Le lezioni di moralità da parte di Mohammad bin Salman hanno un sapore che sfiora il paradosso. Tuttavia, nel gioco delle parti in Medio Oriente, ogni singola parola, ogni singolo gesto, ha una valenza che va ben oltre il suo significato letterale.
Il principe ereditario saudita, non più tardi di due settimane fa, ha pubblicamente condannato l’offensiva di Israele a Gaza, definendola un genocidio, chiedendo la creazione urgente di uno Stato palestinese. Una scelta condivisibile, umanamente e politicamente, se Bin Salman non fosse ciò che è.
Inutile, in queste sede, ribadire il curriculum del sovrano de facto dell’Arabia Saudita: ciò che conta è cercare di comprendere perché questa condanna e perché proprio ora. Riad, infatti, non lascia mai nulla al caso.
L’Arabia Saudita ha profuso sforzi diplomatici significativi per porre fine al conflitto che ha contagiato l’intera regione. Il ministro degli Esteri saudita, il principe Faisal bin Farhan, il mese scorso ha dichiarato che i colloqui di normalizzazione con Israele sarebbero stati “fuori discussione” finché non fossero stati ripristinati i diritti dei palestinesi e non fosse stata raggiunta una soluzione a due Stati.
Dichiarazioni che hanno anticipato di qualche settimana l’annuncio del Qatar del 9 novembre di voler porre fine al suo ruolo di mediatore tra Hamas e Israele.
Agli inizi di novembre, in occasione del vertice di Riad, inoltre, Bin Salman aveva invitato Israele a rispettare la sovranità dell’Iran e ad astenersi dall’attaccare il suolo iraniano, intensificando nel contempo le critiche nei confronti di Tel Aviv. Un atteggiamento così sfrontatamente filo-Teheran da non lasciare più alcun residuo di quel tentativo di normalizzazione auspicato fino a poco prima del 7 ottobre 2023.
Ma che non deve sorprendere: Riad si è al contempo mossa per ricucire i rapporti con l’Iran dopo un accordo di riavvicinamento del marzo 2023 mediato da Pechino.
I rapporti ripristinati hanno ridisegnato il panorama diplomatico con cui Donald Trump dovrà fare i conti quando tornerà in carica l’anno prossimo, in un ambiente regionale molto diverso rispetto all’ultima volta che era stato in carica. Ripristinare gli Accordi di Abramo non è roba da bacchetta magica, né per The Donald tantomeno per suo genero Jared Kushner, qualora decidesse di ripescarlo dal cilindro.
Un recente monito da parte di Riad a Israele, esortandolo a non intraprendere operazioni militari contro l’Iran, segna una svolta significativa rispetto alla linea adottata in primavera. Ad aprile, infatti, l’Arabia Saudita aveva autorizzato l’impiego del proprio spazio aereo per contrastare una massiccia offensiva di droni e missili lanciati da Teheran verso il territorio israeliano.
La situazione si complica ulteriormente a causa del sostegno iraniano a gruppi come Hamas e Hezbollah, entrambi precedentemente inseriti nella lista dei gruppi “terroristici” stilata dalle autorità saudite. Hezbollah, nello specifico, è da mesi al centro delle operazioni di contrasto da parte di Israele, dopo un’escalation di attacchi missilistici provenienti dal Libano.
Un segnale inequivocabile del mutamento di strategia saudita si è registrato lo scorso ottobre, quando Riad ha deciso di revocare la licenza all’emittente televisiva MBC. La mossa è giunta in seguito alla definizione di Yahya Sinwar, leader di Hamas ucciso in un attacco, come un “terrorista” da parte dell’emittente stessa.
L’Arabia Saudita e l’Iran hanno ribadito il loro impegno per tutte le disposizioni dell’Accordo di Pechino e i loro continui sforzi per consolidare relazioni di buon vicinato e amichevoli tra i due Paesi. Hanno accolto con favore il ruolo positivo continuo della Cina e hanno sostenuto che il supporto e il follow-up della Cina all’attuazione dell’Accordo sono di grande importanza.
Il secondo incontro del China-Saudi Arabia-Iran Trilateral Joint Committee dello scorso 19 novembre non solo ha cercato di consolidare i progressi compiuti nel miglioramento delle relazioni tra Iran e Arabia Saudita, ma mira anche a garantire che i legami tra le due nazioni possano evitare conflitti in Medio Oriente.
L’Iran e l’Arabia Saudita appaiono ora fortemente intenzionate a continuare il loro cauto percorso di riavvicinamento. La visita del ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi alla capitale saudita Riad all’inizio di ottobre indica che le relazioni si stanno sviluppando ulteriormente. Ha anche incontrato il principe bin Salman, il che è un segnale fondamentale.
Tuttavia, l’attuale riavvicinamento tra Iran e Arabia Saudita presenti diversi vantaggi dal punto di vista di quest’ultima. Dopo che l’Iran ha attaccato gli impianti petroliferi sauditi nel 2019, Riad si è resa conto che non poteva fare affidamento completamente sugli Stati Uniti e avrebbe dovuto risolvere i problemi con il suo vicino iraniano.
Ma non solo: Riad ambisce a porre fine in modo definitivo al conflitto in Yemen, e a questo proposito, spera che l’Iran possa esercitare la sua influenza sugli Houthi una volta per tutte.
* da InsideOver
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