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Telecom. Non si prendano più in giro lavoratori e consumatori

Quanto accaduto in questi giorni non deve essere ritenuto il capolinea né per la principale azienda di telecomunicazioni italiana, né tantomeno per i suoi dipendenti. È dalla privatizzazione che i lavoratori Telecom stanno pagando conti molto salati: organici ridotti del 60%, trasferimenti territoriali, ammortizzatori sociali ed esternalizzazioni; il tutto sempre e purtroppo con l’avallo di CGIL CISL UIL e UGL, firmatarie peraltro del recente accordo del 27 Marzo 2013.

Tale accordo ha riproposto i contratti di solidarietà, aumenti di orario non retribuiti,  rinuncia al rinnovo dell’integrativo aziendale; tutto ciò in cambio di un ipotetico rinvio della societarizzazione della divisione Caring (Call Center). Gli sviluppi degli ultimi giorni espongono invece ancora di più i lavoratori, vanificando paradossalmente tutti i pesanti sacrifici imposti dall’accordo stesso.

Ad oggi l’unica cosa certa e paradossale è che  Mediobanca, Banca Intesa e Generali, lasciano spazio in TELCO alla iberica Telefonica che è ancora più indebitata di Telecom stessa. Un’operazione che ricorda la scalata di Colaninno ed i suoi capitani coraggiosi, avvenuta sotto il governo D’Alema, alla fine della quale l’azienda restò sommersa dai debiti. Si tratta degli stessi soggetti che, con il Governo  Berlusconi avrebbero dovuto salvare l’Alitalia.

Ora i politici, Governo in testa, non  possono defilarsi e dichiarare semplicemente che Telecom è una società privata e quindi può agire come crede, perché non devono dimenticare che il patrimonio di infrastrutture di questa azienda è un patrimonio costruito con i soldi dei contribuenti. Quale crescita potrà mai esserci se lo Stato non entra in gioco, senza lasciare al degrado una rete telefonica che invece ha bisogno di essere potenziata ed ammodernata?

Qui non si tratta di salvaguardare solo l’italianità dell’azienda, ma un patrimonio sociale ed i livelli occupazionali di oltre 45.000 dipendenti diretti, più altrettanti degli appalti.

Che dire poi della riservatezza e della tutela delle comunicazioni del nostro paese? Uno Stato e un Governo che ha a cuore la democrazia e lo sviluppo, non può considerare tutte queste problematiche come marginali non curando un Asset strategico come le telecomunicazioni, mentre, al contrario, spende centinaia di miliardi in opere di fantomatica utilità come la TAV o i cacciabombardieri F-35.
 
Per queste ragioni assume ancor più rilevanza lo sciopero generale indetto dai sindacati di base per il prossimo 18 ottobre che, nelle sue importanti rivendicazioni, prevede anche la nazionalizzazione di imprese strategiche per il paese, fra le quali in primis Telecom Italia.

 

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