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Cina. Operai della Yue Yuen caricati dalla polizia

In corteo dalla fabbrica verso il centro della città di Dongguan, nella provincia del Guangdong (sud della Cina), verso i palazzi del governo, e improvvisamente l’attacco della polizia che scioglie il corteo. Il video è del 15 aprile, loro sono i lavoratori della taiwanese Yue Yuen, in Cina, che produce scarpe per i più grandi marchi mondiali. Sono in sciopero dal 14 aprile – non è la prima volta – per rivendicare diritti: aumenti salariali, migliori contratti, il pagamento delle assicurazioni, della previdenza sociale e alloggi (alcuni lavoratori non hanno mai ricevuto né alloggi né pasti gratuiti, nonostante il contratto lo prevedesse). E quando in Cina a incrociare le braccia e bloccare la produzione sono le migliaia di lavoratori della Yue Yuen che produce scarpe per Nike, Reebok, Asics, New Balance, Puma, Converse, Salomon e Timberland e che ha fabbriche in Cina, Indonesia, Vietnam, Stati Uniti, in Messico e altrove in Asia … i vari committenti-padroni cominciano a preoccuparsi. “Questa è una lezione costosa alle multinazionali che ignorano i diritti dei lavoratori”, ha dichiarato un lavoratore all’agenzia Reuters. Appunto. Perché alla Yue Yuen, che impiega di circa 70mila lavoratori, parliamo di questi numeri: 300 milioni di paia di scarpe prodotte lo scorso anno, equamente diviso tra Cina, Indonesia e Vietnam, per un utile netto di 434,8 milioni di dollari nel 2013.

Gli operai della Yue Yuen avevano scioperato già il 5 di aprile, poi dopo il blocco dei negoziati con l’azienda le proteste sono riprese più forti di prima fino ad arrivare allo sciopero del 14 aprile, che probabilmente – dice il China Labor – rappresenta uno dei più grandi scioperi dei lavoratori cinesi nella storia recente. Al centro della protesta, oltre alla richiesta di migliori condizioni di lavoro, il pagamento delle assicurazioni e della previdenza sociale.

I lavoratori, che provengono per lo più da altre province della Cina, secondo quanto stabilisce la legge cinese non possono trasferire in un’altra provincia la loro assicurazione, pagata in parte da loro e in parte dall’azienda, a meno che non venga pagato un supplemento. L’azienda però non ne vuole sapere di pagare.

Negli ultimi 10 anni il China Labor Watch ha condotto più di 400 indagini in proposito e non ha trovato neanche una fabbrica che rispettasse la legge cinese per quanto riguarda le assicurazioni. Una rivendicazione che va avanti da tempo, un “problema” di vecchia data, dunque, con la consapevolezza dei lavoratori che invece cresce e una protesta che si diffonde. Mentre lavoratori denunciano botte e arresti la fabbrica minaccia: i lavoratori che continuano a scioperare saranno licenziati!. Gli ultimi scioperi a Yue Yuen si aggiungono all’ondata di scioperi degli ultimi mesi in Cina, che hanno riguardato i lavoratori di multinazionali come Wal-Mart Stores Inc., Nokia, e International Business Machines Corp. e Samsung, che dopo (gli scioperi), è stata costretta ad aumentare i salari.  Sia Nike che Adidas “preoccupate degli eventi”, sembra stiano monitorando da vicino l’evolversi della situazione, mentre Puma ha negato qualsiasi rapporto di lavoro con l’impianto di Dongguan. Lo sciopero continua, e aumenta il numero dei lavoratori che incrociano le braccia.

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