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Roma. Educatrici e maestre occupano l’Ufficio Personale, sciopero della fame

Circa 20 educatrici e maestre hanno trascorso la notte all’interno della sede del Dipartimento risorse umane del Comune di Roma mentre un gruppo di precarie ha iniziato lo sciopero della fame. “Vogliamo un incontro con il sindaco, il ritiro del contratto, l’apertura di un tavolo sul precariato, la riqualificazione servizi pubblici!” affermano le manifestanti.

Ieri pomeriggio in quasi 200 le educatrici e le maestre di Roma Capitale aderenti all’Unione Sindacale di Base, dopo la partecipata assemblea “Le mani sporche sulla città” realizzata all’interno del Campidoglio dal sindacato di base, hanno deciso di rimanere all’interno della sede istituzionale e di presidiare il tavolo delle trattative preposto a discutere la riorganizzazione dei servizi scolastici di Roma all’interno dell’Ufficio del Personale.
Una riorganizzazione che secondo maestre ed educatrici in lotta “svilisce la qualità del servizio pubblico aumentando il numero di bambini nelle scuole e nei nidi e realizzando un taglio enorme sul precariato che da anni presta servizio in nidi e scuole. Vogliamo impedire l’applicazione del nuovo contratto per difendere i servizi pubblici e il posto di lavoro di circa 3000 persone che da precarie si ritroveranno disoccupate. Roma deve garantire diritti ai piccoli cittadini e alle loro famiglie” affermano le lavoratrici. Che denunciano un atteggiamento inaccettabile da parte dei responsabili istituzionali della Giunta Marina, a partire dall’Assessore Alessandra Cattoi che di fronte alla protesta “è andata via scortata come se dovesse proteggersi da delinquenti pericolosi”. 
“E’ necessario che il Sindaco si faccia carico di questa istanza e che avochi a sé la gestione politica di questo negoziato” afferma Caterina Fida (Usb) che poi aggiunge: “Sebbene l’USB ritenga questa Giunta moralmente inadeguata a trattare alcunché, apprezzeremmo un deciso cambio di marcia se il Sindaco fosse disposto a recepire le istanze delle lavoratrici e dei lavoratori capitolini, delle aziende e della cittadinanza tutta, piuttosto che dar credito a chi ha speculato sulla nostra pelle, compresa l’alta dirigenza capitolina”.

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