Francesco: “Ma la Coop sei tu!!”
Commessa: “Chi io? … ”
F: “Si tu, proprio tu…”
C: “Ma sei sicuro?”
F: “Si, si… ma quale Coop sei tu? Sei la Coop-Coop o la Coop a insegna Coop ma a capitale privato? O magari sei la Coop affiliata in franchising?”
C: “Boh… sull’insegna c’è scritto Coop, sulla busta paga pure. I clienti la chiamano ‘la Coop’, i prodotti sono a marchio Coop, ora mi metti il dubbio…”
F: “Va beh, ma tanto la Coop è sempre la Coop… e la Coop sei tu…”
C: “Si, ma i lavoratori Coop hanno tutti gli stessi diritti? Lo stesso salario? Insomma, siamo tutti colleghi?”
F: “Alcuni si, altri no… ma la Coop siete tutti voi, siamo tutti noi. E per noi della Coop i Valori sono importanti, altro che diritti, altro chesalario. Non ricordi il jingle “voglio vivere alla coop? Non segui le campagne sociali che la Coop lancia come se piovesse?”
C: “No, guarda, sono troppo intenta a lavorare, di tempo me ne rimane ben poco visto che sono una mamma single, con tutto ciò che questo comporta…”
F: “Si, immagino, però quest’anno la Coop di campagne ne ha lanciate tante, tanti Valori, la centralità dei soci. Pensa che tra le eredità positive di Expo ci sono anche i 20.000 pasti gratuiti che Coop e Caritas Ambrosiana hanno prodotto grazie allo sviluppo del progetto ‘Buon Fine’.”
C: “Se hahaha… Ma di quali valori parli? Di quelli economici? Ma dai… All’Expo di gratis ricordo bene il lavoro. Ricordo i pessimi accordi sindacali che hanno permesso a molte aziende di usufruire dilavoratori a costo zero. Eppure lavoro è parola che deriva dal latino labor, laboris: fatica, sofferenza, pena. Nel dialetto siciliano, lavorare è travagliare; nel dialetto napoletano, faticare… Insomma, il lavoro è pesante e andrebbe retribuito! ”
F: “Dai… ma che vuol dire. Quella mica era la Coop. La Coop i salari li paga. E poi Expo 2015 ha offerto tantissime opportunità di lavoro‘gratis’ (ma anche sottopagate) da non lasciarsi sfuggire e che molti giovani potranno aggiungere al loro pomposo curriculum suLinkedin: “2015: ho fatto il (una parola in inglese a caso) a Expo 2015″.
C: “Ma come? Ma scusa, il lavoro si paga. Comunque, torniamo alla Coop, perchè c’è qualcosa che non capisco e tu sfuggi alla mia domanda centrale: siamo ancora tutti colleghi?”
F: “Ma che vuol dire, che differenza fa, la Coop sei tu, sono loro, siamo tutti noi…”
C: “Ma sei sicuro? a me questa cosa non mi convince. Anzi, sai che ti dico? Se la Coop fossi io non ci sarebbero tutte queste differenze. I lavoratori sarebbero pagati tutti allo stesso modo e la Coop non si trasformerebbe in una S.r.l.. Per questo non sono certa che la Coop sia io….“
F: “Ma come, e allora il Tenente Colombo? Woody Allen? La Littizzetto? Tutti quei soldi spesi negli anni per veicolare quei valori,quel marchio, quel senso di appartenenza? Che facciamo? Guarda chela Coop siamo noi e l’investimento sull’immagine è anche il nostro, non possiamo buttare tutto nel cesso, i tempi cambiano e anche la Coop si adegua alle trasformazioni. E l’abbassamento del costo del lavoro è funzionale alla sopravvivenza dell’azienda”
C: “Ma per piacere… abbassamento del costo del lavoro? Più di così? E io non ho diritto a mantenere il mio livello salariale? Già basso di per se, paragonato al costo della vita che cresce ogni giorno? Senti bene che ti dico… io non sono la Coop e quello non è il mio spot.Vatti a fare una bella passeggiata e rinfrescati le idee, che io devo timbrare il cartellino; e se faccio tardi mi becco pure un bel richiamo…
Questo breve dialogo immaginario con un’immaginaria commessa della Coop, rappresenta il triste epilogo da me ipotizzato almeno cinque anni fa. Posizione solitaria, sostenuta soltanto dall’organizzazione sindacale che mi ha dato fiducia: l’Unione sindacale di Base. Le notizie, ancora frammentarie, sulla possibile costituzione di una nuova società che conterrebbe i negozi Coop di Lazio e Umbria, segue quanto successo in Campania e le recenti aperture in franchising, sempre nel Lazio. Un marchio in affitto o in una sorta di nuova frontiera dell’appalto, dove il soggetto appaltante coincide con il soggetto appaltatore.
Insomma, la Coop non può delocalizzare in paesi dove il lavoro costa meno, come fanno call center e fabbriche; e allora il coniglio che hanno tirato fuori dal cilindro ottiene lo stesso risultato. Le grandi Coop appaltano a soggetti esterni o a loro stessi, costituiti in società private non cooperative, il marchio Coop e ottengono un abbassamento delcosto del lavoro a danno di chi la Coop la fa tutti i giorni: le lavoratrici ed i lavoratori.
La domanda nasce spontanea: cosa ne sanno i milioni di soci Coop di tutto ciò? Sarebbero d’accordo? Che fine ha fatto lo spirito cooperativistico?
Lascio a voi tutti la risposta, la mia la conoscete già. Io vado a farmi la passeggiata suggerita dalla commessa immaginaria, per rinfrescarmi le idee, sì, ma anche per far sbollire la rabbia!!
da http://www.francescoiacovone.com/
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