È una settimana sudamericana quella che sta spendendo Xi Jinping, un tour che merita qualche riga per essere inserito nell’orizzonte delle relazioni internazionali di questa fase storica. Perché, a ridosso del nuovo mandato Trump, il Dragone mette il piede nel tradizionale cortile di casa statunitense.
Il presidente cinese è arrivato giovedì in Perù, dove ha incontrato l’omologa del paese andino, Dina Boluarte. Le dichiarazioni dei due politici si sono concentrate sui risvolti che avrà la costruzione del porto di Chancay, a circa 80 km da Lima, finanziato dal colosso cinese di servizi logistici COSCO.
L’incontro è stato l’occasione per inaugurare ufficialmente i lavori di questa infrastruttura, che dovrebbe valere alla fine 3,5 miliardi di dollari. Questo porto si candida a diventare un hub centrale per il commercio cinese in Sud America, andando a collegare – ha detto Xi Jinping – “il grande Cammino Inca e la Via della Seta marittima nel 21° secolo“.
Andando nel concreto di cosa questo significa, il porto di Chancay avrà 15 banchine e sarà collegato a un grande parco industriale. Le previsioni stimano che attraverso di esso il tempo di transito tra Lima e la Cina si accorcerà di 10 giorni, riducendo i costi della logistica di ben il 20%.
Cosa ancora più importante, lo renderanno il primo porto sudamericano in grado di accogliere navi da trasporto troppo grandi per il Canale di Panama. E dunque, in prospettiva, si presenta come un’alternativa adeguata ad alcuni traffici: questo è il senso di unire il “Cammino Inca” con la Via della Seta.
Ciò richiede anche futuri investimenti per le connessioni terrestri della regione che, è bene ricordare, è ricca di importanti risorse per la transizione sia digitale sia verde, come il litio e il rame.
In merito, la CNN ha scritto: “Pechino vede i buoni rapporti con una vasta gamma di altri paesi, e l’accesso illimitato ai loro mercati, come la chiave per proteggere la sua economia“.
Ma, con dispiacere di Washington, non è solo la Cina ad essere contenta. “Stiamo avviando una trasformazione che consoliderà il paese come centro logistico tecnologico e industriale di livello mondiale“, affermato Boluarte, “che ci proietterà strategicamente nella regione Asia-Pacifico“.
Boluarte è sostanzialmente una golpista che ha prestato il fianco alla destra peruviana, la quale aveva paralizzato il paese dopo l’elezione di Pedro Castillo. Ma, nella crisi occidentale, gli investimenti cinesi pesano molto, e a Pechino ne sono consapevoli.
La diplomazia del Dragone, negli ultimi anni, è stata molto attiva, e lo ha fatto accompagnando a un profilo politico da mediatrice dei conflitti anche importanti progetti economici. Una soluzione che fino ad ora ha avuto buoni riscontri, e che continua tuttora.
Si è concluso il 15 novembre anche il summit dell’Asia-Pacific Economic Cooperation (APEC), che unisce 21 paesi i quali rappresentano circa i due terzi del PIL e la metà del commercio mondiale. Anche lì la Cina ha espresso le sue preoccupazioni sulla direzione che sta prendendo l’ordine globale.
Leggendo un discorso di Xi Jinping, il ministro del Commercio cinese ha attirato l’attenzione sul fatto che “l’unilateralismo e il protezionismo si stanno diffondendo, la frammentazione dell’economia mondiale si è intensificata“.
“Ostacolare la cooperazione economica con vari pretesti, insistere nell’isolare il mondo interdipendente, sta invertendo il corso della storia“, ha aggiunto, con un chiaro riferimento alla politica di dazi e guerra commerciale perseguita dalla filiera euroatlantica.
Sugli stessi nodi, ovvero sul mantenimento di relazioni solide e vantaggiose per tutti, si è sviluppato anche il confronto avuto venerdì da Xi Jinping col presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol, seguito sabato da quello con Biden. All’inquilino uscente della Casa Bianca, il presidente cinese ha detto che lavorerà per una “transizione fluida” nei rapporti con la nuova amministrazione Trump.
Rispetto reciproco, coesistenza pacifica e cooperazione economica rimangono i capisaldi dell’atteggiamento del Dragone. Ma è stato sottolineato anche come non rinuncerà a salvaguardare la propria sovranità, con evidente riferimento a Taiwan.
L’agenzia di stampa Reuters ha riportato che Lai Ching-te, presidente di Taiwan, dovrebbe fermarsi alle Hawaii e forse a Guam (uno Stato e una base militare statunitensi…). Due soste che di certo non possono essere ben viste dalla diplomazia cinese, e che tengono alta la tensione dell’Indo-Pacifico.
Ora, la prossima tappa di Xi Jinping è il Brasile, per un incontro del G20 che, tra i temi fondamentali, avrà i conflitti in Ucraina e in Medio Oriente, così come la crisi climatica (il Brasile ospiterà la prossima Cop, mentre la ventinovesima edizione ora in atto a Baku sta diventando un buco nell’acqua).
Yun Sun, direttore del programma Cina presso il think tank Stimson Center di Washington, ha affermato che, così come all’APEC, anche al G20 il messaggio della Cina sarà: “c’è una grande incertezza davanti a noi, ma la Cina è la certezza e rimarrà impegnata per la pace e lo sviluppo“.
Che di questi periodi, non ci sembra poco…
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