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Cisgiordania. Perchè Israele si sta accanendo ancora contro i palestinesi?

Mentre Israele in almeno tre occasioni ha già violato il cessate il fuoco a Gaza in vigore dal 19 gennaio, l’apparente tregua ha visto una nuova ondata di raid israeliani abbattersi sulla Cisgiordania occupata.

Gli avvenimenti in corso suggeriscono un’accelerazione delle dinamiche di annessione dei Territori Palestinesi, anche con la convergenza tra gli attacchi dei coloni e delle operazioni militari israeliane.

In Cisgiordania dal 7 ottobre 2023, sono stati oltre 856 i palestinesi, inclusi civili, donne e minori, uccisi da soldati e coloni israeliani, mentre migliaia sono stati arrestati. Si calcola che solo nelle ultime 48 ore, più di 80 palestinesi sono stati arrestati dalle forze israeliane mentre almeno 13 palestinesi sono stati uccisi.

Abbiamo assistito a un genocidio a Gaza per 15 mesi e nessuno ha mosso un dito. Qui temiamo che la situazione possa peggiorare molto presto”, ha dichiarato una attivista palestinese ad Al Jazeera.

Le operazioni militari israeliane come i raid su Jenin, stanno già distruggendo infrastrutture essenziali e seguono il copione che abbiamo visto in atto a Gaza. I raid israeliani stanno rendendo Jenin “quasi inabitabile” e hanno costretto all’evacuazione gli abitanti, con scene che ricordano gli scenari di deportazione, devastazione e morte nella Striscia.

Il portavoce del Segretario generale delle Nazioni Unite, Farhan Haq, ha descritto anche in Cisgiordania una situazione pesante: “Da ieri l’ospedale governativo di Jenin è stato scollegato dalla rete idrica ed elettrica. Si trova ora a operare grazie a riserve di emergenza che si stanno rapidamente esaurendo”. Medici Senza Frontiere denuncia anche ostacoli all’accesso alle cure mediche, con ambulanze e personale sanitario bloccati dalle forze israeliane. “Le persone vengono colpite durante le evacuazioni e i feriti non possono essere raggiunti”, ha dichiarato un paramedico che ha preferito restare anonimo.

Ma le operazioni militari israeliane stanno incontrando anche una crescente resistenza da parte delle organizzazioni palestinesi. A Jenin, il battaglione delle Brigate al-Quds (Jihad Islamica) riferisce di scontri con l’esercito israeliano, mentre le Brigate Qassam (Hamas) hanno ingaggiato combattimenti nei villaggi circostanti. Anche le Brigate Al Aqsa (Fatah) partecipano ai combattimenti nonostante l’orientamento contrario dell’ANP.

Raed Abu Badawi, professore di diritto internazionale e relazioni internazionali presso l’Arab American University, intervistato dal giornale palestinese Al Quds spiega che la decisione del governo israeliano di considerare la Cisgiordania un “fronte di battaglia” approvando al contempo un accordo di tregua a Gaza, rientra nel quadro di un’azione volta a pacificare la destra israeliana e a promuovere il programma di insediamenti e annessioni.

Abu Badawiya sostiene che l’intensa campagna militare israeliana nel campo di Jenin e nella Cisgiordania settentrionale è in linea con la visione della destra che mira a rafforzare il controllo israeliano sulla Cisgiordania, soprattutto alla luce del sostegno dell’amministrazione Trump alle ambizioni israeliane in Cisgiordania.

L’analista palestinese Mihammed Hawash, ritiene che queste operazioni mirano essenzialmente a mantenere il controllo israeliano e il sistema di controllo coloniale sulla vita quotidiana del popolo palestinese, e a impedire qualsiasi vera soluzione politica che garantisca la fine dell’occupazione e la creazione di uno stato palestinese. Tuttavia, i palestinesi non rinunceranno ai loro diritti sulla loro terra, e continueranno la lotta per porre fine all’occupazione e creare il loro stato indipendente.

Hawash sottolinea che ciò che incoraggia Israele a continuare con questa politica è la posizione americana che ignora i diritti del popolo palestinese e consente a Israele di parlare del “diritto del popolo ebraico alla terra” senza riconoscere i diritti dei palestinesi, sottolineando che l’unica soluzione al conflitto è raggiungere un accordo pacifico accettabile per entrambe le parti, che garantisca la fine dell’occupazione e la creazione dello Stato palestinese.

Il cessate il fuoco a Gaza sembra configurarsi come una pausa strategica, utile a Israele per aumentare il controllo sulla Cisgiordania e accelerare l’annessione. E’ un progetto che lascia poco spazio a soluzioni politiche e affonda definitivamente la “soluzione dei due stati per due popoli”.

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1 Commento


  • Antonio Ieracà

    concordo ..non c’e’ nessuna tregua ..c’e’ solo uno scambio di prigioniero ! continuano i bombardamenti sia pure non a gaza ma nella cisgiordania e continuano le incursione dei coloni israeliani spalleggiati dai militari israeliani! .mi pare quindi ci sia ben poco di tregua se si esclude gaza.

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