Tutti riammessi nel Parnaso dell’Occidente, ovvero della democrazia bellica.
Ieri mi è capitato sotto l’occhio tal Tommaso Ciriaco che su Repubblica ha impegnato una pagina intera circa una collina irta di Croci che in Lituania simboleggia l’orgoglio nazionale nella lotta contro gli invasori russi, cioè gli atei, i cristiani di rito greco, insieme, e sommamente i comunisti. Celebrando così l’indomito spirito della Lituania – paese ospitante il summit della Nato – nella lotta contro l’autocrazia.
I popoli baltici divenuti col loro eroismo la punta di diamante dell’Occidente nella strenua lotta contro l’oriente (russo-cinese, la nuova Persia), sede del dispotismo e dell’arbitrio. I biondi ariani del Baltico, addizionati dei finnici, dei polacchi e altri abitatori di marche di confine, sino ai bulgari e ai moldavi, come la nuova Grecia. E del resto già Heidegger aveva teorizzato l’affinità fra l’alto tedesco e il greco antico.
Una sfacciata menzogna. Si dà il caso infatti che i lituani, come del resto gli ucraini occidentali, siano anche noti per il sostegno zelante offerto ai nazisti, specie nello sterminio degli ebrei. Che all’epoca costituivano una parte rilevante della popolazione ivi insediata. Vilnius era a tutti gli effetti una città ebraica.
Lo sterminio è stato così efficace (si parla di circa 300.000 soppressi, spesso a bastonate, barbarie testimoniata da innumerevoli reperti), che nella Lituania odierna di quella componente umana non rimane alcuna traccia. Una pulizia etnico-religiosa perfettamente riuscita. Un tragico tratto storico incastonato a lettere cubitali nella rivendicata identità nazionale dello stato risorto dalle ceneri dell’Urss.
L’Europa, all’atto dell’ingresso di tali paesi nell’Unione, ha sollecitato blande autocritiche autoepuranti, che però sono state bellamente aggirate. Il Centro Simon Wiesenthal continua a catalogare la Lituania, assieme a un gruppo di altri stati – fra i quali la Norvegia, la Svezia, l’Ucraina, la Romania (guarda caso tutte new entry della Nato) – come categoria F, cioè stati del ‘fallimento totale’, nei quali ci si rifiuta di indagare e men che meno perseguire i criminali nazisti.
In Lituania sentenze di tribunale hanno giudicato lecito esibire svastiche e qualunque tentativo di rettificare una toponomastica imbarazzante è stato criminalizzato godendo di alto sostegno popolare. Anche per questo Zelensky è stato accolto a margine del convegno della Nato da grandi manifestazioni di simpatia. Stessa storia in comune.
Una affinità ‘ucraina’ che del resto vale anche per Estonia e Lettonia (altre new entry Nato), paesi nei quali sono attuate politiche di naturalizzazione forzata della popolazione russofona, esattamente come nel Donbass, pena l’esclusione dai diritti civili di cittadinanza (in Estonia il 14 % della popolazione ivi residente non ha diritto di voto). E la chiamano Europa…
Queste riscritture apologetiche della storia sono vere e proprie falsificazioni il cui scopo è reintegrare il nazi-fascismo, denaturato delle sue componenti più ‘asiatiche’ per obnubilazione, nell’alveo cd. democratico della cultura occidentale. Sostanzialmente accettandolo, come innocuo, nello statuto delle identità nazionali convertitesi nell’Unione allargata.
La stessa equipollenza statuita dal parlamento europeo sotto la guida di Sassoli (uomo la cui raffinatezza era peraltro incomparabile con la rozzezza attuale della Metsola) ha significato di fatto una riabilitazione surrettizia del nazi-fascismo e la reclusione definitiva del comunismo nella damnatio memoriae dell’Occidente euro-atlantico. Il comunismo, non più il nazi-fascismo, è la sponda maledetta, lo specchio infranto, rispetto alla quale si definisce l’identità europea.
Le operazioni di ‘umanizzazione’ del nazi-fascismo sono ormai un florilegio giornalistico quotidiano, che a breve interesserà la stessa filmografia para-hollywodiana. Il nazista dell’Azov, celebrato da Gramellini sotto il ‘cielo di stelle’ della legge morale di Kant, è ormai solo un esempio fra i tanti. Un classico. Anche fra i nazisti albergarono, e albergano, “uomini buoni”. Cosa inibita per definizione ai russi e ai comunisti.
La rilettura dell’antagonismo di civiltà come scontro fra democrazia e autocrazia ricalca a pennello la vulgata classica che opponeva la civiltà greco-romana (sottacendo la loro comune natura schiavistica e oligarchica) al mondo ‘Barbaro’, rozzo, informe, primitivo. Poi evoluta come contrapposizione fra Occidente, spazio dell’individuo e della “libertà”, e Oriente, spazio del dispotismo e dell’arbitrio.
La lettura è la stessa proposta da Ernst Junger nel suo celeberrimo “Il nodo di Gordio“. L’errore del nazismo non fu l’aggressione alla Russia, ma la mancata chiusura del fronte occidentale, parte del mondo del quale era comunque partecipe il soldato tedesco. Se i nazisti avessero trattato i popoli slavi sottomessi come liberi alleati anziché servi, le cose sarebbero andate diversamente. La tragedia del nazismo fu in sintesi di incorporare dentro di sè, nel suo mix, troppo ‘oriente’ a scapito di un ‘occidente’ del quale pure faceva parte.
Una tesi che fa il paio, qui da noi, con una lettura quasi omologa del fascismo quale proposta dai ‘revisionisti’. Se Mussolini non si fosse alleato con Hitler adeguandosi alle leggi razziali, la dittatura del ventennio sarebbe stata se non accettabile quantomeno giustificabile di fronte alla minaccia eversiva di ‘fare come in Russia‘. Il fascismo come legittima contro-rivoluzione preventiva.
La fedeltà atlantica, cioè l’Occidente capitalistico a guida americana e ad egemonia dell’anglo-sfera come fortezza della libertà, satura ormai completamente l’intero spazio delle differenze politiche, di fatto annullandole in un unico pensiero. Con grave nocumento per gli ingredienti critici di democrazie, peraltro già economicamente svuotate.
L’Europa non è ormai null’altro che una protesi amministrativo-economicista del mondo atlantico. I capi di stato europei si ritrovano sotto l’egida della Nato ed è li che si fanno ritrarre nelle pose che contano. Da veri ‘sovranisti’.
La dittatura dei media mainstream è ormai un dato acquisito, dove i Ciriaco, i Gramellini e altri aedi a pagamento attendono a un immaginario unico dove domina la reinvenzione più sfacciata quanto ardimentosa di ogni ‘tradizione’ e la critica è additata come una indecenza, una maleducazione da sopportare dando prova di misurata tolleranza.
Non so quanti se ne siano resi conto, ma le recenti elezioni politiche in Italia hanno segnalato un passaggio di valenza epocale. Il Pd, cioè la ‘sinistra ufficiale’ e certificata, sotto la guida di Letta e dell’intero gruppo dirigente, senza alcuna smagliatura, ha deliberatamente deciso di non usare l’anti-fascismo come arma polemica nel contrasto alla destra radicale. Essendo che il vero criterio adottato nella partizione del campo politico è stato la fedeltà atlantica.
Al di là del vallo i nemici, gli orientali, al di qua dei semplici competitori ‘occidentali’, con qualche idea differente ma uniti nella difesa del proprio campo geo-politico, secondo il più autentico spirito ‘democrat-veltroniano’. Così in un battibaleno, senza neppure una ratifica congressuale di un evento di portata ben maggiore di Bad Godesberg, è stata annullata la frattura fascismo/antifascismo.
Lo stesso Letta, per non parlare di Draghi e di altri autorevoli campioni del liberalismo e persino del liberal-socialismo, ha a più riprese accreditato la leader del partito post-repubblichino. Se non si arriverà a celebrare la repubblica di Salò è solo perché la Repubblica dovrebbe negare se stessa, ma non è detto che il veto resti per sempre.
Nel frattempo essendo già più che sufficiente, l’aver inquadrato la ‘Resistenza ucraina’ come forma aggiornata del quadro grandioso della Resistenza europea. Anche in tal caso con un clamoroso escamotage storico.
Il nazi-fascismo, ammansito e risublimato all’insegna dell’aggressività atlantica è fra noi. Riverginato democraticamente e a pieno titolo. Dalle fogne alle stelle (e strisce). Siamo rimasti noi, ‘putiniani’, ‘russofili’, ‘papisti’, pacifisti, comunisti e altri clandestini, pentastellati e altri pellegrini sulla via della seta, l’ultima sentinella della democrazia. I resistenti al falso, alla propaganda, all’ipocrisia. L’altro occidente.
Perché se il mondo è un globo c’è sempre un Occidente più a ovest dell’impero che ne detiene il titolo…
* da Facebook
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