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Il pasticcio francese va marcendo

Se non fosse una situazione a suo modo drammatica, potremmo dire che in Francia siamo alle comiche finali.

Non pago di aver fatto battere al diletto Sebastien Lecornu il record negativo di durata per un primo ministro – 14 ore; lista dei ministri presentata di sera e dimissioni la mattina dopo – Emmanuel Macron ha tirato fuori dal cilindro la penultima mossa possibile: nominare il quarto kamikaze in un anno disposto a fingere di cercare una maggioranza in Parlamento per far approvare un piano di tagli e nuove tasse di cui nessuno è disposto ad assumersi la paternità.

Per di più, ha di fatto obbligato il povero (di spirito) Lecornu a dare lui stesso il surreale annuncio in un’intervista in prima serata su France 2. Con un discorso pasticciato e pieno di silenzi l’ancora ministro della difesa – incaricato dal predecessore Bayrou, dimissionario un mese fa – ha dovuto spiegare che ritiene la sua “missione compiuta”, anche se non è riuscito a formare una maggioranza parlamentare.

Per spiegare il paradosso, però, ha dovuto svelare qualche problemino che adesso sta sul tavolo di Macron e quindi su quello del prossimo kamikaze. In pratica ogni capo di partito disposto a far parte della maggioranza ha una sua diversa soluzione per il debito pubblico fuori controllo. Non solo. Ognuno nutre anche la segreta speranza di essere in candidato “centrista” alle prossime presidenziali, se o quando Macron sarà costretto a gettare la spugna.

Il che costringe ora l’inquilino dell’Eliseo a cercare un nome che non abbia questa pretesa sul futuro, e che quindi non sfrutti l’incarico da primo ministro per costruirsi una credibilità che metta in ombra lo stesso Macron.

Preoccupazione eccessiva, potremmo dire, perché appare semplicemente impossibile che il banchiere prestato alla politica – lavorava ai vertici di Rotschild, non una banca qualsiasi – possa restare in gioco per qualsiasi incarico pubblico. Ma anche l’eventuale kamikaze si coprirà in poche settimane di dileggio e odio popolare.

Il lavoro svolto da Lecornu è diventato un po’ più chiaro quando ha spiegato di aver negoziato con “partiti politici che sono sostanzialmente pronti a concordare un bilancio comune e partiti di opposizione che vogliono anch’essi questa stabilità ma stanno ponendo delle condizioni. Credo che una strada sia possibile“.

Il che ha fatto pensare a tutti che i socialisti – già distrutti una volta dal duo Hollande-Macron (allora in veste di ministro delle finanze) – siano pronti a sacrificarsi definitivamente sull’altare dell’austerità e della distruzione dello stato sociale, a partire soprattutto dal sistema pensionistico, che i loro predecessori (tra cui Mitterand) avevano costruito.

Del resto, il livello di commistione quasi incestuosa tra classe politica e sistema mediatico in Francia è comprovato dal fatto che per fare questo “grande annuncio” Lecornu si è fatto intervistare da Léa Salamé, notissima giornalista – certo – ma anche altrettanto nota come compagna di Raphael Glucksmann, il “post-socialista” che da anni si candida a “ricostruire la sinistra” sulle ore di… Tony Blair. E che potrebbe dar via libera a un “governicchio di salvezza nazionale” per approvare almeno la legge di bilancio e i tagli sociali conseguenti.

Il collante che tiene appiccicata la pattuglia parlamentare “socialista” a gollisti e macroniani sarebbe, secondo Lecornu, è banalissimo: la “maggioranza assoluta dell’Assemblea Nazionale” è contraria al suo scioglimento. Anche perché molti centristi difficilmente possono sperare in una rielezione.

Così dovremo attendere fino a domani sera per conoscere il nome del pallido incaricato al ruolo di bersaglio delle mozioni di censura parlamentari (ricordiamo che non dovrà avere ambizioni presidenziali, né essere stato troppo esposto finora).

Ma intanto crescono i timori “europei” per una crisi del secondo “motore” della UE che non sembra conoscere fine. E’ chiaro a tutti, infatti, che qualsiasi sia la prossima tornata elettorale – parlamentare o presidenziale – il pallino finirà in mano ai fascisti di Marine Le Pen e del giovane Bardella. Con l’opposizione affidata soprattutto a La France Insoumise di Jean-Luc Mélénchon, mentre “il centro” sarà un frullato di frazioni assai poco consistente (oltretutto il sistema elettorale maggioritario taglia programmaticamente via le forze minoritarie).

A quel punto si avrebbe la situazione più temuta a Bruxelles, che vede ormai aumentare a dismisura il numero di paesi governati da forze “europeisticamente inaffidabili” – oltre a Ungheria, Slovacchia e probabilmente anche la Repubblica Ceca, se Babis riuscirà a formare un governo, con la Meloni sempre sotto osservazione speciale – proprio mentre la folle von der Leyen spinge per far diventare la guerra da “rischio” a “realtà”.

E questo senza dimenticare che anche la Spagna ha problemi simili (Sanchez resta in sella, ma indebolito dalle accuse di corruzione alla moglie) e soprattutto la Germania vede i nazisti ormai al 30% nei sondaggi, con la quasi certezza che arriveranno al potere quando l’altro super-demente – il cancelliere Merz – avrà ormai fatto partire il programma di riarmo per fare dell’esercito tedesco di nuovo “il più potente d’Europa”.

Allacciate le cinture…

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1 Commento


  • Mara

    Uno schifo totale la prospettiva europea del futuro

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