A quanto pare il “socialismo democratico” è un virus che sta contagiando le metropoli statunitensi, contraddicendo la sbornia “Maga” che sembra espressione delle campagne e del “profondo Sud” con nostalgie confederate.
La “socialista” Katie Wilson ha infatti sconfitto l’ormai ex sindaco di Seattle, Bruce Harrell, anche lui come Andrew Cuomo sostenuto dall’establishment del partito democratico, nella corsa a sindaco della città. Stiamo parlando della “capitale economica” dello Stato di Washington, sul Pacifico, porta di ingresso di quella Sylicon Valley che pareva passata dai sogni “libertari” alle paranoie “transumanistiche” più reazionarie di amministratori delegati come Peter Thiel, di Palantir (è arrivato a descrivere Greta Thurnberg come “l’Anticristo”).
E invece ecco venir fuori dalla città del grunge (Nirvana, Pearl Jam, Alice in Chains, Soundgarden, ecc) un’altra figura che scompagni il quadro politico fin troppo ossificato tra nazi-trumpiani e inguardabili cariatidi della conservazione (“dem” o “repubblicani perbene”, le stesse persone).

L’ex sindaco Harrell ha ammesso la sconfitta solo stamattina, quando il distacco nello scrutinio, comunque abbastanza ridotto, è diventato inammissibile per chiedere il riconteggio dei voti. Lo stato di Washington prescrive infatti un riconteggio automatico solo quando il margine di voti è inferiore a 2.000 e a meno della metà di una percentuale del “numero totale di voti espressi per entrambi i candidati“.
A quel punto Harrell ha anche cambiato radicalmente atteggiamento nei confronti della Wilson, affermando che sebbene le due campagne offrissero visioni diverse per governare la città, i loro valori rimanevano gli stessi. “L’amministrazione Wilson avrà nuove idee, avrà una nuova visione. Avendo vinto le elezioni, se lo sono guadagnato. Dobbiamo ascoltare i giovani elettori“. Se non puoi batterli, cerca un’alleanza…
Del resto, gli unici “risultati” che aveva potuto vantare la sua mministrazione, anche secondo i giornali locali, erano quelli di un conservatore: una diminuzione della criminalità, un aumento delle assunzioni nella polizia e la fine della supervisione federale del Dipartimento di Polizia (sotto l’offensiva di Trump contro le amministrazioni “dem”).
Proprio come a New York, la Wilson aveva sconfitto Harrell in un affollato ballottaggio per le primarie “dem”. Harrell aveva comunque finanziamenti potenti, mentre la Wilson solo le donazioni popolari. Sembrava perciò una battaglia persa in partenza, e invece la voglia di “stato sociale” ha prevalso.
L’elezione della Wilson segna la seconda vittoria progressista dopo le elezioni nella Grande Mela, solo martedì scorso.
La Wilson aveva incentrato la sua campagna sull’accessibilità economica – evidenziando le sue stesse difficoltà nel vivere quotidianamente a Seattle. Ha proposto una tassa sui profitti per aumentare le entrate (demonizzata da Harrell), protezioni più forti per gli affittuari e il miglioramento del trasporto pubblico.
Quel messaggio ha trovato risonanza in una città dove l’alloggio è diventato fuori portata per molti cittadini.
“C’è una disconnessione tra ciò che i giovani stanno vivendo nella vita di tutti i giorni oggi“, ha detto ancora Fincher. “Penso che ci sia una spaccatura nel Partito Democratico su questo, che stiamo cercando di capire“.
La Wilson si è anche impegnata a fare di più per affrontare il problema dei senzatetto, inclusa l’accelerazione della disponibilità di alloggi di emergenza, ed è stata molto critica con Harrell che appoggiava lo sgombero degli accampamenti di tende dagli spazi pubblici di Seattle (una realtà di molte metropoli Usa, dove sui marciapiedi vanno crescendo autentici “villaggi” di homeless).
Anche lei in passato – come Mamdani – aveva chiesto tagli ai fondi della polizia, ma in questa campagna ha cambiato tattica, promettendo più programmi sociali, “non di polizia“.
L’insuccesso del “dem” Harrel è un colpo per i “moderati”, che lo consideravano un prototipo del “Democratico” per riorganizzare il partito dopo i deludenti risultati del 2024. Ma proprio l’appoggio dei “Ceo” della Sylicon Valley si è rivelato per lui “il bacio della morte”.
“Quella foto dei dirigenti tech all’inaugurazione della sua campagna è qualcosa che si è cristallizzato nella mente degli elettori“, ha detto Dean Nielsen, uno stratega democratico di lunga data che sosteneva Harrell. “È diventata in qualche modo emblematica di ciò che sta accadendo nella gara: un sindaco dell’establishment che è supportato da molte di quelle stesse persone che sono ferocemente contrarie a questa visione di cambiamento sistemico“.
La Wilson in effetti non aveva mai ricoperto una carica elettiva ed è co-fondatrice della Transit Riders Union, un gruppo di pressione per il miglioramento del trasporto pubblico.
“Abbiamo sfidato un potente titolare che si aspettava di navigare tranquillamente verso la rielezione. Abbiamo affrontato più soldi di PAC aziendali di quanti ne siano mai stati spesi per attaccare un candidato in un’elezione di Seattle. Abbiamo costruito un movimento alimentato dalle persone, radicato nella speranza per il futuro della nostra città“, ha scritto stamani in un post su X, “E abbiamo vinto“.
Quanto al confronto tra la sua piattaforma e quella del neo-sindaco di New York, la Wilson ha ammesso che “Penso che ci siano molte forze simili al lavoro in questo momento. La mia carriera è stata davvero incentrata sul rimettere i soldi nelle tasche dei lavoratori… Ho deciso di lanciarmi in questa gara perché mi sono resa conto che eravamo in un momento in cui le persone comuni sentono il costo elevato di tutto, dall’affitto all’asilo nido al cibo alla benzina“.
La sua campagna, ha detto, rifletteva un crescente spostamento verso il progressismo in atto in tutti gli Stati Uniti come reazione ai fallimenti dei Democratici nello sconfiggere Donald Trump un anno fa.
Come abbiamo intravisto con la vittoria di Mamdani a New York, “E’ una rottura rivoluzionaria? Non diciamo cazzate, please… E’ una rottura irreversibile? Idem. E’ una risposta ancora molto acerba all’impoverimento di massa, e dunque alla dimensione sociale del declino statunitense come potenza egemone sul mondo. E’ il ‘sentore’, non ancora la piena consapevolezza, che ‘socialismo’ – in accezioni tanto diverse quante sono le teste, da quelle e da queste parti – è l’unica possibilità di uscire dalla corsa verso il baratro.”
Poi, certo, servirà qualcosa di molto più radicale. Ma la talpa sta ora scavando con molto impegno…
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