È il primo effetto del piano industriale presentato da Fincantieri ai sindacati nella totale assenza del governo Berlusconi alla voce «politiche industriali»: inevasa la richiesta fatta mesi fa da Fiom, Fim e Uilm di un tavolo di discussione sul più importante gruppo navalmeccanico. Il piano prevede 2.551 esuberi, la chiusura dei cantieri di Castellamare di Stabia e Sestri Ponente e il ridimensionamento dell’altro cantiere ligure di Riva Trigoso. L’ad Giuseppe Bono lo definisce un «piano anticrisi» di cui il gruppo, pubblico, avrebbe bisogno. Intanto ha firmato una ricca commessa con il governo Usa, per la costruzione di navi militari. A condizione di assumere migliaia di lavoratori statunitensi.
Dagli uffici centrali di Fincantieri ci si affretta a precisare: «Non è un piano prendere o lasciare. È la fotografia di una situazione drammatica, attuale e in prospettiva». Insomma c’è spazio per una trattativa con la pistola puntata alla tempia di sindacati e lavoratori. Quelli di Castellamare ieri hanno riempito sei pullman per arrivare a Roma, sotto la Confindustria. Avvertiti di quanto Bono ufficializzava, hanno risposto per le rime: «Buffone, vergognati». Lo hanno accusato di essersi venduto alla «politica del nord». Se il progetto del management, e soprattutto del governo, è la guerra fra poveri, tutto sta andando per il verso giusto.
Da Palermo ecco l’analisi di Francesco Piastra della Fiom Cgil: «Si vuole ridurre drasticamente la capacità produttiva del settore in Italia. Sono inaccettabili le chiusure, con 1.500 esuberi. Ma bisogna aggiungere i 1.150 esuberi spalmati nei cantieri di Palermo, Muggiano, Marghera, Ancona e Monfalcone». Maurizio Landini guarda ancora più in là: «La proposta di Fincantieri, oltre alle chiusure di due cantieri e il taglio di 2.500 posti di lavoro e di altre migliaia nell’indotto, chiede in modo ingiustificato un peggioramento delle condizioni di lavoro e dei diritti». Fim e Uilm si limitano a parlare di «piano rinunciatario», comunque i confederali decidono insieme le prime otto ore di sciopero. Sia in Campania che in Liguria la protesta sta aumentando di ora in ora.
Dagli uffici centrali di Fincantieri ci si affretta a precisare: «Non è un piano prendere o lasciare. È la fotografia di una situazione drammatica, attuale e in prospettiva». Insomma c’è spazio per una trattativa con la pistola puntata alla tempia di sindacati e lavoratori. Quelli di Castellamare ieri hanno riempito sei pullman per arrivare a Roma, sotto la Confindustria. Avvertiti di quanto Bono ufficializzava, hanno risposto per le rime: «Buffone, vergognati». Lo hanno accusato di essersi venduto alla «politica del nord». Se il progetto del management, e soprattutto del governo, è la guerra fra poveri, tutto sta andando per il verso giusto.
Da Palermo ecco l’analisi di Francesco Piastra della Fiom Cgil: «Si vuole ridurre drasticamente la capacità produttiva del settore in Italia. Sono inaccettabili le chiusure, con 1.500 esuberi. Ma bisogna aggiungere i 1.150 esuberi spalmati nei cantieri di Palermo, Muggiano, Marghera, Ancona e Monfalcone». Maurizio Landini guarda ancora più in là: «La proposta di Fincantieri, oltre alle chiusure di due cantieri e il taglio di 2.500 posti di lavoro e di altre migliaia nell’indotto, chiede in modo ingiustificato un peggioramento delle condizioni di lavoro e dei diritti». Fim e Uilm si limitano a parlare di «piano rinunciatario», comunque i confederali decidono insieme le prime otto ore di sciopero. Sia in Campania che in Liguria la protesta sta aumentando di ora in ora.
da “il manifesto” del 24 maggio 2011
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