Menu

Fiom in clandestinità

non potrà convocare assemblee retribuite, affiggere comunicati alle bacheche aziendali, riscuotere i contributi derivanti dalle deleghe sottoscritte dai propri associati.

Fabio Sebastiani

“Al fine di mantenere un rapporto di correttezza e trasparenza…”. Ricorda molto il più famoso “… dopo lunghe e cordiali discussioni” di Gianni Agnelli, l’incipit che Federmeccanica ha posto nella lettera di “recesso” del contratto nazionale dei metalmeccanici firmato nel 2008. Nella forma, ma non nella sostanza, molto più dura oggi. La Federmeccanica ha deciso, e proclamato formalmente allegando tutta una serie di “conseguenze immediate”, che la Fiom non potrà più godere della rappresentanza e dell’agibilità sindacale nelle aziende che aderiscono all’associazione.

Una mossa che da una parte sta nel segno tracciato dalla Fiat, checché ne dicano il presidente degli imprenditori metalmeccanici Pier Luigi Ceccardi e la leader della Confindustria Emma Marcegaglia, forse nel tentativo di “tenere i suoi iscritti”, e dall’altra ignora volutamente l’ultrattività, ovvero la validità del contratto nazionale di lavoro anche dopo la scadenza naturale, senza rinnovo, del vecchio accordo che lo sostanziava. Il recesso di Federmeccanica dal contratto nazionale era già stato annunciato nel 2010.

La lettera datata 16 dicembre 2011 sostanzia la mossa con l’esclusione della Fiom dai diritti di agibilità sindacale. Dal primo gennaio 2012, la Fiom perderebbe, secondo Federmeccanica, il requisito di «organizzazione sindacale stipulante il Ccnl (contratto collettivo nazionale di lavoro, ndr)». Ciò vuol dire che la Fiom perde il diritto a sedere nei vari organismi e commissioni a carattere nazionale. La conseguenza più “forte” riguarda però l’elezione delle Rsu. Tutti i rinnovi delle rappresentanze sindacali avverranno senza tener conto della “quota del terzo” “riservato alle associazioni sindacali firmatarie”. Quindi la Fiom verrà trattata come un qualsiasi sindacato “autonomo”.

In più la Fiom, sempre secondo lo schema allegato da Federmeccanica alla lettera di recesso, non avrà più diritto al “diritto di informazione e consultazione in sede aziendale”, agli osservatori e commissioni aziendali, alla fruizione della quota di ore di permesso retribuite, ad indire l’assemblea per un totale di otto ore l’anno (nelle aziende con almeno dieci dipendenti), ai permessi retribuiti e al diritto di affissione.

«La Fiom decadrà – scrive ancora Federmeccanica – dal diritto al versamento dei contributi sindacali in base alle apposite clausole del Ccnl che operano nei soli confronti dei sindacati stipulanti salvo, ovviamente, che tale diritto non sia stato riconosciuto attraverso specifiche intese aziendali».

Per il momento, l’unico commento è quello del presidente del Comitato centrale della Fiom, Giorgio Cremaschi. «E’ un vero e proprio golpe sindacale – scrive Cremaschi sul sito della “Rete 28 aprile” – che distrugge la democrazia e che è spiegabile solo con una volontà di imporre a tutti i lavoratori il modello Pomigliano, cioè un drammatico taglio ai diritti, ai salari, alla dignità stessa delle condizioni di lavoro». «L’ipocrisia della Confindustria è oramai spudorata – continua Cremaschi -. Da un lato fa parole di dialogo, dall’altro sostiene l’attacco all’articolo 18 e ora la cancellazione anticostituzionale delle libertà sindacali nelle fabbriche. Tutti devono chiarire, a partire da coloro che un anno e mezzo fa spiegavano che Pomigliano sarebbe stata un’eccezione nel mondo del lavoro».

Intanto, Fabbrica Italia va avanti a “colpi di esclusione”. I 1.100 lavoratori dei cinque stabilimenti italiani della “Plastic Components and Modules Automotive” (Pcma) saranno privati, dal 1 gennaio 2012, del loro naturale contratto nazionale, quello della gomma-plastica. E in sintesi quanto scaturito nella tarda serata di ieri dall’incontro in Confindustria tra i vertici della Pcma (controllata dal Gruppo Magneti Marelli e quindi da Fiat) e i sindacati del settore Filctem-Cgil, FemcaCisl, Uilcem-Uil. A comunicarlo in una nota è la Filctem Cgil. «Irremovibile – insiste il sindacato – la posizione dell’azienda che ha sposato in pieno le decisioni contenute nell’ormai famosa lettera di Marchionne a proposito della disdetta del Gruppo Fiat del contratto di lavoro dei metalmeccanici».

Una doccia fredda per i sindacati. «La Pcma non ha voluto sentire ragioni – attacca Rosa Cassatella, della segreteria nazionale Filctem-Cgil – nemmeno quando gli abbiamo fatto notare che il contratto della gomma-plastica ha la sua scadenza naturale il 31 dicembre 2012, e non, come pretende l’azienda, tra qualche giorno. E un vulnus grave, senza precedenti, nei confronti del sistema di relazioni e della contrattazione collettiva tra le parti!». Inevitabile l’azione legale che la Filctem-Cgil sta già istruendo «non fosse altro – aggiunge la dirigente sindacale – perchè la Cgil resta priva della rappresentanza sindacale in quegli stabilimenti e questo non lo possiamo permettere, per il rispetto che tutti dovremmo avere nei confronti dello Statuto dei lavoratori».

da Liberazione

Il lavoro nella trappola di Pomigliano

Adriana Pollice

Spente le luci sul set blindato della nuova Panda, nello stabilimento Fabbrica Italia di Pomigliano d’Arco, restano le promesse a reti unificate di Sergio Marchionne, e la realtà della fabbrica raccontata ieri dalla Fiom a Napoli. Alla vigilia del lancio dell’utilitaria, il Lingotto ha convocato a Torino i sindacati per chiedere la firma sotto il nuovo contratto, più che altro «un regolamento aziendale – spiega il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini – che rischiamo diventi il modello per ogni impresa a partire dagennaio». Un regolamento che tiene fuori i metalmeccanici della Cgil dalla rappresentanza sindacale: «Il 13 dicembre ci chiesero se eravamo disposti a firmare il contratto prima di avviare la trattativa, quando ci rifiutammo si alzarono per tornare con una lettera: appena arrivata dissero delle altre rappresentanze sindacali che chiedevano di proseguire senza la Fiom. Quando ci rifiutammo anche di andare via, chiamarono la sede della Confindustria per fissare una sala da un’altra parte». Ma come si fa a tenere fuori un sindacato dalla fabbrica? Non assumendone gli iscritti. Dei quasi 5mila operai, per ora sono tornati al lavoro meno di 900, nessuno ha la tessera Fiom. Antonio Di Luca è tra quelli che sta raccogliendo le testimonianze dei suoi colleghi sul nuovo modello di relazioni che vige in Fip, un libro bianco che si allargherà a tutti gli stabilimenti del Lingotto. Così, si legge, quando Francesco V. è stato chiamato a visitare le nuove linee ha chiesto lumi al direttore sulla selezione del personale: «Non perderemo tempo a esaminare gli iscritti Fiom» la risposta. A un addetto al montaggio è arrivato l’avvertimento del capo: «Mi sono prodigato per farti lavorare, ma il tuo nominativo non è stato accettato dalla direzione. Adesso capisci tu cosa devi fare». Poi c’è il capitolo infortuni.
All’ingresso dello stabilimento c’è un cartellone rassicurante che recita zero. Poi però si scopre che Alessandro Tenga il 26 settembre si è ferito al volto al punto da dover correre al pronto soccorso per ricevere punti di sutura, lì il taglio è diventato un incidente domestico. Dal montaggio invece spiegano che i bagni sono chiusi a chiave: «Le chiavi sono in possesso del team leader che le consegna solo dopo aver valutato, non so come, l’effettiva urgenza fisiologica».
Il rientro in azienda è subordinato anche alle richieste del mercato, la stima fatta di 280mila vetture l’anno è sempre più lontana. Ma non basta. Su incarico della Fiom Campania i ricercatori dell’università di Salerno Davide Bubbico e Francesco Pirone hanno svolto una indagine su Fabbrica Italia Pomigliano. «La maggior automazione di alcuni reparti, possibile grazie alla standardizzazione di un prodotto di fascia bassa, rende necessaria molto meno manodopera rispetto alle Alfa» spiegano. A questo di unisce una diversa organizzazione della linea che «provocherà ritmi produttivi più alti, con un aumento dello stress fisico. Cambia anche la struttura organizzativa, con 2 o 3 macrostrutture e dei team leader che controllano in modo più stretto i lavoratori». Dal 2008 al 2011 quasi 2mila operai sono stati espulsi, adesso ci sarà una nuova cura dimagrante. La Elasis, cioè il centro di sviluppo, è stato smembrato, solo la Sirio aumenta gli addetti, ambito di competenza la vigilanza. I fornitori, invece, rappresentano una ventina di aziende in Campania. Tra le maggiori la Fma di Pratola Serra che produce motori, che probabilmente arriveranno dalla Polonia, dove si continua a sfornare la vecchia Panda. Un quarto dei lavoratori è andato perso, altri seguiranno visto che le aziende campane hanno un solo committente: Fiat.
Dal Lingotto si propone il baratto diritti in cambio di un po’ di salario in più: 36 euro sulla busta paga e 90 di maggiorazioni, lordi, all’anno, che però implicano la rinuncia alle pause, con la mensa sottratta al computo del tempo lavoro. «Per la prima volta un’azienda decide di uscire dal contratto nazionale. I lavoratori hanno deciso di raccogliere le firme per chiedere un referendum abrogativo» spiega Landini. Accanto alle denunce alla magistratura, la resistenza passerà attraverso la costruzione di una casa Fiom fuori i cancelli di ogni stabilimento. Quattro ore di sciopero a gennaio e tante assemblee per lanciare la mobilitazione di Roma per l’11 febbraio.

da “il manifesto”

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *