“Decine, forse centinaia di migliaia di donne e di uomini sono al lavoro, negli interstizi del disordine globale, per «riannodare i nodi», ricucire le lacerazioni, «elaborare il male» … Li si trova a Banja Luka e a Prjedor come a Baghdad o in quella terra che solo con impietosa ironia si può continuare a definire «santa», nella miseria radicale delle favelas latinoamericane come nel fetore delle periferie africane, nel cuore di Kabul come nelle banlieu di Parigi, o negli slum di New York o di Londra, tra le macerie di Grozny e la polvere di Mogadiscio, a riparare dal basso i danni che i flussi sradicanti dell’economia e della politica (del Mercato e dello Stato) producono… I politici di professione, gli «statisti» – quelli che dominano sulle prime pagine dei giornali e che decidono l’impiego degli eserciti – li guardano con un sorriso di commiserazione, come si guardano le anime belle. Ma sono loro l’unico embrione, fragile, esposto, di uno spazio pubblico non avvelenato o devastato nella città planetaria.” (Marco Revelli, “La Politica Perduta”)
Le periferie del disordine globale al quale fa riferimento Revelli sono le periferie del Sud del Mondo. Ma sono parole che potrebbero adattarsi anche a realtà dell’Europa e dell’Italia di oggi.
Sicuramente l’ex stazione ferroviaria di San Vito Marina è una di queste. Un luogo abbandonato da anni, preda della sporcizia e del degrado, diventato uno dei tanti non – luoghi dimenticati dalle Istituzioni. Succede sempre più spesso, il cittadino comune vi si è ormai arreso.
Venerdì 25 novembre 2005 fu l’ultimo giorno per molti pendolari della tratta ferroviaria Termoli-Pescara sul vecchio tracciato costiero.
Ricordo quell’alba come particolare, diversa da tutte le altre. Un’aura magica sembrava avvolgerla. I caldi raggi del sole, appena spuntati, disegnavano sulle onde splendenti diademi. Il mare, come la più bella delle donne che sa che non rivedrà l’amato per lungo tempo, aveva indossato il suo vestito più sgargiante. Due giorni dopo, dopo oltre mezzo secolo, l’ultimo treno percorse quella tratta, dal giorno successivo tutti i treni hanno percorso l’attuale tracciato interno.
Nacque il progetto della “Via Verde”, un progetto finora rimasto solo sulla carta tra rimpalli, promesse, infinite discussioni e scarsa incisività dell’azione istituzionale (è di pochi mesi fa l’ultimo forte monito del Presidente Provinciale dell’ARCI Lino Salvatorelli a non perder tempo e a realizzare il progetto esistente…) mentre l’ex
tracciato e quel che vi è intorno diventava, come accennato su, preda di incuria e degrado, un immenso non luogo.
Ragazze e ragazzi di San Vito Marina, già animatori di tante bellissime esperienze in questi anni, non si sono arresi, non hanno accettato passivamente quanto sta accadendo e la logica dell’abbandono e dei non-luoghi. Nel dicembre scorso sono entrati nell’ex stazione ferroviaria in via Caduti del Lavoro e con pochi mezzi, una fortissima determinazione e l’aiuto convinto di tantissim* cittadin*, giorno dopo giorno, l’hanno fatta rinascere. Parafrasando Dé Andre, anche dal letame nascono i fiori. E sono fiori bellissimi, colorati, sgargianti, tenaci. E’ la nascita di Zona22, diventato in pochi mesi punto di riferimento di tantissimi, giovani e meno giovani, della cittadina, della Regione ma anche di tantissimi altri da ogni parte d’Italia. In tutti i manuali di Economia scolastici si trova la definizione dei “fallimenti del mercato”,
Zona22 è la dimostrazione vivente che si possono risolvere anche i fallimenti dello Stato e delle Istituzioni tutte: lì dove le Istituzioni non arrivano e l’abbandono regna sovrano si arriva dal basso, arrivano i cittadini, le attiviste, la volontà di tessere reti informali e nuovi spazi di coesione sociale. E’ un intervento che restituisce alla collettività, che dona alla Res-Publica quel che gli è stato tolto. Questo hanno fatto in questi mesi, facendo rinascere l’ex stazione, realizzando mostre, concerti, dibattiti, proiezioni, rappresentazioni teatrali e tantissimo altro, a Zona22. Non hanno rubato niente, hanno restituito e donato.
La settimana scorsa l’arrivo dei carabinieri, con l’identificazione e la denuncia di alcune persone presenti in quel momento, è apparso il primo passo verso lo sgombero forzato. Immediata la pronta reazione e protesta della cittadinanza, schieratasi con Zona22. La dimostrazione più vera che Zona22 è patrimonio di tutti, che Zona22 è sentita da tutt* come una cosa che gli appartiene. Tutt* coloro che sono andati in Comune a chiedere che Zona22 non venga sgomberata hanno fatto proprio il motto della scuola di Barbiana “I Care” (“m’interessa, mi sta a cuore” con una traduzione imprecisa e riduttiva) Zona22. Si è stabilito di istituire un tavolo nel quale discutere dell’assegnazione legale agli attiviste e alle attiviste di Zona22 degli spazi di Via Caduti del Lavoro.
Seguiremo l’evolversi della vicenda, cercheremo in ogni occasione anche noi di pronunciare il nostro I Care, di sostenere Zona22. Lo sgombero sarebbe un inaccettabile calata del sipario sulla migliore esperienza di gestione pubblica della costa teatina. Mentre le Istituzioni non riescono a realizzare il Parco Nazionale e la Via Verde, loro hanno portato il colore dell’impegno civile e sociale lì dove dominava il grigio del disinteresse. Zona22 dovrebbe diventare un esempio, non essere cancellata. Non la si sgomberi, ma la si faccia fiorire ovunque. Le nostre città, l’ex tracciato ferroviario, ovunque ci giriamo troviamo non luoghi. Zona22 sia l’esempio da seguire per farli rinascere. Un luogo è pubblico quando la cittadinanza ne può fruire, quando la sua bellezza è un bene condiviso. Non per la proprietà nominale. In tempi di crisi economica e sociale non servono proprietà nominali, servono beni pubblici veri.
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