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Tunisia. Aumentano gli scioperi

In Tunisia, l’onda lunga della rivolta che ha cacciato via Ben Alì, sta dando il via ad una stagione di proteste sociali e rivendicazioni sindacali, soprattutto sul piano salariale, ma non solo. Riferisce l’Ansa, che le cronache quotidiane tunisine si stanno quasi trasformando in un bollettino di scioperi. Alcune aziende – come la Poulina, colosso dell’agroalimentare tunisino – hanno scelto una soluzione mediata, accogliendo in parte le richieste salariali e d’orario dei lavoratori, ma opponendosi con decisione al tentativo delle frange più avanzate del sindacato che chiedevano anche le teste di qualche dirigente.

Il quadro che va delineando in Tunisia è quello di un mondo del lavoro – strettamente legato alle filiere produttive europee tramite la delocalizzazione – che per anni è stato mal pagato o sottopagato e che ora vuole recuperare i diritti e il tempo perduto. Il risultato di questo braccio di ferro tra sindacati e aziende tunisine ed europee, riguarda molte delle più importanti realtà industriali del Paese. Secondo alcuni corrispondenti sul posto, si è arrivati ad una sorta di fase di stallo in cui ciascuna delle due parti – padronato e sindacati – aspettano la mossa dell’altra nel timore di scoprirsi e di prestare il fianco all’affondo dell’avversario.

La Utica, la Confindustria tunisina (anche essa alle prese con una mezza crisi interna, tanto che ora è retta da una giunta provvisoria), ha preso una posizione ufficiale e lo ha fatto con un appello con il quale ha auspicato una moratoria, affinchè siano fermati i “movimenti di protesta nelle industrie, almeno sino alla fine dell’anno per favorire il rilancio dell’attività economica e degli investimenti”. I vertici dell’Utica hanno espresso “indignazione davanti a questi movimenti di rivendicazione che stanno conoscendo alcune imprese tunisine e straniere”. Gli industriali tunisini, affermano che occorre garantire la pace sociale e rafforzare il dialogo tra i partner sociali, ma questo non deve bloccare la produzione e con essa l’economia di un Paese che attraversa un momento delicatissimo, decisivo per il suo futuro.

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