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Altri cento arresti nel Regno Unito tra i solidali con Palestine Action

Sabato è stata un’altra giornata di proteste nel Regno Unito, con piazze schierate a fianco della resistenza palestinese come da quasi due anni a questa parte. Ieri, però, il livello della repressione britannica ha raggiunto livelli molto preoccupanti nei confronti dei manifestanti che protestavano contro la messa al bando della rete Palestine Action.

L’organizzazione è stata dichiarata illegale ai sensi del Terrorism Act del 2000 lo scorso 5 luglio, dopo che qualche giorno prima dei suoi attivisti erano entrati nella base area di Brize Norton, vicino Oxford, per imbrattare due velivoli con della vernice causando danni, dicono le autorità, per circa 7 milioni di sterline.

Nonostante i vari appelli sostenuti da importanti figure pubbliche del Regno Unito, alla fine il governo Starmer ha proceduto a dichiarare Palestine Action un’organizzazione terroristica, obbligandone la messa al bando. Ora, l’appartenenza ad essa o anche il semplice sostegno comportano accuse che si traducono in pene fino a 14 anni di reclusione.

Questo non ha spaventato i solidali con la Palestine e con la rete di attivisti, che hanno continuato a scendere in piazza criticando questo atto repressivo, considerato un grave colpo alla libertà di parola. La scorsa settimana, già 41 manifestanti sono stati arrestati di fronte al Parlamento britannico, ma ieri l’attività di polizia ha fatto un ulteriore salto di qualità.

Sabato varie piazze sono state chiamate per denunciare ancora una volta il genocidio in Palestina, il sostegno di Londra a Tel Aviv, e la messa al bando di Palestine Action. I manifestanti si sono radunati non solo di fronte a Westminster, ma anche a Manchester, Edimburgo, Bristol e Truro, portando con sé dei semplici cartelli.

Stando ai dati per ora diffusi dalla polizia e da Defend Our Juries, un’altra organizzazione che si occupa di denunciare le violazioni della libertà di parola, le forze dell’ordine avrebbero arrestato ben 97 attivisti. In sostanza, il doppio delle persone tratte in custodia nel corso di tutto il mese. Poiché anche indossare un semplice gadget di Palestine Action può comportare sei mesi di reclusione, è facile capire come si sia avuta questa escalation repressiva.

Mentre venerdì i 4 appartenenti all’organizzazione arrestati per i fatti di Brize Norton sono comparsi in un’udienza preliminare, che ha confermato il processo e il suo inizio nel gennaio 2027, Huda Ammori, co-fondatrice di Palestine Action, domani parteciperà a un’altra udienza, presso l’Alta Corte di Giustizia di Londra, per ottenere l’autorizzazione a presentare una revisione della messa al bando. La vicenda sembra destinata a continuare, nelle aule giudiziarie così come nelle strade.

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