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Indesit chiude Fabriano e Teverola: 1425 ‘esuberi’

Indesit Company annuncia 1.425 esuberi su un totale di 4 mila addetti in Italia, la chiusura di due impianti, a Melano di Fabriano, la casa madre, e Teverola (Caserta), e lo spostamento delle produzioni italiane ”non più sostenibili” in Turchia e in Polonia. Nel nostro paese l’azienda continuerà a produrre elettrodomestici ”ad alta innovazione e contenuto tecnologico, per le fasce medio alte della domanda”. Il ‘Piano di salvaguardia e razionalizzazione dell’assetto in Italia’, presentato ieri a Roma alle organizzazioni sindacali, é un vero ‘tsunami’ per i lavoratori del gruppo che nonostante la crisi generale mantiene una buona salute. Ma che evidentemente non vuole rinunciare neanche a una piccola fetta dei propri profitti e che quindi, per mantenerli, decide di delocalizzare laddove il costo del lavoro è più basso e i sindacati non si mettono di traverso (non che i confederali italiani siano stati in questi anni particolamente battaglieri). 
Appresa la ferale notizia, Fiom, Fim e Uilm hanno indetto 4 ore di sciopero in tutti gli stabilimenti e invocano un intervento del Governo perché ”lo smantellamento di un altro pezzo di industria italiana é inaccettabile”. Calo dei consumi (-23% in Italia, 9% in Europa), prezzi in discesa e competitor turchi e coreani molto aggressivi i motivi addotti dall’azienda, che ha affermato la sua intenzione comunque di ”evitare i licenziamenti” ricorrendo agli ammortizzatori sociali (dei 1.425 dipendenti coinvolti, 600 sono già in Cig) e promette di investire 70 mln di euro in Italia nel triennio 2014-2016. Nel dettaglio gli esuberi riguardano 25 dirigenti e 150 impiegati di staff, più 480 lavoratori a Fabriano, 230 a Comunanza (Ascoli Piceno), 540 a Caserta. Fabriano, fa sapere Indesit, sarà ”driver dell’innovazione per i forni da incasso; Comunanza per le lavabiancheria a carica frontale; Caserta per frigoriferi e piani cottura a gas da incasso”. Ciò significa però, lamenta la Uilm Uil, che Melano, uno dei due siti fabrianesi, chiuderebbe, e resterebbe attivo solo quello di Albacina; mentre a Caserta va verso la chiusura il sito di Teverola, e resterebbe in piedi solo quello di Carinaro. ”Un terremoto” per Fabriano, dove la deindustrializzazione ha già desertificato in questi ultimi anni la provincia, soprattutto con la crisi dell’Antonio Merloni e di tutte le aziende dell’indotto. ”Al piano – ricorda la Fiom – vanno aggiunti gli oltre 330 esuberi della riorganizzazione effettuata nel 2010 e nel 2012, che ha interessato gli stabilimenti di Brembate (Bergamo), Refrontolo (Treviso) e None (Torino)”, mentre la Fim boccia un piano che ”delocalizza e non dà prospettive agli stabilimenti italiani”. In Italia, replica il responsabile risorse umane Gianluca Grondona del gruppo ”Indesit realizza il 30% della produzione e il 12% del fatturato, abbiamo dovuto per forza intervenire”. Ma per operai e impiegati di Melano, Albacina e Caserta é un vero e proprio dramma: ”sono sgomento – dice una tuta blù a Fabriano – già così non riesco ad andare avanti, e in casa lavora uno solo”. Si spera ora nei contratti di solidarietà (tagli in busta paga del 10-20%), ma la parola ‘speranza’ per ora non sembra avere particolare cittadinanza.
Dal quartier generale Indesit, per ora, nessun commento da parte della famiglia Merloni, e non parla neppure l’ad e neo presidente Marco Milani, che il 7 maggio scorso ha sostituito Andrea Merloni alla presidenza del gruppo. Una nomina espressa dalla cassaforte di famiglia Fineldo (che possiede oltre il 43% delle quote di Indesit), che sembrava aver messo la parola fine ai rumors su profonde divergenze sulle strategie future della società fra i figli di Vittorio Merloni, in particolare Andrea e Maria Paola, deputata di Scelta civica. ”Siamo una società italiana e restiamo in Italia” aveva detto Milani, ”anche se é penalizzante competere con concorrenti che producono in altri Paesi a prezzi più bassi”. Ieri la smentita, nei fatti, della promessa fatta appena un mese prima. 

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