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La Manuli come Marchionne. Il delegato licenziato non viene reintegrato

Il modello Marchionne non vige solo alla Fiat. Il caso del licenziamento, della causa e del mancato reintegro di un delegato sindacale Usb della Manuli di Ascoli, confermano che anche le sentenze dei tribunali si fermano ai cancelli delle fabbriche. “Nonostante la sentenza emessa due mesi e mezzo fa dal Tribunale di Milano e che reintegra sul posto di lavoro Andrea Quaglietti, segretario regionale Marche dell’Unione sindacale di base, il Gruppo Manuli Rubber non ottempera alla pronuncia dell’autorità giudiziaria” denuncia un comunicato della Usb secondo cui “il provvedimento della magistratura milanese ha dimostrato che il licenziamento era illegittimo e le accuse contro Quaglietti infondate”. La vicenda la ricostruisce lo stesso delegato della Usb:“Io fui licenziato nell’ottobre 2011 – spiega Quaglietti – e da allora non percepisco alcun reddito, proprio perché mi ero opposto con il sindacato di base alla politica di delocalizzazione avviata da anni da Manuli e al licenziamento di massa dei lavoratori piceni, lavoratori che per 40 anni hanno garantito all’azienda altissima professionalità e qualità nella produzione di tubi e manufatti in gomma, ed elevata redditività al Gruppo milanese. Le scelte fatte dal 2009 in poi dall’azienda – prosegue il sindacalista USB – cominciano ora a dimostrarsi fallimentari, perché per una serie di problemi, legati alle maestranze e ad altro, l’attività produttiva non decolla ne in Polonia ne in Cina. In quei paesi mancano le professionalità, le esperienze e le capacità che in Italia e nell’ascolano in particolare, hanno permesso nei decenni, dagli anni Settanta alle ultime generazioni di operai, a Manuli di realizzare e vendere nel mondo un prodotto di eccellenza.”

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