Una risposta che la classe operaia tenta di organizzare, anche se ancora a livello di singoli Stati, contro le riforme del mercato del lavoro che, nonostante le particolarità di ogni territorio nazionale, stanno attaccando in tutta Europa, in maniera simile e coordinata, diritti e garanzie conquistate in anni di lotta.
Il 29 Marzo (da adesso 29-M) è stato proclamato lo sciopero generale in tutto lo Stato spagnolo da parte dei sindacati, tanto di base (tra i più importanti CNT, CGT, CIG, LAB, SAT, USTEA) come confederali (CCOO e UGT) in uno scenario che vede al governo, tanto a livello statale come nella maggiorparte dei territori e municipi, il Partido Popular (PP) di Mariano Rajoy, dopo le elezioni del 20 Novembre (20-N) 2011.
Uno scenario relativamente differente da quello in cui si convocò, nel 2010, il precedente sciopero generale contro la riforma del mercato del lavoro (riforma che alla fine, si noti bene, fu firmata dai sindacati gialli e confederali CCOO e UGT) che vedeva al governo il Partido Socialista Obrero Español (PSOE).
Non a caso due scioperi generali, senza contare i precedenti degli ultimi venti anni, con due governi “differenti”: in sostanza parliamo di riforme in piena continuità tra di loro – o meglio di una sola riforma che continuamente si “aggiorna” – che approfondisce la precarietà attraverso le drastiche riduzioni di garanzie della classe di fronte al licenziamento, che riduce drasticamente le spese contributive delle imprese alla “Seguridad Social”, permette l’entrata delle Agenzie interinali (chiamate ETT, Empresas de Trabajo Temporal) nella gestione della forza lavoro anche nel settore pubblico, crea nuovi contratti precari per i giovani con la scusa dell’inserimento lavorativo..in una sola frase: favorisce la valorizzazione del Capitale attraverso la diminuzione del costo del lavoro e la graduale distruzione delle garanzie del proletariato.
Come sempre, la chiamata dello sciopero è stata indetta, inizialmente e in forma autonoma, dalle avanaguardie di lotta più avanzate delle due “nazioni storiche” dello Stato: in Galizia dalla CIG e in Euskadi dall’ELA-LAB. Però, mentre nel 2010, i sindacati confederali aspettarono più di 4 mesi per l’indizione dello sciopero (a cavallo del periodo estivo), con l’obiettivo di “scongiurare uno sciopero che avrebbe danneggiato la produttività e l’immagine del paese” – sposando in pieno la linea ideologica della borghesia al potere -, questa volta hanno deciso di convocare la giornata di blocco totale delle attività nello stesso giorno proclamato dai sindacati di base e ad appena un mese dall’approvazione della legge: ma adesso c’è il PP al governo e non c’è pericolo alcuno di creare contraddizioni troppo profonde con il “governo amico”.
Il Movimento 15-M, che per l’occasione si è ribattezzato “Toma la huelga”, ha appoggiato in pieno lo sciopero generale con le diverse assemblee di quartiere delle diverse città, organizzando picchetti tanto davanti ai poligoni industriali insieme ai sindacati come, attraverso il movimento studentesco che ha contribuito alla mobilitazioni di scuole e facoltà.
Uno sciopero che ha avuto un grande esito soprattutto nei settori produttivi industriali di tutto lo Stato: più dell’80% delle attività dell’industria pesante e miniera si sono bloccate a partire dalle 24 del 29-M. Anche il settore della costruzione, che maggiormente ha sofferto la crisi – soprattutto a causa dell’enorme speculazione che ha vissuto negli ultimi 10 anni -, è stato bloccato con punte del 100%. Mentre il settore delle piccole e medie imprese, dei servizi e della risotrazione hanno registrato cifre differenti a seconda delle zone.
In Euskal Herria, secondo il quotidiano GARA, il blocco è stato quasi totale: la media è stata dell’87% nelle diverse province del paese. A Donostia/San Sebastián ad esempio hanno aderito anche le cooperative della zona e le piccole e medie imprese (pymes). Industrie emblematiche come Volkswagen – con tutto l’indotto -, Mercedes-Benz, Michelin, CAF, Aceralia o Arcelor hanno visto un blocco totale della produzione in tutti i turni della giornata. Anche le industrie del cemento si sono fermate nelle province di Gipuzkoa, Bizkaia y Araba. Il settore dei trasporti, le imprese del settore delle ferrovie EuskoTren, Tranvía de Gasteiz e Bilbo, Metro, così come il trasporto urbano e marittimo, hanno visto funzionare esclusivamente i servizi minimi imposti per legge – come in tutto lo Stato in piena violazione del diritto di sciopero! Servizi minimi anche nel settore dell’educazione dove hanno partecipato allo sciopero, secondo i convocanti, circa il 90% dei lavoratori. In Navarra, l’attività dell’università pubblica UPN è stata bloccata quasi interamente, grazie anche ai picchetti studenteschi che sono iniziati alle 6.30 della mattina. L’università dell’Opus Dei ha avuto, invece, uno svolgimento regolare delle sue attività. Il settore sanitario e i centri di attenzione all’infanzia hanno visto un blocco di circa il 75%, cifra mai raggiunta fino ad oggi. Da parte dei lavoratori pubblici la partecipazione è stata dell’80%, con punte del 90% nelle città di Bilbo, Donostia e Gasteiz. Il Mercati generali di Bilbo, il Mercabilbo, sono stati bloccati in maniera importante anche se non totale.
In Galizia, secondo i dati forniti dallo stesso sindacato CIG, la maggiorparte delle zone industriali del paese si sono svegliate deserte. Le imprese più importanti non hanno registrato attività come nel caso della Citroën a Vigo, Zara Loxística, Repsol e Alcoa a Coruña; Alumina a Lugo, Dalfor e Adolfo Domínguez a Ourense, Navantia a Ferrol, Grupo Televés, Papeleira de Brandía e Castrosúa a Santiago de Compostela, Celulosas a Pontevedra; tutte le attività portuali, settore economico fondamentale, sono state praticamente bloccate durante tutto il giorno. La partecipazione allo sciopero dei lavoratori della raccolta dell’immondizia e del trasporto locale ha superato il 90%. Il settore pubblico ha vissuto le stesse condizioni di blocco. A Ribeira le zone industriali de A Tomada (A Poboa) e Xarás (Ribeira) che contano con un’attività giornaliera di circa 1.800 lavoratori e dove risiedono le attività delle più importanti imprese (Frinsa, Congalsa, Procesados Pesqueros, Salica S.A. e Limber Multiservicios) sono state praticamente bloccate. La stampa locale di Vigo, “Faro de Vigo” come la sezione locale de “El País” non sono uscite. Nella stessa città il porto (uno dei più importanti) non ha funzionato, cosí come i mercati generali del MercaVigo. Così come la Dalphi Metal e le industrie della Zona Franca e dei poligoni industriali di Valadares e Caramuxo (principalmente settore automobilistico e metallurgico). Blocco totale a Alcampo, nei lavori della TAV a Chapela, Redondela, e nella costruzione del nuovo ospedale di Vigo.
A Madrid la giornata di sciopero è iniziata con picchetti itineranti che hanno inziato a bloccare, fin dalle prime ore del mattino, le attività commerciali che rimanevano aperte, con diversi momenti di tensione con la polizia e i primi arresti. Gli studenti medi hanno occupato l’Istituto di Educazione Secondaria (IES) Juan de la Cierva nel quartiere di Arganzuela dove si iniziavano a concentrare studenti e simpatizzanti. Anche gli studenti universitari del Collettivo “Toma la Facultad”, controllati strettamente dalla polizia, hanno organizzato picchetti appoggiati anche dal movimento SIN FUTURO nel quartiere di La Latina. Anche i mercati generali, il Mercamadrid, sono stati bloccati dai picchetti. I mezzi di trasporto locale EMT e la metropolitana (i cui lavoratori già un anno fa furono protagonisti, insieme al sindacato di classe “Solidaridad obrera”, importanti momenti di sciopero in difesa del proprio contratto) non hanno funzionato, eccetto i servizi minimi. Si bloccano le prime ore di trasmissione della catena Telemadrid. All’alba la situazione comincia a farsi pesante di fronte ai depositi del trasporto pubblico dove si registrano nuovi arresti e cariche. La polizia in numerose occasioni ha letteralmente impedito l’attività dei picchetti, come nel caso del Carabanchel dove l’assemblea di quartiere aveva chiamato anche un’assemblea e dove si sono registrati due nuovi arresti. Intanto il movimento “Stop desahucios” (Blocchiamo gli sfratti) e la Piattaforma contro l’ipoteca bloccano uno sfratto in via Concilio previsto per lo stesso giorno. Alle 12 l’enorme partecipazione ai picchetti itineranti che si muovono nel centro della città si trasforma in una manifestazione vera e propria che blocca per diverse ore il traffico della Gran Via, Cibeles e Alcalà.
A Barcellona secondo i sindacati CCOO e UGT circa due milioni di salariati non sono andati a lavorare, con una media del 70% e con punti dell’80% per quel che riguarda l’industria come Seat, Nissan, Siemens, Ficosa e Comforsa dove l’adesione allo sciopero nel turno di notte è stata totale. La circolazione, in entrata ed uscita dalla capitale catalana, è stata bloccata da alcuni picchetti con copertoni bruciati, oggetti taglienti sparsi sulla strada e barricate. I mezzi di trasporto come autobus e metropolitane hanno effettuato esclusivamente i servizi minimi, e in alcuni casi nemmeno questi vista la partecipazione di picchetti sindacali che sabotavano autobus e bloccavano treni. Per alcune ore, grandi centri commerciali come El Corte Inglés non hanno potuto aprire le porte dei propri stabilimenti grazie all’azione dei picchetti. Le imprese pubbliche, gli areoporti e la centrale nucleare di Tarragona hanno registrato una partecipazione quasi totale allo sciopero. A Gerona sono state bloccate le attività dell’areoporto, del porto ed è stata bloccata per diverse ore l’autostrada AP-7 del valico con la Francia. Durissimi gli scontri e la guerriglia urbana che si sono registrati quasi per l’intera giornata in particolare con i picchetti dei sindacati di base CNT e CGT che sono stati tenuti di mira dai Mossos de Esquadra.
Nel resto del paese l’attività è stata enormemente bassa se non nulla: la General Motors a Aragón è stata bloccata del tutto, i mercati generali di Santander, Mercasantander, non hanno potuto ricevere nessun tipo di merci, non hanno aperto i cancelli le fabbriche della Nissan e della Renault in Castilla e León, la Ford nella Comunità Valenciana. Si sono registrati blocchi totali nelle industrie di Roca Sanitarios in Andalucía, Man Hummel in Aragón e Alstom in Castilla e León, mentre nella ArcelorMittal la partecipazione allo sciopero ha superato il 90%. Imprese delle dimensioni di Airbus Operations, Airbus Military CBC e EADS Casa in Andalucía sono state costrette a chiudere i cancelli per l’assenza dei lavoratori che hanno aderito allo sciopero. Più del 70% delle attività delle Poste (Correos) in tutto il paese è stato bloccato.
In Extremadura le zone industriali sono state praticamente bloccate per tutta la mattina come nel caso de la Siderúrgica Balboa, Deutz Díter, Imedexa o Catelsa. La Catelsa Cáceres, una delle più grandi per numero di lavoratori, ha funzionato solo con i serivizi minimi. Il servizio di raccolta dell’immondizia nelle città di Badajoz, Cáceres, Mérida, Almendralejo, Villanueva de la Serena, Don Benito e Zafra ha funzionato al minimo. Il livello di tensione durante i vari picchetti nella zona delle Poste a Mérida si è bruscamente innalzato cuando la polizia ha effettuato tre spari in aria per intimidire i partecipanti.
In Andalucía il blocco delle attività è stato maggioritario. In tutte le province, secondo il sindacato di base SAT, la raccolta dell’immondizia è stata fermata. A Sevilla i lavoratori del trasporto urbano (TUSSAM) aderiscono completamente allo sciopero. I picchetti a Córdoba riescono a bloccare fino all 5 del mattino l’accesso delle merci nei mercati generali Mercacordoba. Fino alle 9 del mattino, nella stessa città, i picchettaggi hanno impedito anche l’uscita dei mezzi del servizio minimo degli autobus dell’impresa municipale AUCORSA. Diverse officine centrali delle Poste, come a Jaen, Granada e Sivilla sono costrette a chiudere per la pressione dei picchetti. A Málaga si registrano due arresti e diverse cariche per disperdere i numerosi picchetti organizzati in varie zone della città. CanalSur TV, canale pubblico andaluso è costretto ad interrompere il segnale dichiarando ufficialmente che la “programmazione verrà modificata a causa dello sciopero generale convocato dai sindacati di classe contro la riforma del mercato del lavoro approvata dal Governo”. I lavoratori delle macchine rotative per la stampa del quotidiano di destra “ABC” bloccano l’uscita della versione cartacea del proprio giornale a Sevilla.
In generale la presenza della polizia è stata massiccia. “¡Ahí están, estos son, los piquetes del patrón!” (eccoli lá, questi sono i picchetti dei padroni!) con questo coro, in ogni angolo del paese, si è denunciata l’enorme presenza della polizia che aveva l’obiettivo di bloccare i picchetti e la loro attività. Durissima è stata la repressione: solo nelle prime ore si sono registrate diverse cariche della polizia, più di 40 arresti e decine di feriti, arrivando a raggiungere i 160 arresti e un numero non definito di feriti alla fine della giornata. Veri e propri plotoni antisommossa hanno blindato il centro di Madrid con l’obittivo di impedire l’occupazione delle Borse di varie città come quella di Barcellona, i grandi centri commerciali, o per sgomberare l’occupazione di Telemadrid. Un esempio indicativo del livello di tensione che si è raggiunto in alcuni picchetti è stato il caso di una compagna iscritta a CCOO accoltellata ad un braccio da parte di un imprenditore di un hotel-ristorante a Torrelavega, in Cantabria.
La giornata di sciopero generale si è conclusa in tutte le città del paese con manifestazioni moltitudinarie, con più di 800 mila persone in totale.
Ma è impossibile non fare i conti con alcuni elementi che, di fatto, hanno avuto conseguenze tanto sulla partecipazione come sulle dinamiche che hanno caratterizzato la giornata dello sciopero, nelle zone in cui i sindacati di base e di classe non hanno il peso sufficiente per dirigere la lotta.
Un primo elemento da considerare è stato il quasi totale silenzio dei mezzi di comunicazione borghesi, inclusi quelli progresisti come “el País” o “el mundo”, che in un clima di “unità nazionale a favore della valorizzazione del Capitale” hanno ridotto al minimo l’informazione nelle settimane precedenti allo sciopero, per poi favorire l’ondata di disinformazione solo negli ultimi giorni.
Un secondo elemento degno di nota sicuramente sono stati gli effetti della precedente riforma del mercato del lavoro che ha aggravato il controllo e il ricatto da parte dei padroni nei confronti dei lavoratori, soprattutto nelle piccole e medie imprese.
Un ultimo elemento che acquista sempre più peso dal punto di vista del protagonismo della classe è stato il ruolo dei sindacati concertativi in questi anni, ossia il lavoro ideologico di controllo e demotivazione dei lavoratori, salvo quando li si chiama allo sciopero generale. Interi settori di tesserati (quello del commercio e della ristorazione in particolare) che non hanno, se non in pochissime occasioni, assemblee di riferimento che stimolino il dibattito e l’organizzazione. Il processo di trasformazione dello stesso sindacato (molto più avanzato in senso corporativo di quello che vive il sindacato concertativo in Italia) in un’agenzia di formazione e di gestione burocratica di servizi per i lavoratori, allontana sempre di più il motivo di iscriversi ad un sindacato per far parte di un’organizzazione in difesa degli interessi di classe.
Di fronte a questa grande prova di forza il Governo ha subito dichiarato di non voler cambiare la sostanza della riforma, ma che è pronta al dialogo per modificare alcuni aspetti secondari della stessa. Intanto i suoi ministri, ad appena una settimana dallo sciopero, affilano le armi della repressione elaborando un progetto di legge che equipara gli atti di guerriglia urbana agli atti di vandalismo organizzato delle associazioni a delinquere portando a due anni la condanna, permettendo cosí la possibilità dell’arresto preventivo dei sospetti: di fatto, il mese di Maggio sarà un periodo di grande conflitto che vedrà due appuntamenti chiave: il 1 di Maggio e la riunione del Banco Centrale Europeo a Barcellona il 3 dello stesso mese. Intanto i sindacati confedarali hanno già reiterato la loro disponibilità al dialogo con il Governo. Tutto secondo il copione.
Lo sciopero generale è stato un ennesimo banco di prova della classe, in cui ha dimostrato nuovamente la propria forza. Ma questo risulta insufficiente quando a mancare è la stessa unità sindacale, e non solo. Il Movimento 15-M, ancora egemonizzato dalla linea piccolo borghese e riformista, non nasce dal nulla. La falsa determinazione dei sindacati confederali, che continuano ad accettare il compromesso con gli interessi del Capitale, la forza insufficiente dei sindacati di base, meno in Euskadi e in Galizia, ci dimostra, ancora una volta, di come l’assenza dell’elemento politico organizzato sia il vero problema della classe: tanto dal punto di vista della lotta ideologica come di quella politica ed economica, col fine di costruire una prospettiva rivoluzionaria e una continuità nella lotta senza compromessi.
Ad un livello superiore, risulta sempre più evidente la necessità della coordinazione delle mobilitazioni e degli scioperi a livello europeo, l’individuazione della matrice comune degli attacchi al proletariato nel processo di accumulazione di Capitale non solo sulla carta, ma attraverso un lavoro politico vero e proprio che sappia sviluppare l’accumulazione di forze della classe e delle sue organizzazioni a livello continentale. La classe esiste e si mobilita. L’assenza di strutture capaci di dar voce, organizzazione e coordinazione alla lotta politica contro un capitalismo in completa ristrutturazione, diventa un elemento non più rinviabile. L’isolamento delle lotte e degli scioperi che vive la classe, ancora chiusa negli ambiti nazionali e senza una direzione politica chiara, rappresenta un enorme vantaggio per l’imperialismo che, al contrario, continua a riorganizzare la sua forza gerarchica a livello internazionale, a partire dall’Unione Europea. Le misure sul debito pubblico, le privatizzazioni di tutti i servizi sociali, la graduale e costante distruzione delle garanzie e dei diritti dei lavoratori sono tutti obiettivi che la borghesia continua a considerare come prioritari in questa fase storica della lotta di classe. Noi dobbiamo fare la stessa cosa, non solo per resistere, ma per ridare una reale prospettiva all’opzione rivoluzionaria.
NO ALLA NEGOZIAZIONE, DEROGA TOTALE DELLA RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO!
CONTRO UN CAPITALISMO SENZA FUTURO: UN FUTURO SENZA CAPITALISMO!
Per info e contatti: zeistar17@gmail.com
Link principali di riferimento:
* corrispondente dall’Andalusia
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