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Leonardi (Usb): “No alla previdenza integrativa obbligatoria”

“Tre giorni fa l’Ocse ha lanciato l’allarme sul rischio per i giovani precari e i  lavoratori saltuari di percepire in vecchiaia una pensione da fame. Ieri il segretario della Cisl Bonanni  ha preso la palla al balzo per rilanciare la proposta di rendere obbligatoria l’adesione ai Fondi integrativi privati, mentre lui è andato in pensione con il sistema retributivo pochi giorni prima del varo della Riforma Fornero e con un assegno dell’Inps di 7.000 euro mensili”, commenta Pierpaolo Leonardi, dell’Esecutivo Nazionale USB.

“Ancora una volta si specula sul disagio sociale dei giovani per far decollare nel Paese la previdenza privata, nella quale CGIL-CISL-UIL hanno diretto interesse.  Quello che dice oggi l’Ocse – sottolinea Leonardi – lo denunciamo da anni, evidenziando i guasti che il sistema contributivo e le leggi che si sono susseguite dal 1995 ad oggi hanno prodotto alla previdenza sociale pubblica. L’aumento a dismisura della precarietà del lavoro ha amplificato poi gli effetti negativi dell’attuale sistema pensionistico ”.

“La ricetta, tuttavia, non può essere quella di scaricare sul lavoratore il peso di costruirsi individualmente una pensione dignitosa. L’adesione ai Fondi integrativi – prosegue il dirigente USB – non solo rappresenta un rischio economico, ma non si sa bene quali risorse dovrebbe investire un giovane che, se va bene, percepisce una retribuzione di  800 euro al mese”.

“Occorre rilanciare il sistema previdenziale pubblico e ripristinare un’età per la pensione che non obblighi i lavoratori a morire prima di lasciare definitivamente l’occupazione. Quarant’anni di lavoro – conclude Leonardi –  dovrebbero rappresentare un limite invalicabile. Per finanziare adeguatamente il sistema previdenziale pubblico è necessario intervenire sui contratti, cancellando ogni forma di precariato e rimettendo al centro il lavoro dipendente a tempo indeterminato, attuare una convinta lotta all’evasione fiscale e contributiva, recuperare le somme che oggi derivano dalla corruzione nel pubblico impiego, stimata dalla Corte dei conti in 60 miliardi all’anno”.    

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