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La Knesset è pronta a introdurre la pena di morte per i cosiddetti ‘terroristi’

Nella giornata di domenica 28 settembre la Commissione per la Sicurezza Nazionale della Knesset, il parlamento israeliano, ha dato il via libera alla discussione di un disegno di legge che introdurrà la pena di morte per coloro che sono accusati di terrorismo. Il che, considerata la concezione di ‘terrorismo’ che hanno le autorità sioniste, significa una minaccia a tutti i palestinesi che lottano per la propria libertà.

Ad oggi, la pena di morte è prevista dalla legislazione israeliana solo in casi molto particolari e, ironicamente, per genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità: ovvero, quello che perpetra giornalmente Tel Aviv. Con la nuova legge, essa sarebbe estesa ai responsabili della morte di un israeliano per motivi legati a questioni nazionalistiche.

Per la precisione, il testo di legge fa riferimento a un omicidio “motivato da razzismo o ostilità verso il pubblico, e compiuto con l’obiettivo di danneggiare lo Stato di Israele e la rinascita del popolo ebraico nella sua terra“. Una dicitura che verrebbe in sostanza sovrapposta all’accusa di ‘terrorismo’, ovvero di aver lottato contro l’occupazione e l’apartheid israeliana. Questo è reso ancora più chiaro da una postilla della norma: la legge, infatti, non varrà nel caso sia un israeliano a uccidere un palestinese.

Questa è la natura di quella che i complici del genocidio chiamano “l’unica democrazia del Medio Oriente“, che del resto ha già messo per iscritto in una delle sue leggi costituzionali che Israele è uno stato etnico-religioso, e in cui l’autodeterminazione è concessa solo agli ebrei israeliani. E questo nel 2018, ben prima del 7 ottobre.

Questo disegno di legge per allargare l’uso della pena di morte è stato fortemente voluto dal ministro della Sicurezza Nazionale, Ben Gvir. All’interno della Commissione parlamentare ha ricevuto 4 voti positivi contro 1 solo negativo. Ma non perché ci sia davvero contrarietà a una legge dal contenuto raccappricciante. Gilad Kariv, unico a votare contro il disegno di legge, ha urlato agli altri parlamentari le ragioni della sua contrarietà: “vergognatevi, ci sono degli ostaggi!

La preoccupazione, insomma, è solo che l’evidente escalation di violenza che un provvedimento del genere porterà possa portare a reazioni da parte dei combattenti palestinesi nei confronti dei prigionieri israeliani. Del resto, anche Gal Hirsch, il responsabile indicato da Netanyahu per la ‘questione ostaggi’, si è opposto al passaggio in aula di tale legge perché, a suo avviso, potrebbe avere un immpatto negativo sugli sforzi per liberarli.

Persino il consulente legale della Commissione, Iddo Ben Yitzhak, aveva affermato che qualsiasi votazione sul disegno di legge tenutasi durante la pausa della Knesset è invalida perché la discussione precedente alla votazione non ha potuto includere il contributo dei rappresentanti delle agenzie di sicurezza e non ha avuto un dibattito sostanziale sulle disposizioni del disegno di legge.

Per Ben Gvir, al contrario, la norma “consentirà di riportare a casa gli ostaggi” e dimostrerà alla resistenza palestinese che “c’è un prezzo da pagare per quello che hanno fatto” il 7 ottobre 2023. Persino Riccardo Noury, responsabile di Amnesty International Italia, ha fatto notare che “affermare che la pena di morte per terrorismo contribuirebbe al ritorno in libertà degli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas è paradossale, e infatti le loro famiglie si sono schierate contro“.

Il Comitato pubblico contro la tortura in Israele, una ONG israeliana per i diritti umani, ha sostenuto che questa norma innescherebbe solo un nuovo ciclo di violenze. Anche la Società dei Prigionieri Palestinesi si è espressa in merito, denunciando che Israele cerca di “dare copertura legale a un crimine che pratica da decenni attraverso gli abusi sistematici contro i detenuti palestinesi“.

Quella di Ben Gvir è una visione non solo vendicativa, ma si associa a una evidente volontà di punire un popolo intero per aver resistito, alla volontà di portare a termine il genocidio. Il ministro si era vantato delle condizioni degradanti in cui sono i detenuti considerati quali ‘terroristi’, e tuttavia si è lamentato di non aver potuto ulteriormente peggiorare la situazione perché “non è giusto, non è appropriato, perché ciò farebbe infuriare i terroristi e potrebbe provocare un’intifada“.

Ben Gvir sarebbe probabilmente contento se i palestinesi continuassero la propria resistenza, perché così avrebbe la scusa per realizzare la totale pulizia etnica di quel popolo. Ma il nodo centrale rimane quello sottolineato dalla Società dei Prigionieri Palestinesi: i detenuti che sono imprigionati e sottoposti a condizioni disumane, fino alla morte.

Persino l’Alta Corte di Giustizia di Israele ha stabilito che nel sistema penitenziario del paese i prigionieri palestinesi non venivano nutriti adeguatamente. Per Ben Gvir, questa decisione non ha fatto altro che aiutare Hamas e, a suo avviso, ha dato la spinta all’attacco a un bus a Gerusalemme, dove sono morte 6 persone.

Inoltre, rimangono i dubbi di molti esperti per la facilità con cui tale legge potrebbe essere applicata verso tanti altri prigionieri. Bisogna ricordare che negli ultimi due anni Israele è tornato ad applicare la Legge sui combattenti illegali, che permette di arrestare chiunque sia sospettato di essere coinvolto in attività ostili contro Israele o di porre una minaccia alla sicurezza dello stato, senza limiti di tempo o obbligo di fornire prove o circostanziare le accuse.

A inizio settembre, Local Call, +972 Magazine e il britannico The Guardian hanno rivelato come, dai dati dell’intelligence israeliana, sia emerso che solo un quarto delle persone detenute sotto la Legge dei combattenti illegali sarebbe sospettata di affiliazione ad Hamas o a un movimento vicino: 1.450 individui sui 6 mila.

Il poco rispetto per i diritti umani e per procedimenti trasparenti, oltre alla facilità con cui le accuse vengono ampliate e manipolate, solleva preoccupazione anche per questi detenuti. E tutto ciò rende chiaro, una volta di più, che i sionisti stanno portando avanti un genocidio con tutti gli strumenti possibili.

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