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“Il tentativo Usa di dividerci dalla Russia fallirà”. Il difficile equilibrismo della Cina sull’Ucraina

Attorno al tavolo allestito il 18 febbraio scorso dall’Arabia Saudita per avviare un dialogo Stati Uniti-Russia sull’Ucraina si è registrata l’assenza clamorosa dell’Unione Europea (esclusa, per ora, da Donald Trump e Vladimir Putin), ma anche della Cina, che pure il 24 febbraio 2023 aveva pubblicato la sua Posizione sulla soluzione politica della crisi ucraina e, il 15 aprile scorso, i Quattro princìpi di Xi Jinping per risolvere la crisi ucraina.

Xi è atteso a Mosca da Vladimir Putin il 9 maggio (sarà il loro quarantaquattresimo incontro da quando sono al potere), in occasione della Giornata della vittoria, alla quale potrebbe presenziare anche Trump. Il 24 febbraio scorso, nel terzo anniversario dell’invasione dell’Ucraina, Xi e Putin hanno avuto una conversazione telefonica, per coordinarsi sui colloqui russo-americani in corso.

Ci sarà poi un quarantacinquesimo faccia a faccia, perché Xi ha invitato Putin alla grande parata militare che si svolgerà a Pechino il 3 settembre, per l’ottantesimo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale.

Il 24 febbraio scorso, la Cina ha votato, assieme a Russia e Stati Uniti, in favore della risoluzione 2774, con la quale il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite – senza condannare l’invasione russa – «Implora una rapida fine del conflitto e sollecita inoltre una pace duratura tra l’Ucraina e la Federazione Russa», passata grazie all’astensione di Francia e Regno Unito.

Sempre lunedì 24 la Cina si è astenuta dalla risoluzione promossa dall’Ucraina e sostenuta dall’Unione europea Advancing a comprehensive, just and lasting peace in Ukraine, passata all’Assemblea generale con 93 «sì», 18 «no» e 65 astensioni.

A svelare il tentativo Usa di separare Cina e Russia è stato Marco Rubio. A “Breitbart News” il segretario di stato ha parlato di una Russia «sempre più dipendente dalla Cina, che non penso rappresenti un buon risultato» e ha aggiunto che «una Russia che diventasse un partner subordinato permanente della Cina rappresenterebbe un problema per gli Stati Uniti, con due potenze nucleari allineate contro».

Il portavoce del ministero degli esteri cinese, Lin Jian, ha replicato che «le strategie di sviluppo e le politiche estere di Cina e Russia (che condividono un confine lungo 4.300 chilometri, ndr) sono a lungo termine e le relazioni Cina-Russia andranno avanti con calma, indipendentemente dai cambiamenti globali. È del tutto inutile che gli Stati Uniti seminano discordia nelle relazioni sino-russe».

Ricercatori e analisti cinesi sottolineano che per la Russia non avrebbe senso “staccarsi dalla Cina per buttarsi tra le braccia degli Stati Uniti”, mentre quello che sta provando a fare Putin è riavvicinarsi a Washington – e, se possibile, all’Unione Europea – mantenendo nello stesso tempo ottime relazioni con Pechino, che ha sottolineato di vedere di buon occhio l’iniziativa di Trump che potrebbe favorire una cessazione delle ostilità in Ucraina.

Tuttavia Yu Jie – senior research fellow sulla Cina del programma Asia-Pacifico di Chatham House e tra gli speaker della nostra THE CHINA SCHOOL – in un’analisi pubblicata dal “Financial Times” ha scritto che Pechino «è preoccupata di un rapido rapprochement Usa-Russia», in quanto «legami più stretti tra i due paesi metterebbero a disagio Pechino, che investito tanto nelle sue relazioni bilaterali con la Russia, sia in termini di espansione commerciale che di capitale diplomatico».

Pechino, secondo Yu, si terrà a una certa distanza da eventuali negoziati, anche per «la mancanza di fiducia delle élite europee», che non vuole alienarsi ulteriormente. Né proverà a sfruttare l’attuale frattura transatlantica, perché non vuole che Trump inasprisca di conseguenza il containment contro la Cina.

Tra l’altro – aggiungiamo noi – la Cina, che non ha riconosciuto l’annessione della Crimea nel 2014, difficilmente potrebbe partecipare a un negoziato che prevedesse quella di altri pezzi di territorio ucraino, se non contraddicendo radicalmente il rispetto, che considera “sacro”, del principio di integrità territoriale (Mongolia, Tibet e Xinjiang con le rispettive minoranze etniche costituiscono assieme oltre il 42 per cento del territorio della Cina).

Secondo Kirill Dmitriev, amministratore delegato del Fondo russo per gli investimenti diretti (Rdif), nella capitale saudita, oltre che della rimozione delle sanzioni contro Mosca e del ritorno in Russia delle aziende Usa a partire dal secondo trimestre di quest’anno, Rubio e Lavrov hanno esaminato progetti congiunti nell’Artico e in ambito energetico. Tuttavia, al di là degli affari, Russia e Stati Uniti hanno interessi geopolitici divergenti.

A cominciare dall’Artico, dove Trump ha rivendicato il controllo sulla Groenlandia, mentre Mosca ha iniziato a condurre war game con l’Esercito popolare di liberazione. Inoltre, tre anni di conflitto in Ucraina hanno fatto decollare l’interscambio Cina-Russia, in barba all’embargo decretato dal G7: da 147 miliardi di dollari (nel 2021) a 244,8 (l’anno scorso), evidenziando la complementarità (elettronica, automobili e prodotti chimici in cambio di idrocarburi) tra le rispettive economie, mentre Stati Uniti e Russia sui combustibili fossili sono concorrenti.

La Russia ha inaugurato da tempo una politica estera “rivolta verso Est”, in reazione ad anni di tensioni con l’Occidente e proiettata verso la de-dollarizzazione, mentre sperimenta con la Cina meccanismi per superare le sanzioni “unilaterali”.

Trump scommette tutto sulla forza (finanziaria e militare soprattutto) degli Stati Uniti, Xi e Putin sull’attrattiva del loro “multipolarismo” che promette protagonismo ai paesi del Sud globale. A Trump, che ha dichiarato che “gli piacerebbe” riportare la Russia nel G7, l’ambasciatore russo in Canada, Oleg Stepanov, ha risposto che Mosca «non ha alcun interesse a rivisitare istituzioni obsolete».

Durante i colloqui a margine del G20 della settimana scorsa a Johannesburg, Wang e Lavrov hanno concordato di aumentare la collaborazione nei nuovi organismi internazionali a trazione sino-russa – i Brics e la Shanghai Cooperation Organization – oltre che delle Nazioni Unite e del G20, facendo da contraltare al disprezzo ostentato da Trump per le piattaforme multilaterali.

Insomma se anche uno dei motivi per cui Trump vuole la pace in Ucraina è quello di concentrarsi contro il suo avversario strategico numero uno – la Cina – quest’ultima può contare su relazioni con la Russia che, proprio la guerra in Ucraina, ha irrobustito. Wang Yiwei, specialista in affari europei presso l’Università Renmin di Pechino, ha affermato che anni di sanzioni occidentali contro la Russia le hanno reso impossibile fidarsi dell’Occidente. «Dopo il conflitto Russia-Ucraina, l’industria, l’economia e l’energia russa sono state fortemente intrecciate con la Cina. Questo è strutturale e persino permanente. È difficile che ritorni verso l’Occidente», ha concluso.

*Da Rassegna Cina, newsletter del Centro Studi sulla Cina Contemporanea

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