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L’Occidente soffia ancora sulla destabilizzazione dei Balcani 

Dalla frantumazione della Jugoslavia, i Balcani non hanno mai smesso di rappresentare il simbolo di quel dividi et impera di Romana memoria che ha guidato gli imperialismi occidentali all’imposizione dei propri interessi in giro per il mondo. 

Ancora oggi, la situazione nella penisola è incandescente, con continue tensioni dove la longa manus dell’Occidente prova a giocare le sue carte contro l’affermarsi del multipolarismo. 

La nuova “Triplice Alleanza”

Alla fine di marzo, la Croazia e il Kosovo hanno firmato a Tirana insieme all’ospitante Albania accordi sulla cooperazione militare che prevedono la lotta congiunta contro le minacce esterne. 

Il documento principale si compone di quattro punti e prevede cooperazione tra le parti nell’addestramento e nello svolgimento di esercitazioni congiunte del personale militare. A ciò si aggiungono lo scambio di informazioni di intelligence e soprattutto il “coordinamento delle politiche e delle posizioni dei partecipanti con le strutture multilaterali euroatlantiche nel campo della sicurezza e della difesa”. 

In questa nuova “Triplice alleanza” balcanica, Croazia e Albania sono membri Nato dal 2009, mentre il Kosovo per voce della sua presidenza Vjosa Osmani continua a premere per l’entrata del Paese nell’Alleanza atlantica. 

A cavallo tra luglio e agosto sono previste esercitazioni militari della Triplice nell’Albania settentrionale e nell’ex Krajina serba in Croazia, aree confinanti con il Kosovo e la Serbia, come a voler infuocare la già instabile situazione che attraversa quest’ultima. 

Il ruolo della Turchia e della Nato

Alcuni media russi sottolineano il ruolo della Turchia in questa vicenda. All’inizio di gennaio, il Kosovo ha siglato un accordo con la società turca “Mechanical and Chemical Industry Corporation” per la creazione entro ottobre 2025 di impianti industriali nel Paese per la produzione di munizioni e droni. 

A questo va aggiunto che la modernizzazione delle cosiddette “forze di sicurezza” kosovare sotto l’egida della Nato ha beneficiato di investimenti esteri per circa 240 milioni di euro provenienti da aziende specializzate di Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Turchia e Stati Uniti. 

Non meno attivo è il corridoio creato alla fine degli anni ‘90 per la consegna a Pristina di carichi tecnico-militari attraverso i porti dell’Albania settentrionale. La Nato inoltre monitora lo spazio aereo con droni statunitensi come il MQ-9A Reaper e Challenger 650 Artemis, un veloce jet privato di lusso, modificato per agire come aereo-spia e intercettare le comunicazioni altrui. 

Una simile militarizzazione dei Balcani ricorda da vicino la vigilia dei bombardamenti Nato del 1999, con D’Alema attore protagonista per l’allora governo italiano di centro-sinistra. 

Serbia e Macedonia, due focolai su cui soffia l’Occidente

Se a Belgrado e in altre città serbe continuano le proteste in primis studentesche contro il Presidente Vučić, la vicina Macedonia del Nord sembra essere oggetto di attenzioni da parte delle forze filooccidentali.  

Lo scorso marzo, attivisti serbi antigovernativi sono stati arrestati nella capitale Skopje con l’accusa di voler organizzare disordini nel Paese e alimentare così i venti di destabilizzazione dell’area, dove l’adesione macedone ai desiderata occidentali non appare garantita.  

La Macedonia del Nord è entrata nella Nato nel 2020 con un processo di adesione lampo formalizzato dall’Unione socialdemocratica di Macedonia (Usm). Salita al potere nel 2019, l’Usm ha cambiato nome al Paese e ha pacificato il rapporto con la Grecia con l’accordo di Prespa. 

Nel 2024 tuttavia il Partito democratico per l’unità nazionale macedone è tornato al governo, riprendendo la retorica contro la minoranza albanese e, di converso, alimentando le richieste di chi vorrebbe la creazione di un “Kosovo di Macedonia” per gli albanesi su circa un terzo del territorio macedone.  

Un nuovo Maidan all’orizzonte?

La controffensiva occidentale all’avanzata dei Brics e delle altre alleanze a trazione multipolare ha nei Balcani un punto della più generale strategia di recupero di consenso, o per meglio dire sottomissione, di vaste aree del Sud Globale. 

Le batoste franco-europee in Africa fanno da contraltare ai bombardamenti americano-sionisti in Medio Oriente. Col parziale disinvestimento Usa in Ucraina, la posizione della Serbia nei Balcani si fa più difficile, accerchiata com’è da spinte pro-Ue e -Nato con cui il Paese non può che fare i conti, date le difficoltà di mantenere rapporti commerciali con la Federazione russa, fornitura di armi e armamenti comprese. 

L’inadeguatezza italiana e il silenzio dell’Ue

Non sorprende invece la totale nullità delle istituzioni italiane in qualsiasi dossier di rilievo per il Paese, come quello dei vicini Balcani. Anzi, il Presidente Mattarella non ha trovato di meglio da fare che visitare l’omologo croato nel giorno in cui circa 500 mila persone hanno assistito a Zagabria al concerto di Marko Thomposn, ex militare oggi “cantore” dei peggiori rigurgiti nazifascisti nella patria degli Ustascia.  

Il più grande raduno fascista dai tempi Seconda guerra mondiale”, l’hanno definita i media serbi, che hanno accusato l’Ue di silenzio complice verso l’evento. Non c’è di che star sereni…

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