostato nel Sahel, e soprattutto il blocco occidentale che è stato cacciato dalla regione cerca di avere un ruolo militare contro il consolidamento della Confederazione degli Stati del Sahel (Mali, Burkina Faso e Niger) grazie alle sue storiche pedine, ed ora grazie all’aiuto di Kiev.

Il governo maliano ritiene giustamente che questi atti “violino la sovranità del Mali, vadano al di là dell’ingerenza straniera e costituiscano un sostegno al terrorismo internazionale”.

Il governo maliano si rivolgerà alle autorità giudiziarie competenti e prenderà le “misure necessarie per prevenire qualsiasi destabilizzazione del Mali da parte degli Stati africani, in particolare dalle ambasciate ucraine nella subregione, con terroristi travestiti da diplomatici”, ha dichiarato Maïga.

Parole come pietre che identificano una subdola strategia occidentale che ormai agisce a carte scoperte anche nel Sahel.

Sabato, le nuove autorità senegalesi hanno dichiarato di aver convocato l’ambasciatore ucraino a Dakar per aver pubblicato un video a sostegno dei recenti attacchi mortali contro l’esercito maliano e i suoi alleati russi.

Costante nella sua posizione di neutralità costruttiva nel conflitto russo-ucraino, il Senegal non può tollerare alcun tentativo di trasferire sul suo territorio la propaganda mediatica in corso in questo conflitto”, ha dichiarato il ministero degli Esteri senegalese in un comunicato.

Dopo l’elezione del presidente pan-africanista Diomaye Faye, le nuove autorità senegalesi hanno voluto affermare le loro posizioni di “neutralità costruttiva”.

È il secondo episodio del genere, dopo che l’ambasciatore ucraino aveva pubblicato un appello nel marzo 2022 a reclutare stranieri per aiutare il paese nella sua guerra contro la Russia.

Della rinnovata alleanza tra la coalizione indipendentista e terroristi islamici contro il nuovo assetto di potere del Mali si parla già da maggio.

Il 17 maggio, un messaggio vocale è stato pubblicato sui social network. In esso, Alghabass Ag-Intalla, uno dei leader della ribellione armata separatista tuareg e araba, afferma di aver “discusso” con il Groupe de soutien à l’islam et aux musulmans (GSIM) al fine di stringere legami più stretti con questa coalizione jihadista affiliata ad al-Qaeda.

Secondo l’audio di 88 secondi, è stato fatto un “passo importante” e seguiranno “altre iniziative” per cercare di riunire i gruppi ribelli, raggruppati nel Quadro strategico permanente per la difesa del popolo dell’Azawad (CSP-DPA) e gli islamisti armati comandati da Iyad Ag-Ghali.

Da quando i militari al potere a Bamako hanno ripreso le ostilità nell’agosto del 2023, gli emissari dei due campi si sono incontrati più volte, facendo rivivere lo spettro di un’unione tra movimenti concorrenti.

Non è un’alleanza, ma un tacito patto di non aggressione. Non abbiamo mai avuto lo stesso obiettivo o la stessa metodologia”, afferma Mohamed Elmaouloud Ramadane, portavoce dei ribelli. “Non abbiamo né il tempo né i mezzi per fare la guerra al GSIM. La nostra priorità è combattere lo Stato maliano e Wagner, spostando i nostri combattimenti verso sud, per avvicinarci al cuore del potere del nemico, cioè Bamako.

Il CSP-DPA ha cercato di rilanciare la sua offensiva verso sud entrando nella foresta di Wagadou all’inizio di aprile. Ma sono stati gli uomini del GSIM, padroni di questa zona al confine con la Mauritania, a sbarrargli la strada, al termine di uno scontro che ha provocato la morte di una ventina di combattenti per parte.

Si è trattato di un incidente grave. A quel punto, il CSP si è reso conto che il GSIM era in grado di bloccare la sua offensiva contro il regime militare e che, se avesse voluto continuare, sarebbe stato costretto a negoziare con Iyad [Ag-Ghali] l’accesso alle sue zone di influenza nel centro e nel sud del Paese. Questa è la posta in gioco negli attuali negoziati”, affermava a Le Monde Yvan Guichaoua, docente e ricercatore presso l’Università di Kent a Bruxelles.

Gli incontri tra le due parti, con confini assai labili, si sono svolti ad aprile ed i recenti avvenimenti bellici sembrano suggerire che questa alleanza tattica sia stata stabilita ed abbia dato i propri frutti anche grazie all’esplicito sostegno ucraino, un supporto che è difficile pensare sia avvenuto senza l’avvallo o la collaborazione fattiva della NATO.

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