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L’inferno della grande distribuzione. Una testimonianza

Sono un lavoratore come tanti. Anzi, un ex lavoratore, visto che il mio contratto è scaduto a luglio. Per diverso tempo ho lavorato per una Cooperativa della Grande Distribuzione Organizzata. Per i non addetti, ero uno di quei lavoratori che spesso ignorate quando andate a fare la spesa al supermercato, o ai quali vi rivolgete solo se manca qualcosa o per lamentarvi.
Il lavoro era impegnativo (grazie a Monti si lavora anche domeniche e festivi) ma tutto era fatto secondo le regole: gli straordinari venivano pagati, le norme sulla sicurezza seguite con attenzione, i diritti sindacali rispettati e si guadagnava anche un po’ meglio dei colleghi di altre catene.

Purtroppo il contratto è scaduto appunto a luglio e da allora sto cercando una nuova occupazione.

Il mondo della Grande Distribuzione Organizzata, insieme ai call center, è una giungla, in cui, come in tutte le giungle, vince il più forte. Cioè non il lavoratore, non io. Lo sapevo che sarebbe stata dura passare ad altre catene, che sarei passato dal paradiso al purgatorio. Ma l’inferno non me lo aspettavo proprio. E di certo non l’inferno che mi è stato prospettato.
Qualche settimana fa un’agenzia del lavoro della mia città mi ha chiamato per un colloquio. Ovviamente queste chiamate accendono un mix di attesa e speranza, una luce che si accende, la possibilità di tornare a vivere e non limitarsi a sopravvivere: non avere problemi a uscire una volta con gli amici; non doversi vergognare di trovarsi alla cassa del pub senza soldi nel portafoglio per pagare; la soddisfazione di arrivare a sera avendo fatto qualcosa  di utile insieme agli altri.
Ma la realtà del colloquio è stata una doccia fredda. Uno dei tanti discount, di quei negozi che vendono prodotti di dubbia qualità a basso prezzo, apre nuovi negozi nella mia provincia. Ovviamente, come in ogni colloquio nelle agenzie di lavoro, non viene svelato il nome della catena. Chissà perché, forse per vergogna. L’esperienza ce l’ho, il settore lo conosco e dopo mezz’ora di colloquio hanno capito che il mio profilo può interessare al cliente. Ma io sono interessato alla posizione? Questa è la domanda. Ovviamente sì, qualsiasi cosa pur di non stare più a casa. Qualsiasi cosa piuttosto di passare le giornata a casa da solo a mandare decine di Cv al giorno. Quindi ci sarà un secondo colloquio con il responsabile della catena e nel mentre mi vengono prospettate le condizioni contrattuali. Prima qualche mese di prova come somministrazione (cioè un contratto con l’agenzia interinale) per poi essere assunto a tempo determinato dalla catena di supermercati. Se tutto va bene, il contratto a tempo indeterminato dopo questo periodo. Non è un lavoro e un contratto da sogno, ma me lo aspettavo. Purtroppo è la norma, ma l’avevo messo in conto. Benissimo, accetto soddisfatto. Ma il responsabile dell’agenzia mi avverte che il lavoro sarà impegnativo e vuol sapere se sono pronto. Ovviamente sì, ho già lavorato della Gdo, anche nei fine settimana. Nessun problema. Ma qui c’è dell’altro. Poiché il negozio apriva a Dicembre si andrà incontro al periodo natalizio. E mi chiede la disponibilità a lavorare sempre. E anche qui annuisco. E’ la norma purtroppo. Ma precisa che lavorare sempre a Dicembre, significa (parole sue) lavorare tutti i giorni del mese, domeniche e festivi compresi, senza alcun giorno di sosta. Rimango basito. Lui precisa che è normale e che anche l’anno precedente, negli altri negozi è stato così.
Come lo definireste voi? Un inferno. Un intero mese senza soste, senza domeniche. Un gradino sopra gli schiavi. Il direttore dell’agenzia precisa che ovviamente gli straordinari saranno pagati tutti. Ma come? Come è possibile non far risultare alcun giorno di riposo? O saranno pagati in nero? Come si può proporre tutto questo in un lavoro molto fisico, dove si tratta di spostare pallet di decine di chili con i muletti o di andare in celle frigorifere a -18. la stanchezza crea gli infortuni e i morti sul lavoro.
Sono diviso tra il disgusto e la necessità. Tra il non voler vendere la mia dignità di lavoratore a questi sfruttatori e la necessità di lavorare. Chinare la testa e vergognarsi di sé stessi, vergognarsi a pensare al nonno manovale di cantiere che mi ha insegnato a tenere la testa alta sempre, sentire di tradirlo con un sì, quasi dimenticare i suoi racconti della guerra e delle manifestazioni, degli scioperi e delle manganellate della polizia. Oppure rifiutare quasi dignitosamente, ma restare solo a casa, e continuare a sopravvivere. Ma sarebbe vita accettare?
Ma la rabbia in ogni caso prevale. Ma il riposo settimanale non è un diritto costituzionale? e dove sono i principi etici enunciati all’entrata dell’agenzia interinale? Dov’è l’ispettorato del lavoro? Possibile che nessuno se ne sia accorto? Com’è possibile che tutto ciò accada? Dove sono i sindacati? Dove sono quei giovani incravattati che ci spiegano ogni giorno quanto sia bello e buon il Job Act? Ha proprio ragione Landini, da quando si usano i nomi inglesi, ai lavoratori sono arrivati solo guai. E dove sono Treu, Maroni, Monti, la Fornero e tutti quei ministri che hanno scritto leggi che permettono tutto ciò? La Fornero ci ha detto che non dobbiamo essere choosy (un altro termine inglese!), cioè schizzinosi. Ma lei ha mai dovuto scegliere tra la sopravvivenza e queste condizioni?
Non so cosa farò. Non ho ancora deciso. Sento solo che vorrei fare qualcosa per tutti quei colleghi che già hanno dovuto accettare queste condizioni, che vivono a queste condizioni e che rischiano la vita ogni giorno a causa della propria stanchezza e della stanchezza degli altri. Ma non so cosa posso fare. A loro tutti va la mia solidarietà più sentita. Mentre questa agenzia e la catena di supermercati non si meritano altro che il mio disgusto più profondo. Il disgusto per chi sfrutta gli altri, per chi si approfitta di una situazione di difficoltà degli altri, il disgusto per chi gioca con le vite degli altri, il disgusto per chi (al primo infortunio) accollerà tutte le responsabilità al lavoratore.
Tutto questo non avveniva quando i lavoratori erano organizzati. Quando i sindacati erano combattivi e presenti.

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1 Commento


  • Giada Benigno

    Il tuo racconto è disarmante ma davvero molto utile. Io sono una ragazza che come te, per non soccombere alla disperazione dell’invio di migliaia di curriculum al giorno, ha appena siglato un contratto di sei mesi in una catena similare, non nel settore alimentare ma sempre rientrante nella gdo. Un lavoro stancante, di otto ore al giorno con due ore di pausa obbligatorie, in modo che con meno personale possono coprire più ore di apertura. Con turni che iniziano alle 6 del mattino e che (forse) finiscono alle 16. Dove per legge possiamo lavorare fino a 13 giorni consecutivi ( e non parlo del periodo natalizio) e non viene tenuto conto che una persona che lavora con scarpe anti infortunio e manovra muletti forse potrebbe arrivare al decimo giorno che vacilla leggermente. Dove non importa che tu abbia una vita o una famiglia (e non puoi nemmeno pensare di costruirtela), la tua vita è nel luogo di lavoro e ruota attorno a questo. Dove in teoria ti senti protetto e tutelato da un contratto ma vai avanti a rinnovi determinati fino all’esaurimento.
    Siamo in tanti in queste condizioni, ragazzi e ragazze che sanno di valere e che sono obbligati da un sistema malato e senza più tutele ad accettare di lavorare per degli squali.
    All’inizio ti ho detto che il tuo è racconto è utile, utile a tutte quelle persone che come me sono finite a leggerlo cercando in internet “come sopravvivere nella grande distribuzione”. Non siamo soli, siamo in tanti.
    Un abbraccio e spero che tu abbia trovato qualcosa che ti faccia svegliare la mattina con un sorriso e non con lo schifo.

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