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Telecom. Il vero problema è la decimazione dei lavoratori

Nel giro di pochi mesi Telecom ha creato tutte le condizioni per arrivare alle recenti delibere assunte nell’ultimo CdA, che ha dato l’assenso a verificare l’integrazione con i cinesi di Hutchison Whampoa:

·        Nel dicembre scorso ha ghettizzato la maggior parte delle sue attività commerciali (call center compresi) nella divisione caring

·        Il 1° febbraio viene sottoscritta l’ipotesi di rinnovo del contratto delle telecomunicazioni dopo un anno di vuoto contrattuale. Si tratta di un contratto di basso profilo, con dei contenuti economici che non coprono nemmeno l’inflazione reale, tutto proteso alla flessibilità prevista dal nuovo modello contrattuale come previsto dall’accordo 28 giugno 2011 sottoscritto da Cgil Cisl Uil con Confindustria.

·        Sempre in febbraio Telecom annuncia la necessità di societarizzare la divisione caring

·        A marzo Telecom deve applicare il suo piano industriale e convoca i sindacati

·        Il 27 marzo, nel giro di soli 20 giorni, grazie ad un accordo sottoscritto da Cgil Cisl Uil e Ugl, Telecom ottiene tutto quello chiede. Un accordo che praticamente è la fotocopia delle conquiste ottenute in Fiat da Marchionne: altri ammortizzatori sociali (contratti di solidarietà e mobilità), chiusura definitiva di 47 sedi,  controlli individuali sui tecnici e sugli operatori dei call center, possibilità di aumentare gli orari, probabile societarizzazione del caring nel 2014.

A questo punto Telecom è appetibile perché pronta a trasformarsi da azienda leader nazionale delle telecomunicazioni, in una holding, con sotto una rete di accesso separata, pronta per lo scorporo e dall’altra parte i call center. Non sono quindi casuali gli interessi di 3 Italia ed il suo azionista di riferimento Hutchison Whampoa all’integrazione con Telecom ed il mandato del CdA della stessa Telecom a verificarne la fattibilità è a questo punto scontato.

Fanno sorridere le dichiarazioni sul tema di Cgil, Cisl, Uil, preoccupate che le Tlc italiane cadano in mani straniere, “con effetti nefasti sulla competitività del paese e sui lavoratori”, quando sono state queste stesse organizzazioni a determinare questa condizione, grazie alla loro totale disponibilità, anche a costo di abbassare i diritti dei lavoratori che avrebbero dovuto rappresentare.

L’unica incognita è la politica, che in questa fase di vuoto governativo non è autorevole e non interviene, ma per Telecom potrebbe essere solo un vantaggio.

Il problema non è la nazionalità dell’azionista di maggioranza. Nel ’99 Colannino vinse la disputa con Deutsche Telecom e da allora iniziarono i debiti e gli ammortizzatori sociali. Ora Colannino sta risanando pure l’Alitalia.

Il vero problema in Telecom sono i lavoratori, che dai 100 mila del 2000 si sono ridotti a solo 44 mila, ma resta sempre elevatissimo il numero dei quasi 700 dirigenti. Sono ancora i lavoratori e la collettività a pagare sulla loro pelle gli effetti di una situazione di cui non sono responsabili.

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