Artigiani, modello che non funziona
Gentile redazione,
vi scrivo a proposito dei nuovi accordi lombardi nel settore dell’artigianato. Se esiste un settore in Lombardia in cui Cgil, Cisl e Uil, senza distinguo, risultano essere protagoniste di nuove relazioni sindacali, è proprio quello dell’artigianato. In questo ambito, nell’ultimo anno, le tre confederazioni hanno sottoscritto due accordi con i rappresentanti degli imprenditori inventandosi un «modello lombardo» che cancella le categorie (Fiom, Fim e Uilm, ad esempio) e consente di peggiorare i contratti nazionali. La Fiom, che nel settore ha il maggior numero di lavoratori e di imprese, non condivide nessuna delle due intese. Nel primo accordo si è stabilito che per rinnovare i contratti regionali e integrativi le categorie hanno un tempo limite per stare da sole al tavolo della trattative. Finito questo periodo, possono subentrare le confederazioni: una condizione mai vista prima nei modelli contrattuali. In pratica, le categorie possono discutere e negoziare ma solo fino a un certo punto, dopodiché le confederazioni si assumono la titolarità di decidere su materie e diritti della categoria. Un contratto del genere porta allo scavalcamento delle categorie da parte delle confederazioni e apre la strada per un trattativa al ribasso con le aziende. Nel 2009 la Cgil non firmò l’accordo che prevedeva l’introduzione di un meccanismo simile a livello nazionale. Ma in Lombardia si è preferito «innovare» anche se poi, nella pratica, l’accordo ha portato a un nulla di fatto. I contratti regionali fermi da 12 anni, infatti, non sono stati sbloccati. Per superare l’impasse di questo primo accordo mai applicato, Cgil, Cisl e Uil hanno deciso di procedere con un secondo accordo, bypassando i negoziati delle categorie. Questa seconda intesa entra nel merito delle materie del negoziato e prevede alcune «innovazioni» che la Fiom contesta fortemente. Tra queste, il fatto che alle imprese venga consentita una gestione illimitata e unilaterale dell’orario di lavoro. Questi due accordi rappresentano un «modello lombardo» privo di ragionamento strategico rispetto alla contrattazione, peggiorativo dei diritti in ambito locale, ignaro delle conseguenze riguardo ai contratti nazionali.
Mirco Rota, Fiom Cgil
vi scrivo a proposito dei nuovi accordi lombardi nel settore dell’artigianato. Se esiste un settore in Lombardia in cui Cgil, Cisl e Uil, senza distinguo, risultano essere protagoniste di nuove relazioni sindacali, è proprio quello dell’artigianato. In questo ambito, nell’ultimo anno, le tre confederazioni hanno sottoscritto due accordi con i rappresentanti degli imprenditori inventandosi un «modello lombardo» che cancella le categorie (Fiom, Fim e Uilm, ad esempio) e consente di peggiorare i contratti nazionali. La Fiom, che nel settore ha il maggior numero di lavoratori e di imprese, non condivide nessuna delle due intese. Nel primo accordo si è stabilito che per rinnovare i contratti regionali e integrativi le categorie hanno un tempo limite per stare da sole al tavolo della trattative. Finito questo periodo, possono subentrare le confederazioni: una condizione mai vista prima nei modelli contrattuali. In pratica, le categorie possono discutere e negoziare ma solo fino a un certo punto, dopodiché le confederazioni si assumono la titolarità di decidere su materie e diritti della categoria. Un contratto del genere porta allo scavalcamento delle categorie da parte delle confederazioni e apre la strada per un trattativa al ribasso con le aziende. Nel 2009 la Cgil non firmò l’accordo che prevedeva l’introduzione di un meccanismo simile a livello nazionale. Ma in Lombardia si è preferito «innovare» anche se poi, nella pratica, l’accordo ha portato a un nulla di fatto. I contratti regionali fermi da 12 anni, infatti, non sono stati sbloccati. Per superare l’impasse di questo primo accordo mai applicato, Cgil, Cisl e Uil hanno deciso di procedere con un secondo accordo, bypassando i negoziati delle categorie. Questa seconda intesa entra nel merito delle materie del negoziato e prevede alcune «innovazioni» che la Fiom contesta fortemente. Tra queste, il fatto che alle imprese venga consentita una gestione illimitata e unilaterale dell’orario di lavoro. Questi due accordi rappresentano un «modello lombardo» privo di ragionamento strategico rispetto alla contrattazione, peggiorativo dei diritti in ambito locale, ignaro delle conseguenze riguardo ai contratti nazionali.
Mirco Rota, Fiom Cgil
da “il manifesto”
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa