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L’intesa Usa-Cina e la fine della new economy

E finalmente arrivò la firma e la tregua della guerra commerciale tra gli americani e i cinesi.

Due anni di scontri, di stop and go, con le borse mondiali che salivano o scendevano a secondo dell’umore di Trump e della risposta cinese.

Cinesi sornioni, pazienti, fermi nei loro punti. Americani sempre pronti a dichiarazioni alla stampa, una volta bellicosi, l’altra pacifici. Bipolarismo della Casa Bianca assoluto.

La pazienza cinese ha avuto la meglio, ma gli americani, c’è da dirlo, hanno avuto una vittoria storica. Vediamo i 5 punti.

La Cina si impegna nei prossimi due anni a maggiori importazioni americane per un totale di 200 miliardi, dimezzando il surplus commerciale che nel 2019 è diminuito dell’8,5% nei confronti degli Usa e si attesta a 285 miliardi. 32 miliardi in più di prodotti agricoli, 50 miliardi in più di prodotti energetici e petrolchimici, 80 miliardi in più di prodotti industriali (auto, aerei, componentistica, ecc.), 40 di servizi finanziari.

Quel che si presumeva essere un’intesa basata sugli interessi di Wall Street è in realtà un accordo basato sulla old economy. Infatti, solo il 20% dell’intesa riguarda la finanza americana, il resto settore primario e industria.

L’impatto occupazionale di 40 miliardi di servizi finanziari è enormemente inferiore all’impatto sugli 80 miliardi di prodotti industriali.

Un altro aspetto è il dirigismo dell’intesa. Trump ha voluto tot di industria, tot di agricoltura, tot di servizi finanziari, una cosa che non si era mai vista in Usa. Trump valuta l’impatto occupazionale dell’intesa sulla classe operaia americana  e soprattutto punta sul plusvalore derivante dall’industria e non sul capitale fittizio della finanza americana.

Un mondo è finito, addio alla new economy, quel che da noi non si è ancora capito. Il profitto industriale, e del settore primario, è alla base dell’intesa tra americani e cinesi.

Da questo punto di vista gli Usa copiano dopo decenni la Cina, l’industria torna dopo decenni centrale per gli Usa.

Chi ci perde? Nei prodotti agricoli senz’altro Argentina, Brasile e la stessa Ue. Ieri, sul Corriere della sera, il Presidente di Confagricoltura stimava in 130 miliardi l’export europeo di prodotit agricoli e agroalimentari in Cina. Con quest’intesa perderanno il 30% del mercato asiatico.

Sulle auto perdono gli europei, così come suglia aerei e sugli altri prodotti industriali. Wall Street e Unione Europea escono sconfitti da questa intesa.

Gli Usa ritornano al  profitto industriale per far calare il capitale fittizio e aumentare l’occupazione americana. L’Unione Europea si sogna l’austerità verde. Gli Usa si sono garantiti nei prossimi anni sbocchi di mercato alla loro strategia di reindustrializzazione.

Che dire? Bel colpo, quello tra americani e cinesi. 

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4 Commenti


  • Alberto Capece

    Mi chiedo chi possa essere stato così ingenuo e/o disinformato da scrivere da scrivere questo pezzo:: basta andare a vedere lo specifico degli accordi per accorgersi che essi sono vuoti perché i non ci sono le condizioni di base per realizzarli . Per esempio non ci sono gli impianti per accogliere i 120 miliardi di gas che la Cina dovrebbe acquistare dagli Usa anche ammesso che le aziende dello shale in grave crisi riescano a produrlo , né le condizioni per portare a 50 miliardi le importazioni alimentari dagli States.cui Trump tiene disperatamente perché coinvolgono direttamente gli stati agricoli che votano per lui. Diciamo che Pechino astutamente sta salvando la faccia a Trump, siglando un accordo di facciata in vista della campagna elettorale: la sua guerra commerciale l’ha già vinta: nel 2017 gli Usa hanno dovuto registrare un deficit commerciale con Cina di 750 miliardi di dollari su uno scambio complessivo di 3300 miliardi. Poi nel 2018 Trump ha inaugurato la guerra commerciale contro Pechino, tentando di trascinarvi anche le colonie europee a suon di minacce: il risultato è stato che il deficit commerciale è salito a 930 miliardi su un interscambio complessivo di 3800 miliardi


    • Redazione Contropiano

      Non si capisce perché si debba cominciare un commento in modo così insultante per dire poi cose abbastanza simili in modo più confuso e, se ci permetti, contraddittorio (Trump avrebbe “già vinto la sua guerra commerciale” facendo salire il deficit tra 750 a 930 miliardi di dollari?)… Quando ci si mette alla tastiera per ragionare su questioni economiche bisognerebbe lasciare da parte le modalità comunicative alla Napalm51…


  • ndr60

    Se ci sarà davvero un aumento dell’occupazione in USA, la classe operaia (ovvero i buzzurri ignoranti che hanno votato per Trump), alla fine, ha ottenuto ciò che voleva. Ooppps.
    Bisognerà poi vedere se quest’aumento di occupazione si tradurrà in salari decenti, oppure finirà nelle tasche dei soliti.


  • onofrio

    Le reazioni allarmate dell’unione europea, del canada , e di alcuni paesi latinoamericani, che vogliono portare al WTO l’accordo che danneggerebbe ll loro agroalimentare, mostrano che poi la realizzazione dell’accordo non è affatto irrealistica, per gli irrocarburi l’accordo parla in buona arte di petrolio, è non è affatto impossibile sostituire le importazioni di pertolio russo o mediorientale con quello americano, impianti e petroliere esistono già

    Giustamente si mette in risalto il dirigismo dell’accordo che quindi è soprattutto politico . Con l’intesa odierna , al di là del realismo o meno della sua applicazione, la cina non potrà piu puntare ad una crescita del suo export verso gli usa, con l’accordo ha accettato questo ufficialmente, si tratta di una svolta epocale. Una pistola puntata alla tempia della cina, gli usa non mancheranno di passare all’incasso economico in modi molteplici, nei fatti grazie all’accordo permangono i dazi al 3,5 %, laddove prima della fase trumpiana erano del 1 % e se la cina non riuscirà ad importare quanto stabilito gli usa pretenderanno di ridurre il deficit per la stessa via dell’aumento delle barriere doganali.

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