Che pena i commentatori liberaldemocratici italiani, che sulle tv, prima del discorso di insediamento di Trump, prevedevano ed auspicavano che il presidente si lanciasse in un discorso di unità nazionale…
Poveretti, i liberaldemocratici oggi vivono in un mondo di sogni che nega la realtà e le parole di Trump li hanno bruscamente svegliati, gettandoli nel panico. Ma davvero il presidente della prima potenza dell’Occidente farà quello che ha annunciato in campagna elettorale, invece che infischiarsene come finora in Italia e in Europa han fatto in alternanza centrodestra e centrosinistra?
Sì, Trump ha confermato tutta la rabbia e la ferocia del suo programma reazionario, che ha vinto perché partiva da un dato della realtà: gli Stati Uniti sono un paese in crisi dove le cose per tante e tanti vanno sempre peggio. Denunciando questa realtà Trump ha vinto contro i “democratici”, che invece hanno condotto la loro campagna all’insegna del: tutto va bene e continuerà ad andare bene.
Tutte le estreme destre occidentali oggi crescono perché sembrano voler cambiare tutto, mentre centro e sinistra tradizionali sono sempre più perdenti, perché appaiono come coloro che vogliono puramente conservare il presente, per quanto esso sia negativo.
“Siamo caduti in basso e dobbiamo tornare grandi, per farlo dobbiamo tornare al passato, cancellare ogni inutile progresso.” Questo è il messaggio di fondo con cui Trump ha vinto e non a caso nel suo discorso inaugurale il presidente USA ha preso come principale riferimento McKinley, suo predecessore centoventiquattro anni fa.
McKinley fu il presidente che alla fine dell’Ottocento diede il via al moderno imperialismo americano. Lo fece con una politica economica ultra-protezionista, mettendo pesanti dazi sulle importazioni, e con una impresa militare esemplare e in fondo facile. McKinley fece guerra alla debolissima Spagna per strapparle le ultime colonie, Cuba Porto Rico e le Filippine, e con la sua vittoria affermò l’imperialismo USA nel mondo.
La sua politica sarebbe stata poi ampliata dal suo successore, anch’egli citato da Trump: Theodore Roosevelt. Che agli inizi del novecento teorizzò la politica del “grosso bastone”, con il quale gli Stati Uniti dovevano minacciare e se necessario colpire ovunque per essere rispettati.
Trump vuol dare il nome di McKinley al Golfo del Messico, che vuole riconquistare a partire da Panama. Ma forse per questa citazione ci sono anche delle ragioni apotropaiche: McKinley infatti fu ucciso nel 1901 da un anarchico, che voleva fare giustizia per il massacro di lavoratori in sciopero, che quel presidente aveva ordinato quando era governatore dell’Ohio.
Trump ha rivendicato di essere stato “salvato da dio” stesso nell’attentato subìto, e forse è per aiutare la Divina Provvidenza a proteggerlo ancora che ha deciso di insediarsi al chiuso.
Il programma sociale di Trump ha un solo punto chiaro: bisogna deportare milioni di migranti. Si dispone a farlo, ma sarà un atto di guerra civile, perché milioni di persone lotteranno con tutti i mezzi per non essere espulse. E sarà anche un atto di guerra alle frontiere del Messico, che dovranno essere occupate militarmente.
Legge e ordine, lotta ad un sistema corrotto, via i migranti e le restrizioni sull’ambiente, e tornerà l’età dell’oro. Nessuna misura sociale, nessun progetto economico a parte i dazi. “Saranno il merito ed il mercato a far tornare grandi gli Stati Uniti“. È vero, il programma di Trump è assurdamente reazionario non solo rispetto ad oggi. ma anche all’epoca di McKinley.
Ma questa è solo una delle anime nere della presidenza Trump, l’altra è quella rappresentata dai tre oligarchi che vogliono imitare i faraoni per ricchezza e potere, Musk, Bezos, Zuckerberg. Mettendo assieme le loro e le ricchezze degli altri oligarchi che partecipano all’amministrazione di Trump o la sostengono, si ha il più grande concentrato di danaro in un solo governo, in tutta storia umana. Altro che il “comitato d’affari della borghesia” del Manifesto di Marx ed Engels!
Steve Bannon, il fascista organizzatore del sostegno militante a Trump, si è dichiarato nemico giurato di Musk e ha definito la società a cui aspira il supermiliardario: tecnofeudalesimo.
Come si concilieranno allora il razzismo da cowboy ottocentesco di Trump con il mondo distopico di chi vuol usare l’intelligenza artificiale per licenziare milioni di persone? Sui social c’è un leader politico che Musk ha esaltato persino più di Trump: il liberalfascista argentino Milei. Che per risanare i conti pubblici ha distrutto ogni diritto sociale e fatto precipitare il 60% della popolazione sotto la soglia di povertà.
Quanto costerà ai lavoratori americani bianchi, che Trump esalta come sua prima colonna di riferimento, lo sbarco su Marte, obiettivo strategico di Musk esaltato anche nel discorso del presidente?
Nella media prospettiva il popolo della “cintura di ruggine e mattoni” del sistema industriale americano (Ohio, Michigan, Indiana, Illinois, Wisconsin, Pennsylvania, New York, West Virginia) e i super privilegiati della Silicon Valley sono destinati a confliggere.
Da un lato Trump vuole inquinare come nell’Ottocento, distruggendo vite e natura nel nome del profitto industriale e del sistema fossile. Questo, oltre che rappresentare una minaccia per l’umanità, sopprime ogni innovazione tecnologica nel sistema produttivo.
Dall’altro il presidente-ombra Musk pretende una innovazione che cancelli lo stesso concetto di industria. Distruggere le coste per le trivellazioni e poi sbarcare su Marte. Può apparire una conseguenza mostruosa e lineare di scelte folli. Ma è invece un contrasto, per evitare il quale Trump sarà costretto ad alzare la posta. Dovrà tenere continuamente la società americana in guerra al proprio interno; e dovrà fare qualche guerra esemplare all’estero. Come Reagan che invase Grenada all’inizio del suo mandato,
Certo oggi Trump non vuole la guerra alla Russia e forse neppure quella alla Cina, però altre guerre le vuole. E soprattutto imporrà uno stato di guerra permanente all’interno del suo paese.
Certo fino a che l’alternativa saranno i “democratici”, potrà restare abbastanza tranquillo. Le “sinistre” liberal-democratiche occidentali sono e saranno sempre più inutili contro l’estrema destra. Ma alla fine le contraddizioni tra le due anime nere della presidenza Trump esploderanno e si affermeranno vere alternative per cambiarie la società. Guardando al futuro, non al passato.
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Trump ha detto e fatto quelo che molti di noi avrebbero fatto e detto nello stesso modo.
Redazione Roma
Una osservazione molto azzardata, tra la visione di Trump e la nostra c’è un mondo di differenza e antagonismo
Maurizio
per dirla alla Montanari, se ci sono i Trump e le Meloni è perché I democratici hanno sempre dato il culo ai poteri forti, convinti che poi avrebbero continuato a governare, senza mai dire una parolina forte che potesse uscire dal seminato, basta guardare alla segretaria svizzera del PD
Giacomo Casarino
Neomercantilismo ? Probabilmente la definizione è esatta: se le esportazioni devono di gran lunga superare le importazioni. (Ma si dice anche che i proventi daziari dovranno essere tali da sostituire o ridurre i carichi fiscali interni!) . Sotto questo profilo non più una forma di restaurazione, ma un balzo indietro di secoli. Una distopia possibile?
Tutto ciò comporta, mi pare, il back-reshoring delle aziende USA che erano emigrate all’estero alla ricerca di una maggiore profittabilità. (Anche per mantenere ed accrescere il consenso interno della middle class).
Suona dunque la campana a morto di quella globalizzazione che proprio l’America aveva inaugurato ed imposto: la presa d’atto del fallimento per quella via dell’egemonia sul resto del mondo.
I suggeritori (intelligenti) di Trump devono pensare: l’egemonia è finita (e da mo’) e in qualche modo anche il sistema di alleanze e di protettorati inaugurato dopo la Seconda guerra, resta solo l’esercizio della forza, il dominio garantito dalla supremazia militare (ed atomica).
Gli USA contro tutti, in vario modo, s’intende? L’idea di sottomettere il mondo col protezionismo, possibilmente, per quanto è dato di capire, senza ricorrere a costose guerre. può funzionare, ma fino ad un certo punto. nei confronti della remissiva Europa, ma non contro la Cina. E neanche nei confronti dei BRICS che troveranno motivo per estendersi e radicalizzarsi. Ed allora il problema si ripropone: da qui l’allarme che la Presidenza Trump non può che suscitare. E lo scompiglio dei liberali che questo esito, credo non passeggero, non sanno capire né contrastare
Angelo De Marco
Trump vuole ridare il nome MC Kinley al monte Denali ( nome che danno i nativi in Alaska) non al Golfo del Mexico ( come dice l’ articolo), a quest’ ultimo vuole dare nome golfo dell’ America; giusto per la precisazione