E’ davvero difficile da credere, da digerire, eppure è vero: un noto sindacalista del casertano, esponente di spicco di quella stessa FIOM, che per tanti militanti e tanti lavoratori, ancora oggi rappresenta la proposizione immaginaria di un’organizzazione di classe e conflittuale, è stato arrestato per “estorsione” ai danni di alcuni imprenditori, per aver incassato, secondo le tesi dell’autorità giudiziaria, ben 20.000 euro, quale vera e propria tangente versata per “tenere buoni i lavoratori e favorire l’accesso allo strumento della cassa integrazione in deroga”. Si tratta di un nome molto conosciuto localmente: Angelo Spena.
Da quanto si legge dagli atti alla base dell’accusa e dalle indagini svolte dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, questi avrebbe chiesto il pagamento di tale somma ad un’impresa nautica di Bagnoli, ora fallita, al tempo dei fatti, in cassa integrazione, denominata “Mano Marine”, proprio per “ammorbidire” lo stato di agitazione proclamato dagli operai, preoccupati per la salute economico-finanziaria della stessa ditta.
Come se ci fosse bisogno di qualche altro elemento per aggravare il contesto, va rilevato che lo stesso Spena, depositava, sempre secondo le tesi accusatorie, ben 16.000 euro, provenienti dalla presunta “mazzetta” presso il proprio ufficio nella Camera del Lavoro di Caserta della CGIL in via Verdi, sede storica per il movimento operaio in “Terra di Lavoro” (ndr, la provincia di Caserta); proprio in questa sede infatti, gli agenti della Polizia di Stato, irrompevano, in maniera inusitata e creando non poco imbarazzo tra tutti i lavoratori dell’organizzazione sindacale, nella giornata del 26 gennaio 2013, sequestrando, nell’ufficio dello stesso sindacalista, somme pari, come su detto, proprio a 16.000 euro. Naturalmente, come immediata conseguenza di questo scivolone, davvero inaspettato, la CGIL Campania, ha sospeso Spena da tutti gli incarichi ricoperti nell’organizzazione.
Non è nostro compito, né vocazione, quella di entrare nel merito delle vicende giudiziarie, né tantomeno esprimere giudizi pregiudiziali o sentenze affrettate; sarà naturalmente dovere degli organi preposti, quello di appurare quanto ci sia di vero nelle ipotesi di reato. Nonostante tutto, senza con ciò voler stabilire connessioni inesistenti con la materia di reato, ci sentiamo di aggiungere, che i militanti ed i lavoratori, che praticano il conflitto sociale in provincia di Caserta, non avevano certo bisogno dell’intervento delle forze dell’ordine per esprimere il proprio giudizio di sfiducia nei confronti del sindacalista Spena. Egli è già infatti vecchia conoscenza per tutti coloro i quali hanno tentato, in questa terra, di opporre alla logica dei sindacati concertativi, la prassi del conflitto di classe, teso a contrastare da una parte le vessazioni padronali e dall’altra a spezzare quella catena sciagurata che lega, in maniera clientelare, la politica locale e le imprese.
Originario di Carinaro, paesino dell’agro aversano in provincia di Caserta, il nostro Spena, formatosi nelle strutture del PCI di Aversa, poi passato all’attività sindacale, lasciava tracce di sé già negli anni ’70-80, quando appunto, quale esponente della FIOM, partecipava da protagonista, alla ristrutturazione aziendale della “Indesit” di Marcianise; sarà utile aggiungere, al fine della comprensione del contesto, che da tale “piano di rilancio industriale” vennero fuori licenziamenti mirati, i quali appunto, andarono a colpire proprio quei lavoratori che al tempo si organizzavano nel “Collettivo Politico Operaio” aziendale, vicino all’area dell’Autonomia Operaia, e che combatteva affinchè quella vertenza assumesse i connotati della contrapposizione di classe.
Ma non vi sono solo ricordi risalenti di qualche compagno amareggiato dalla memoria del passato: la disaffezione al conflitto sociale e la vocazione concertativa, evidentemente, non deve aver mai del tutto abbandonato il sig. Spena. Ed infatti rieccolo comparire nel Settembre 2011, ancora una volta nella veste di dirigente FIOM, nella vertenza per il miglioramento delle condizioni lavorative, presso la “Terra di Lavoro” s.p.a., nella quale appunto, ai dipendenti venivano assegnati mansioni lavorative non corrispondenti ai livelli di inquadramento contrattuale, nella quale i piani ferie e “ore di straordinario” non venivano pattuiti con le organizzazioni sindacali, nella quale, ancora, venivano riscontrate gravi mancanze in termini di rispetto della normativa sulla sicurezza. In questa occasione, a farne le spese dell’intervento di Spena, è stata la struttura sindacale aziendale dell’Unione Sindacale di Base, la quale, unica tra le sigle presenti in azienda, si è macchiata della “colpa” di aver denunciato al personale ispettivo tutte le palesi violazioni dei diritti e delle prerogative dei lavoratori, indicendo in quel caso Stato di Agitazione e diverse giornate di “sciopero della mansione”. La conseguenze non hanno tardato a presentarsi: per espressa richiesta, verbalizzata durante un’incontro, la FIOM, in persona dell’ormai noto Angelo Spena, congiuntamente con il rappresentante della FIM-CISL (organizzazione che proprio in quei giorni, agiva a livello nazionale per escludere la stessa FIOM dall’ambito della rappresentanza sindacale), chiedeva alla direzione aziendale, di tenere tavoli e di incontrare solo ed esclusivamente le rappresentanze delle organizzazioni sindacali firmatarie, fomentando, fra gli operai, un ingiustificato allarme sulla possibilità della chiusura dell’azienda e sulla necessità della collaborazione con la stessa direzione aziendale, invitando nel contempo tutti i lavoratori a non soffermarsi troppo su quanto effettivamente c’era di illecito nello svolgimento quotidiano della prestazione lavorativa. Che sia stata solo una coincidenza che, a decorrere da quella data, il delegato USB si sia visto comminare svariate sanzioni disciplinari? Noi abbiamo la nostra risposta.
Non sappiamo certamente a quali esiti porterà la vicenda giudiziaria che ad oggi interessa la persona di Angelo Spena, ed onestamente, ci importa relativamente; poiché il punto sul quale siamo davvero interessati a focalizzare l’attenzione, è, ancora una volta, l’evidente contraddizione secondo cui, la FIOM da una parte riesce a rappresentarsi come quella organizzazione sindacale in grado di porre in essere grandi battaglie per la democrazia sul posto di lavoro, come a Pomigliano, grazie soprattutto allo sforzo collettivo di tanti ottimi compagni ed onesti lavoratori, e dall’altra agisce, ormai non da poco tempo, in maniera meno evidente, attraverso la sua burocrazia, quale sindacato in molti casi protagonista della concertazione. E’ una contraddizione che, certamente, noi non possiamo sciogliere, ma che resta comunque una questione aperta ed all’ordine del giorno, per tutte le coscienze critiche, oneste ed attente delle centinaia di migliaia di lavoratori iscritti alla sigla che per tanti decenni ha rappresentato la bandiera della rivendicazione di classe. Una contraddizione che può essere “risolta” solo con il conflitto.
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