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La “democrazia europea” si inabissa a Bucarest

Il probabile vincitore, Calin Georgescu, non potrà partecipare alle elezioni presidenziali del prossimo 4 maggio in Romania.

La Corte Costituzionale di Bucarest ha respinto il ricorso del politico rumeno verso la decisione della commissione elettorale che lo aveva escluso dal voto citando irregolarità nella documentazione presentata e le indagini penali in corso a suo carico, tra cui quella di attacco all’ordine costituzionale.

La decisione non può che inasprire il clima politico nel Paese, con possibili nuove proteste e manifestazioni a sostegno dell’esponente di destra, che i sondaggi hanno dato come favorito con il 40 per cento dei voti.

A Bucarest, migliaia di manifestanti si erano radunati domenica scorsa davanti alla sede della commissione, esprimendo il loro dissenso con lanci di oggetti contundenti e atti vandalici contro edifici pubblici. Si erano registrati scontri con la polizia con il ferimento di diversi agenti. Numerosi manifestanti coinvolti nei disordini erano stati arrestati.

E’ doveroso ricordare che Georgescu aveva anche vinto il primo turno delle elezioni del 24 novembre scorso con il 22,94 per cento, qualificandosi per il ballottaggio, ma il risultato era stato annullato dalla Corte Costituzionale con l’accusa di ingerenze russe nel processo elettorale.

La motivazione ufficiale dell’esclusione si basa su presunti legami di Georgescu con la Russia e su irregolarità nel finanziamento della campagna elettorale. Ma la decisione della stessa Corte costituzionale ha stabilito che una candidatura può essere invalidata solo sulla base di “prove concrete e inconfutabili” mentre nel caso di Georgescu non è stata ancora resa pubblica alcuna evidenza chiara che giustifichi un provvedimento con tali conseguenze.

Se all’interno del paese la cosa può portare ad uno scontro politico frontale – con conseguenze anche nella vicina Moldavia dove recentemente si è giocato anche lì una sorta di “golpe in salsa europea” – a livello internazionale la situazione della Romania ha visto commenti non certo lusinghieri verso l’inabissamento delle procedure democratiche in un paese aderente – ma subalterno – all’Unione Europea.

Persino il giornale tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, ha ammesso da tempo che l’accusa di interferenza russa era un “mito”: “La classe dirigente di Bucarest ha messo in scena lo spauracchio russo per distrarre dal fallimento dei suoi giochi di potere – e per avere un pretesto per annullare elezioni che non le facevano comodo.”

Dagli Stati Uniti il vice-presidente, J.D. Vance, in linea con quanto aveva dichiarato nella Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, ha avvertito gli europei di non esagerare in Romania.

Imbarazzato silenzio invece tra le forze “democratiche europeiste”, a conferma che l’ipocrisia domina trasversalmente a Bruxelles e che l’autoritarismo non è una prerogativa solo di Orban. In Italia, l’unica eccezione – tolte le prevedibili rodomontate di Salvini – è stata quella di Renzi.

L’estromissione definitiva di Georgescu rappresenta indubbiamente un duro colpo per l’Alleanza per l’Unione dei Romeni (AUR), la formazione nazionalista di destra che lo aveva sostenuto nelle precedenti elezioni.

Con le elezioni presidenziali ormai imminenti, l’Aur deve ora indicare un nuovo candidato che possa capitalizzare il diffuso sentimento di rabbia cresciuto nel paese sia verso le classi dirigenti che contro l’Unione Europea. Tra i nomi in circolazione ci sono quello di George Simion, attuale leader dell’AUR, e quello di Claudiu Tarziu.

Quello che sta emergendo da esperienze come la Moldavia, la Georgia ed ora la Romania, è che le elezioni democratiche sono diventate da tempo un totem inerte. Per l’Unione Europea o gli USA il loro esito dovrebbe essere sempre scontato: deve vincere per forza il nostro o la nostra candidata. Ma la realtà sta mandando da tempo segnali ben diversi, non certo bellissimi sul piano dei soggetti in campo, ma pienamente legittimi sul terreno democratico.

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3 Commenti


  • lino

    L’elemento non secondario che il tipo sia un fascista lo tralasciate, e pur dando per scontato che l’UE ”vuole” metterlo da parte perchè filorusso e fuori linea, bisognerebbe denunciare il vuoto che la sinistra marxista lascia anche in questo caso.


    • Redazione Contropiano

      Noi capiamo bene la logica imperiale della “ingerenza umanitaria”, per cui ogni sistema politico fuori del nostr paese deve assomigliare a quello del nostro paese…
      Ma non funziona così il mondo.
      La sedicente “democrazia occidentale” è alle prese con uno stress test dopo aver tollerato per decenni che frange fasciste facessero ogni tipo di lavoro sporco, ma utile…
      Ora c’è il problema che quelle frange sono cresciute esponenzialmente grazie dall’impoverimento generale provocato dalla massima libertà per il massimo profitto. E niente a chi lavora…
      Eterogenesi dei fini. Ora chiedono ai poveri che hanno creato di difenderli dai mazzieri che gli avevano scatenato contro… Non finirà bene.


  • Ta

    Che il tipo sia un fascista, all’UE non frega assolutamente niente. All’UE i fascisti vanno benissimo, purché anti-russi (vedi Ucraina, Stati baltici ecc).

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