La vittoria dei SI al referendum su acqua pubblica, nucleare e legittimo impedimento appartiene ai comitati e ai cittadini che in questi mesi hanno portato avanti una vera e propria battaglia. Tuttavia è in atto da ieri per fini politici, il tentativo di diversi partiti politici di “rubare” il merito della vittoria e mostrarsi davanti a telecamere e microfoni per rivendicare il proprio impegno contro privatizzazione dell’acqua e ritorno al nucleare. È quello che sta facendo l’opposizione, dal Pd a Sel, senza escludere la Cgil, tutti in piazza per festeggiare e rimediare qualche intervista: lo ha fatto ieri in piazza bocca della verità Susanna Camusso, che inizialmente non aveva neanche dato indicazioni di voto sul referendum, così come lo ha fatto il Pd , in piazza del Pantheon, nonostante le numerose svendite e privatizzazioni delle loro amministrazioni. Viene spontaneo chiedersi a questo punto, dov’erano i democratici che oggi esultano perchè è stato raggiunto il quorum, quando si decideva per l’accorpamento dell’appuntamento referendario con le amministrative. Così come è naturale chiedersi cosa abbia da esultare Pierluigi Bersani che nel 2007 firmò con il Segretario USA all’Energia Bodman, un accordo bilaterale di partneship sulla ricerca e lo sviluppo dell’energia nucleare. Ma in piazza ieri a rivendicare la vittoria dei SI non c’era solo il Partito democratico, a farsi campagna elettorale c’era infatti anche Sinistra e Libertà dell’abile oratore Nichi Vendola: “La battaglia per l’acqua pubblica, se posso dire così, è stata anticipata dalla mia regione- ha dichiarato il governatore della Puglia. Nel 2005 dedicai la vittoria proprio alla ripubblicizzazione della risorsa idrica”. Veritiero il commento di Vendola se si considera che tutta la sua campagna elettorale si era basata proprio sulla pubblicizzazione dell’acquedotto pugliese. Peccato però che la legge da lui promessa e vantata non è ancora stata approvata dalla giunta regionale. Il riferimento è a quella legge regionale che dovrebbe sancire la trasformazione dell’Acquedotto Pugliese da S.p.A. ad ente di diritto pubblico, definendo così la totale fuoriuscita dell’acqua dalle leggi del mercato. L’Aqp infatti attualmente è una società per azioni che gestisce il servizio idrico, il cui capitale però è totalmente pubblico. È bene chiarire che una Spa, anche se a capitale interamente pubblico, resta comunque una società di diritto privato e, come tale, risponde alle norme a garanzia dell’interesse dei privati e non all’interesse della collettività . La spa è infatti, una società finalizzata per legge al conseguimento del profitto, mentre con il risultato del referendum di ieri le richieste dei cittadini sono ben altre: ciò che interessa il 55% degli elettori è che l’acqua ed i servizi idrici siano governati da un ente che garantisca gli interessi di tutti e non di pochi.
E così come d’incanto la legge accantonata per anni dal presidente Vendola, rispunta proprio oggi in Consiglio Regionale. La scelta del giorno è chiaramente causale ma suona come una beffa per il movimento pugliese per l’acqua pubblica. Innanzitutto, gli articoli elaborati dalle commissioni iniziano con un richiamo alla legge Ronchi, abolita appunto ieri ma il problema fondamentale è che le norme lasciano le porte aperte alle società private. Al comma quattro, infatti, si può leggere: “ l’Aqp può gestire attività strettamente connesse alla gestione del servizio idrico integrato attraverso la costituzione di società anche miste nel rispetto della normativa comunitaria e statale, in regime di pubblicità delle procedure e concorrenza, destinando gli utili propri ad investimenti diretti al miglioramento del servizio idrico integrato”. La legge così modificata, non solo fa riferimento al decreto Ronchi sulla privatizzazione bocciato ieri dai cittadini, ma lascia aperta anche la questione del profitto sulla gestione del servizio idrico. Infine altro punto della tanto attesa legge, contestato dai movimenti pugliesi riguarda il diritto inalienabile all’acqua stabilito dalle Nazioni Unite ad almeno 50 litri giornalieri di acqua per persona. Nel disegno di legge firmato Vendola, l’erogazione dei 50 litri di acqua al giorno viene subordinata all’attivo di bilancio della Regione.
La contraddizione è tutta italiana: ieri si festeggiava la vittoria dei SI per l’acqua pubblica, oggi una legge potrebbe aprire le porte ai privati.
* Radio Città Aperta
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