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Anche i tedeschi non ce la fanno a lavorare troppo

Il testo de Il Sole 24 Ore suscita qualche sconcerto. E proviamo a “decostruirlo” pezzo a pezzo, come abbiamo fatto altre volte.

 

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I tedeschi anticipano la pensione anche se con l’assegno decurtato

Un tedesco su due sceglie di andare in pensione anticipatamente, rispetto ai 65 anni previsti allo stato attuale, anche se ciò comporta una decurtazione dell’assegno. I dati relativi al 2010 sono stati elaborati dal quotidiano Sueddeutsche Zeitung basandosi su quelli forniti dalla Deutschen Rentenversicherung, l’Inps tedesca.
Redazione. Prendiamo la notiia nuda a cruda: dice che i lavoratori tedeschi, che in molti si ostinano a contrapporre come “esempio virtuoso” rispetto agli scansafatiche italiani, appena possono lascano il lavoro. Anche a prezzo di lasciare una quota dell’assegno pensionistico. Naturalmente, se lo fa il 50% – percentuale in crescita – è probabile che ciò avvenga in corrispondenza dei lavori più faticosi, usuranti, ecc. Ma ci possono essere anche delle scelte di vita ragionevoli: che senso ha spremersi ancora per due o tre anni, quando si fa più fatica, per quattro spiccioli di pensione in più?

Dei 674.000 nuovi pensionati dello scorso anno ben 320.000, pari al 47,5 per cento, hanno scelto di non attendere l’età massima di 65 anni, subendo una decurtazione media di 113 euro al mese. Nel 2005 erano stati il 41,2 per cento dei lavoratori a scegliere la soluzione del prepensionamento, mentre nel 2000 solo il 14,5 per cento aveva optato per tale opportunità. Attualmente un lavoratore che ha versato i contributi per 45 anni percepisce in media una pensione lorda di 1.236 euro.
Redazione. Diffidiamo molto di queste “medie” sparate così a cuor leggero. Anche perché i salari e gli stipendi tedeschi sono mediamente molto più alti di quelli italiani. Il “tasso di copertura” dell’assegno pensionistico in Germania dovrebbe quindi essere molto basso, per dare una “media” così simile a quella italiana. E qui non ci mettiamo nemmeno a ragionare sui prezzi tedeschi, in genere sensibilmente più bassi proprio per i prodotti di prima neceessità. Registriamo comunque con interesse il fatto che la percentuale di quanti si ritirano anticipatamente rispetto a un’età pensionabile che – anche lì – viene alzata di continuo è in rapida crescita. Ci sembra infatti indicativa di un “limite massimo” della sopportazione della fatica del lavoro salariato, o quantomeno del senso comune per cui dopo una vita di lavoro ci si merita un qualche riposo risarcitorio. Ai padroni sembra strano, a qualche giornale italiano molto padronale addirittura un’eresia, ma insomma, persino in Germania la gente vuole campare un po’ decentemente. Sia detto col massimo rispetto dei lavoratori tedeschi reali, molto simili a quelli italiani e totalemnte diversi dal quadretto ideologico dipinto a uso e comsumo della retorica dei “sacrifici”.


Secondo le statistiche pubblicate dalla Sueddeutsche, quasi la metà dei tedeschi che decidono di lasciare il lavoro prima dei 65 anni lo fanno con tre anni e due mesi di anticipo. Con l’aumento graduale dell’età pensionabile, che porterà il limite dell’età lavorativa a 67 anni nel 2029, sarà possibile andare anticipatamente in pensione non prima dei 63 anni, ma con decurtazioni più alte di quelle previste finora. Il quotidiano di Monaco di Baviera sottolinea che, sebbene l’elevamento a 67 anni dell’età lavorativa si traduca di fatto in una riduzione della pensione per chi non vuole o non ce la fa a raggiungere l’età massima fissata, «il prolungamento dell’età lavorativa è una cosa giusta, se si vuole mantenere ben fornita la cassa pensionistica, e sopportabili i contributi da versare da parte dei più giovani». I sindacati temono però che questa scelta aumenti il rischio povertà in età avanzata.

Redazione. L’ultima sottolineatura riguarda l’assoluta identità delle “riforme” in corso in Italia, Grecia, Germania, Spagna, ecc. C’è un cervello idiota continentale che sta ridisegnando il “modello sociale europeo” per realizzarne un altro completamente “asociale”, nella speranza di aumentare così la “competitività”. Ci limitiamo qui a ricordare che se tutti i capitali del mondo applicano contemporaneamente la stessa ricetta – comprimere il costo e i diritti del lavoro, dal salario alla pensione – si realizza una deflazione generale che comprime al tempo stesso anche i consumi. Se masse sterminate di persone – i lavoratori si contano a miliardi, alcontrario della classe dirigente globale – devono ridurre i propri acquisti (il proprio livello di vita), si restringe anche la dimensione dei mercati. Ovvero qualsiasi possibilità di crescita. Questo branco di cani feroci, disposto ad azzannare tutto e tutti, alla fine realizza anche la propria rovina. Ma non è una consolazione: è solo una ragione per aumentare il conflitto sociale per scalzarli dal loro posto.

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2 Commenti


  • cccp

    Probabilmente si intende ridurre o far retrocedere la crescita in quanto non possibile con i beni disponibili sulla terra, è l’unica spigazione logica che posso darmi.


  • luciano cantarello

    Quando il saggio tendenziale di profitto si abbassa , causa sovraproduzione , il capitale non fa altro che riversare la propria crisi sul salario diretto e indiretto, restringendo enormemente l’area di accesso ai beni cui la maggioranza dei produttori di plusvalore ha diritto . é ricorrente e immanente al modo di produzione capitalistico

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