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Trump e gli Houthi, una “vittoria” per nascondere una sconfitta

Ha suscitato autentica sorpresa, qualche giorno fa, l’improvvisa affermazione di Donald Trump sugli Houthi (AnsarAllah) dello Yemen: “si sono arresi, non siamo più in guerra con loro. Sorprendente non solo perché gli stessi guerriglieri non confermavano la notizia, ma soprattutto perché nelle stesse ore lanciavano un paio di missili verso Israele, che pure aveva giurato di aver azzerato quanto meno le infrastrutture portuali del paese.

Che cos’è accaduto, insomma? Un articolo del New York Times, qualche giorno dopo, ha fornito dettagli ancora più sorprendenti.

Trump era già abbastanza “frustrato” per l’assenza di risultati evidenti nell’operazione Rough Rider, finalizzata appunto ad indebolire sostanzialmente la capacità operativa di Ansar Allah di colpire le navi in transito nello stretto di Bab el Mandeb, all’ingresso del Mar Rosso e verso il canale di Suez (costringendo così le navi del solo Occidente a fare il periplo del continente africano).

Soltanto nel primo mese di attacchi – condotti impegnando due portaerei, bombardieri B-2 e caccia, nonché difese aeree Patriot e Thaad – erano andati perduti ben sette droni Predator da 30 milioni l’uno e due caccia F/A-18 Super Hornet, caduti dal ponte in due diverse occasioni, quando la portaerei aveva dovuto fare manovre di “evasione” in piena velocità per evitare di essere colpita da un missile yemenita.

I Predator sono droni di grandi dimensioni, ricchi di tecnologia di rilevamento elettronico, e doverne limitare l’utilizzo riduce enormemente la conoscenza dei punti da attaccare più rilevanti per le difese Houthi (è risaputo che in questo tipo di guerra le batterie antiaere o missilistiche, anche se tecnologicamente un po’ “datate”, sono comunque mobili. Insomma, non stanno lì ad aspettare di essere individuate e colpite).

La somma delle perdite, in soli 30 giorni, è così arrivata ad un miliardo di dollari. Una cifra in fondo piccola nel bilancio del Pentagono, ma certamente sproporzionata se spesa per combattere un nemico così “minimo” come Ansarallah…

Il peggio però è arrivato nei giorni scorsi quando, secondo funzionari “ben informati” sentiti dal Nyt, un numero non specificato di caccia F-35 e F-16 è stato quasi abbattuto dalle difese aeree Houthi. Il che era assolutamente imprevisto, dato che quelle batterie antiaeree di fabbricazione russa sono una fornitura “di seconda mano” da parte dell’Iran.

Un rischio alto corso per ottenere risultati in fondo irrilevanti, visto che le stesse agenzie di intelligence Usa hanno verificato che i danni inferti agli Houthi erano facilmente riparabili, e in poco tempo.

Al dunque, però, Trump avrebbe chiesto un rapporto sui “progressi” compiuti con i bombardamenti, non avendo alcuna intenzione di restare impelagato in un mini-conflitto dagli alti costi contro un nemico considerato “minimo”.

E qui arriva il vero scoop del New York Times: in 30 giorni gli Stati Uniti non erano nemmeno riusciti a stabilire la “superiorità aerea” sugli Houthi.

Bisogna districarsi nelle trappole del linguaggio specialistico militare, altrimenti si prendono lucciole per lanterne. E’ chiaro infatti che gli Houthi non dispongono di aviazione, quindi la “supremazia” Usa nei cieli non è nemmeno in discussione.

Superiorità” però significa – in quel linguaggio – possibilità di operare a piacimento, senza alcun disturbo né rischio (come l’aviazione israeliana che bombarda Gaza o la Cisgiordania, insomma). Le perdite subite e i rischi di doverne registrare anche di più gravi, invece, escludono che questa condizione sia stata realizzata o facile da conseguire a breve termine.

Per operare in relativa tranquillità, insomma, l’aviazione Usa ha dovuto condurre attacchi “stand off”, ossia da molto lontano, e dunque con precisione inevitabilmente minore (ridotta ulteriormente dalla carenza di Predator, più facili da abbattere).

In fondo, dice il Nyt, è la stessa tattica che hanno dovuto adottare i jet israeliani quando hanno attaccato l’Iran. Anche il quel caso la propaganda di Tel Aviv aveva celebrato “successi” favolosi, parlando addirittura di “azzeramento” delle difese contraeree di Tehran. Ma pare che le cose stiano un po’ diversamente.

La “resilienza” Houthi, condotta oltretutto con mezzi di “seconda mano”, dimostra che attacchi portati troppo da vicino avrebbero un costo molto alto.

Così “tante munizioni di precisione sono state utilizzate, specialmente quelle avanzate a lungo raggio, che alcuni pianificatori di emergenza del Pentagono stavano diventando sempre più preoccupati per le scorte complessive e le implicazioni per qualsiasi situazione in cui gli Stati Uniti potrebbero dover respingere un tentativo di invasione di Taiwan da parte della Cina“, racconta il Nyt.

Il che apre interrogativi molto più complicati per qualunque pianificazione militare futura. Se gli Stati Uniti non sono in grado di condurre operazioni in sicurezza vicino allo spazio aereo dello Yemen, con le sue cosiddette difese aeree “rudimentali”. E gli F-35 – definiti “i caccia più avanzati mai assemblati” – non sono in grado di operare in sicurezza senza essere rilevati da una difesa aerea in fondo “arretrata” come quella Houthi, come gestirebbero i celebrati F-35 e B-2 (sia statunitensi che israeliani) la rete di difesa aerea iraniana, molto più grande e più avanzata?

Di fatto, sta diventando chiaro che l‘Occidente neoliberista ha passato decenni a costruire un’intera dottrina di guerra che sta diventando obsoleta – basata su armi hi-tech, ad alto costo, che non possono essere riprodotte su larga scala. Armi però contrastabili con efficacia anche da sistemi meno avanzati ma dal costo molto minore, e quindi impiegabili in numero significativamente maggiore.

Un esempio concreto si è avuto nella risposta iraniana ai bombardamenti israeliani: una massa di droni lenti e poco costosi che ha “saturato” le capacità del celebrato sistema Iron Dome di Tel Aviv, aprendo così la strada a normali missili balistici che arrivavano sui bersagli un attimo dopo, quando le batterie contraeree erano ormai “scariche”.

Ovvio che gli alti comandi militari occidentali stiano ragionando su come aggiornare armamenti e dotazioni. Ma ogni cambio di paradigma, anche quelli militari, ha bisogno di tempo, soldi, idee.

E non si trovano schioccando le dita…

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1 Commento


  • Massimo Rubin

    Credo che sarà proprio la tecnologia low cost e la diffusione sempre maggiore di notizie che permettono a sempre più persone di comprendere realtà e complessità di situazioni geopolitiche un tempo appannaggio solo di esperti a sconfessare e sconfiggere l occidente globale e la sua arroganza mascherata da buone intenzioni ipocrite e fallsa democrazia

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