Avevano detto: “tutto a posto, tutto risolto, con l’accordo nessuno perderà il posto di lavoro”- Stiamo parlando dell’Ast di Terni, acciaieria cuore dell’industria umbra e quindi anche dell’occupazione regionale.
E invece, non appena finite le feste di fine anno, che avevano contribuito ad allentare la pressione dei lavoratori sull’azienda e sul governo, ecco le ricadute arrivare una dopo l’altra. A cominciare dall’indotto.
Nove lavoratori dell’Ise, azienda subappaltante dell’Ilserv, specializzata nel trasporto delle scorie all’interno allo stabilimento – una delle tante follie permesse dalla “esternalizzazione” di servizi centrali per la produzione – sono stati licenziati. O meglio: il “contratto” che riguarda la loro azienda è stato disdettato come conseguenza della richiesta capestro posta dalla Ast-ThyssenKrupp a tutte le ditte esterne: o abbassate il costo del 20%, oppure sopprimiamo l’appalto. E in questo specifico caso viene da chiedrsi cosa accada delle scorie fin qui movimentate dalla Ise: le sotterrano, forse?
Tardive e poco credibili le preoccupazioni della Cgil, che aveva firmato l’accordo. Il segretario della Filt locale (i dipendenti Ise, pur lavorando nell’Ast, erano coperti dal contratto del trasporto anzieché da quello vigente per i metalmeccanici) ha protestato con una nota stampa, senza peraltro avanzare nessuna proposta di lotta: «La decisione ha un gravissimo impatto occupazionale – scrive il sindacato – lasciando 9 persone senza lavoro e prospettive e non vorremmo che scelte inerenti la libertà di impresa ricadano poi inevitabilmente sui lavoratori, che non hanno particolari ammortizzatori sociali, né possibili incentivi all’esodo».
A tutti appare evidente che “l’accordo” abbia lasciato l’Ast con le mani totalmente libere, almeno per quanto riguarda i rapporti con un “indotto” che in realtà costituisce parte integrante delle lavorazioni industriali.
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