Manifestazioni, presidi, assemblee, petizioni, esposti alla Sovraintendenza ai Beni Culturali, al ministero dell’Ambiente, alla Commissione europea. Viaggi a Roma, Bruxelles, Parigi (Unesco). E poi ricorsi al Tar e e al Capo dello Stato. Dieci anni di lotta, di relazioni sociali ricostruite, di messa in discussione dello sviluppo perché la vita è un’altra cosa, tra sconfitte e disprezzi. Ora però la resistenza dei cittadini dei Comitati No Tangenziale, nati sulla spinta dei fratelli maggiori della Val di Susa, ha vinto: il Parco del Ticino e il Parco Agricolo Sud Milano non saranno ulteriormente devastati, il mostro d’asfalto è stato definanziato.
di Domenico Finiguerra*
Sono più di undici anni che lottiamo, come nel villaggio di Asterix, contro il mostro d’asfalto con il quale volevano (e stavolta il passato è certo!) violentare Cassinetta di Lugagnano, il territorio del Parco del Ticino e del Parco Agricolo Sud Milano.
Appena eletti, era il mese di novembre 2002, ci venne recapitato il progetto Anas: “Legge Obiettivo”, praticamente i comuni potevano solo dare un parere, tra l’altro non vincolante. Un progetto devastante. Due corsie per senso di marcia più corsie di emergenza, cavalcavia alti dieci metri, svincoli e complanari. Tutto su terreni agricoli. A trecento metri dal Naviglio Grande. I fontanili, le opere idrauliche, il reticolo idrico realizzato nei primi secoli dello scorso millennio, devastati e tombinati.
Subito scattò la mobilitazione spontanea. Nella sala consiliare di Cassinetta di Lugagnano c’erano oltre trecento persone la prima sera in cui prendeva forma l’opposizione dura e intransigente che sarebbe durata oltre dieci anni. Nascevano come funghi i Comitati No Tangenziale. In ogni comune attraversato dal progetto.
Manifestazioni, presidi, assemblee, petizioni (14 mila firme), ed esposti, alla Sovraintendenza ai Beni Culturali, al ministero dell’Ambiente, alla Commissione europea. Viaggi a Roma e Bruxelles. Si arriva anche a Parigi, con un esposto all’Unesco. E poi ricorsi al Tar e ricorsi straordinari al Capo dello Stato.
Tutti ci dicevano che erano solo tentativi inutili. Perché la Legge Obiettivo era come un rullo compressore. Non c’erano vincoli o bellezze che potessero impedire l’opera. E poi, Governo, Regione Lombardia, Provincia di Milano, Comune di Milano e tutti i comuni più grandi (Abbiategrasso, Magenta, Vigevano) erano tutti favorevoli.
Ricordo benissimo le estenuanti “riunioni farsa” in Regione a Milano e al Ministero dei Traporti a Roma. Sbeffeggiati e ridicolizzati. Una volta un funzionario dell’Anas, alle mie obiezioni sulla delicatezza del territorio del Parco e sulla presenza di vincoli dell’Unesco e dei Beni Culturali mi rispose con disprezzo: “Siamo stufi di dirvelo, noi abbiamo la Legge Obiettivo e non ci ferma nessuno!”. E come ostentava sicurezza l’assessore lombardo alle grandi opere, Raffaele Cattaneo. Così come i sindaci e gli assessori di Magenta, di Abbiategrasso, di Vigevano.
Ma ad ogni riunione noi, tenaci e testardi, ci presentavamo con le nostre osservazioni, sempre pronti a dare battaglia, con una nuova zeppa o con un granellino di sabbia per tentare di inceppare l’iter del loro cronoprogramma. E a volte ci siamo riusciti, a rallentare.
Con la bocciatura dell’Unesco, da noi sollecitato con esposto oppure con la clamorosa ripubblicazione di un avviso perché avevamo scovato un errore di procedura.
Però, nonostante tutti i presidi, le manifestazioni, gli incontri e gli imprevisti da noi provocati, tutti davano comunque per certa la colata di asfalto e cemento. Quasi tutti erano rassegnati a vedere crescere ponti e cavalcavia ed a subire l’esproprio della loro terra. E soprattutto loro, quelli del “SI Tangenziale” erano sicuri che la “loro” grande opera sarebbe arrivata, prima o poi. Tanto sicuri che già pervenivano in Comune le richieste per autogrill e nuovi sogni…
Poi qualcosa si inceppa davvero. Cominciano a scarseggiere le risorse. Malpensa perde terreno. Passano i mesi. I costi lievitano. E il Cipe non approva. Le prescrizioni e le mitigazioni da noi provocate per tutelare il territorio fanno salire ancora di più il costo dell’opera, che comincia a diventare troppo onerosa. Così, le risorse assegnate vengono cancellate.
Già da qualche mese era nell’aria che la tanto discussa superstrada poteva essere definitivamente messa in soffitta. E finalmente, è arrivata la notizia che il mostro d’asfalto è stato definanziato.
Sono orgoglioso di aver partecipato alla vertenza territoriale più importante che questa porzione di Lombardia abbia mai visto. Sono onorato di averlo potuto fare al fianco della comunità, dei cittadini e dei compagni di strada che hanno condiviso il mio impegno alla guida del Comune di Cassinetta di Lugagnano. Sono contento di aver marciato in questa lunga lotta con il Folletto 25603 e con i cittadini del Comitato No Tangenziale. Sono, anzi siamo fortunati ad aver incrociato in questi oltre undici anni le altre terre d’Italia in movimento, dalla Val di Susa a L’Aquila, dalla Sardegna al Salento, dal Lazio alla Liguria, dalla pianura padana alla terra dei fuochi.
Dopo oltre 4.000 giorni, oggi lo possiamo finalmente dire: No Tangenziale! L’autostrada non si fa. E questa è finalmente una vittoria. Ma la guardia resterà sempre alta.
*Domenico Finiguerra, dal 2002 al 2012, è stato sindaco di Cassinetta di Lugagnano, oggi è consigliere comunale ad Abbiategrasso alla guida di una lista civica.Domenico è tra i promotori insieme a molti altri della campagna e del movimento nazionale “Stop al Consumo di Territorio”. È autore insieme a Chiara Sasso del libro: Il Suolo è dei nostri figli, ed Instar Libri.
da NoTav.info
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