Menu

Il mito dell’Holodomor: quando la propaganda si traveste da storia

Ieri era il “giorno del ricordo” e il presidente ucraino Volodymyr Zelenskij ha commemorato le vittime della carestia dell’era sovietica che uccise milioni di cittadini (di cui una parte ucraini) nell’inverno del 1932-33.

L’Holodomor, che si traduce approssimativamente come “sterminio per fame”, ha assunto un ruolo sempre più centrale nella memoria collettiva ucraina da quando la cosiddetta “rivoluzione di Maidan”, nel 2014, ha portato al governo partiti dichiaratamente neonazisti (Pravij Sektor, ecc) e ha reso “religione di Stato” una serie di invenzioni propagandistiche per nulla innocenti. Nè con “illustri” progenitori.

*****

C’è una costante meravigliosa nella storia: ogni epoca è convinta di essere immune dalle bufale del passato, salvo poi cascarci di nuovo con la stessa grazia con cui un cavaliere del Trecento finiva nel fossato mentre sventolava la lancia. L’Holodomor, nella sua versione più romanzata – quella del “genocidio pianificato” come deliberato sterminio etnico – appartiene a questo genere fortunatissimo di narrazioni: quelle che non hanno bisogno di prove, ma solo di un buon regista.

Douglas Tottle, che non era un pericoloso bolscevico ma un sindacalista canadese con un debole per le fonti archivistiche, nel 1987 pubblicò Fraud, Famine and Fascism. Titolo poco sobrio, d’accordo, ma l’argomentazione è lineare: la storia della carestia del 1932-33 trasformata in “genocidio ucraino” nasce negli anni ’30 dentro un laboratorio che di storico aveva ben poco e di propagandistico moltissimo. E c’è un nome che ritorna, come certi parenti che bussano alla porta solo quando c’è da litigare sull’eredità: il signor William Randolph Hearst.

Un giornalista inesistente e fotografie prese in prestito

Il personaggio chiave della fiaba nera dell’Holodomor sarebbe Thomas Walker, un “giornalista esperto di questioni russe”, che nel 1935 racconta sulle testate di Hearst una Ucraina trasformata in cimitero a cielo aperto. Peccato che Walker non fosse mai stato in Ucraina. E, dettaglio ancora più scomodo, che Walker non fosse… Walker: non esisteva. Un alias, un prestanome, un invisibile utile allo scopo.

Quanto alle fotografie dei suoi reportage, funzionano così: alcune arrivavano dalla Prima Guerra Mondiale, scattate tra i villaggi francesi e belgi distrutti dai combattimenti; altre risalivano alla carestia del Volga del 1921-22. Ma la magia della propaganda è semplice: basta un didascalia convincente, e una vittima della guerra del 1918 diventa una vittima del comunismo del 1933. Cambia tutto, senza cambiare nulla.

Tottle osserva maliziosamente che quelle stesse foto, “smontate come bufale da cinquant’anni”, continuano a ricomparire nei materiali divulgativi di certi nazionalisti e nei siti web di istituzioni rispettabilissime. Come dire: ogni secolo ha la sua fake new ricorrente, proprio come ogni principato medievale aveva la sua eterna disputa sui confini.

Da Berlino con furore: Goebbels e l’operazione Ucraina

Hearst non era solo. Quando nel 1933 la Germania nazista deciIl punto centrale è capire che lde che l’Ucraina è perfetta come Lebensraum, serve costruire un nemico credibile: il governo sovietico. È qui che Joseph Goebbels, con la sua consueta delicatezza, inaugura una campagna sistematica sulle “atrocità” sovietiche in Ucraina. In quell’epoca, se Berlino e un magnate americano arrivano sulla stessa narrazione, non è perché hanno scoperto improvvisamente la verità: è perché hanno scoperto di avere lo stesso interesse.

Nel 1934, Hearst incontra Hitler. E dopo quel viaggio tedesco, osserva Tottle con l’aria di chi indica l’ovvio, i giornali di Hearst partono all’assalto dell’Urss con un entusiasmo degno di una campagna abbonamenti.

La cosa più ironica è che mentre Hearst dipinge i sovietici come vampiri affamatori di popoli, la stessa stampa elogia la rinascita economica della Germania hitleriana. Dimenticando, dettaglio minore, che quel miracolo tedesco era finanziato – per restare in tema di magie economiche – dai prestiti americani e inglesi.

Le carestie ci sono state, ma questo non è un processo teatrale

È evidente – e nessuno storico serio lo nega – che la carestia ci fu, e colpì duramente Ucraina, Volga, Kazakhstan e Caucaso. Ma il problema della narrazione “genocidaria” è un altro: l’idea che Stalin e il governo sovietico abbiano progettato deliberatamente di affamare gli ucraini come popolo nazionale.

E qui la storia, quella vera, si prende il suo spazio: la carestia fu il risultato micidiale di una serie di disastri amministrativi, errori colossali nelle politiche agricole e un’industrializzazione forzata condotta col pragmatismo di un chirurgo bendato. Un crimine? Sì. Un massacro? Per molti versi sì. Un genocidio etnico mirato? La documentazione disponibile non lo sostiene.

Ma il punto centrale non è se Stalin fu innocente, bensì capire che la costruzione del “genocidio ucraino per fame” nasce in un contesto preciso: la propaganda di guerra, non la storiografia.

Morale: la storia è una signora difficile e non ama le semplificazioni

Dietro la grande retorica dell’Holodomor come genocidio nazionale non c’è un’analisi dei documenti, ma un’operazione politico-mediatica iniziata con un giornalista fasullo, perfezionata da Goebbels e adottata con entusiasmo da certi settori della Guerra Fredda.

E il punto non è assolvere nessuno, ma, all’opposto, ricordare che la storia – quella vera – funziona come un tribunale medievale: prima si cercano le prove, poi si pronuncia sentenza. Non il contrario.

* avvocato, da Facebook

Fonti

Tottle, Douglas. Fraud, Famine and Fascism: The Ukrainian Genocide Myth from Hitler to Harvard. Toronto: Progress Books, 1987.

Conquest, Robert. The Harvest of Sorrow: Soviet Collectivization and the Terror-Famine. Oxford University Press, 1986. (N.B.: opera fondamentale ma fortemente contestata sul piano metodologico e storiografico.)

Davies, R.W. – Wheatcroft, S.G. The Years of Hunger: Soviet Agriculture, 1931–1933. London: Palgrave Macmillan, 2004.

Tauger, Mark B. “Natural Disaster and Human Actions in the Soviet Famine of 1931–1933.” The Carl Beck Papers, n.1506 (2001).

Tauger, Mark B. The 1932 Harvest: The Soviet Famine of 1931–1933 in Historical and Comparative Perspective. Pittsburgh: University of Pittsburgh, 1991.

Kondrashin, Viktor. The Tragedy of the Soviet Village, 1927–1939. Moscow: ROSSPEN, 2008. (Basato su fondi archivistici russi resi disponibili negli anni ’90.)

Viola, Lynne. The Unknown Gulag: The Lost World of Stalin’s Special Settlements. Oxford University Press, 2007. (Rilevante per comprendere le politiche agrarie staliniane e la repressione delle popolazioni rurali.)

Osokina, Elena. Our Daily Bread: Socialist Distribution and the Art of Survival in Stalin’s Russia, 1927–1941. Ithaca: Cornell University Press, 2001.

Getty, J. Arch; Naumov, Oleg V. The Road to Terror: Stalin and the Self-Destruction of the Bolsheviks, 1932–1939. Yale University Press, 1999. (Contesto politico della decisione sovietica negli anni delle carestie.)

Snyder, Timothy. Bloodlands: Europe Between Hitler and Stalin. Basic Books, 2010. (Testo molto influente, ma con posizioni critiche sulla natura della carestia: utile per confronto.)

Kuromiya, Hiroaki. Freedom and Terror in the Donbas. Cambridge University Press, 1998. (Utile per comprendere l’impatto della collettivizzazione nelle regioni minerarie e agricole ucraine.)

Wheatcroft, Stephen. “Towards Explaining the Soviet Famine of 1931-3: Political and Natural Factors in Perspective.” Food and Foodways, vol.4, n.2 (1991): 125–156.

Mace, James E.; Subtelny, Orest. Commission on the Ukrainian Famine, Investigation of the Ukrainian Famine 1932–1933. U.S. Congress, 1988. (Importante per ricostruire la nascita del filone “genocidario” negli anni della Guerra Fredda.)

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *