Sabato si riuniranno i delegati metalmeccanici dell'Usb, un evento fino a solo un anno fa quasi impensabile, vista la presa apparentemente ferrea della Fiom Cgil sulla categoria storicamente centrale della classe operaia. Ma le cose stanno cambiando rapidamente, nel panorama sindacale italiano. E lo sciopero generale del 21 ottobre lo ha dimostrato, chiarendo a tutti che un certo sindacalismo di base è diventato adulto, credibile, attrattivo per una massa crescente di lavoratori di tutte le categorie.
Radio Città Aperta – su questo appuntamento e lo stato della categoria, dopo la firma dell'ignobile contratto nazionale da parte di Cgil, Cisl e Uil – ha intervistato Sergio Bellavita, ora dirigente dei metalmeccanici Usb, ex componente della segreteria nazionale Fiom.
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L'assemblea nazionale metalmeccanica si terrà domani a Bologna, indetta dall'Unione Sindacale di base. Abbiamo con noi Sergio Bellavita. Sergio, buon pomeriggio.
Ciao buon pomeriggio a tutte e tutti.
Un'assemblea nazionale metalmeccanica in cui vediamo le parole d'ordine “difendiamo salari e diritti”. Questo sarà, diciamo, il centro della discussione, dell'assemblea?
Certo. Difendiamo salari e diritti perché siamo nella condizione di dover difenderci dal rinnovo del contratto nazionale che FimFiom-Uilm hanno firmato il 26 novembre scorso. Un accordo che liquida, nei fatti, la tipologia di contratto nazionale conquistato nel 1969, con la stagione delle lotte operaie. Lo liquida perché chiude la politica salariale. Per la prima volta non ci sono le tabelle salariali perché non c'è nessuna certezza di aumento, tutto è legato all'indicatore Ipca, che è molto al di sotto dell'inflazione reale; quindi con la certezza di ridurre i salari nel corso della durata contrattuale, perché viene concessa l'assorbibilità di quanto erogato dal contratto nazionale nella contrattazione aziendale, rispetto alla condizione del singolo lavoratore nei "superminimi", per tutti quei lavoratori – e non sono pochi – che hanno un superminimo individuale. Cioè si regala al padrone la politica salariale che, come tutti sappiamo, viene utilizzata nelle aziende per premiare o per punire. Quindi da quel punto di vista cessa il ruolo del contratto nazionale. In più ci sono peggioramenti nella parte normativa. In termini generali, si sta accentando il jobs act. E quindi abbiamo bisogno di fare una grande assemblea per decidere insieme ai lavoratori che hanno già aderito all'Usb, a quelli che vorranno aderire – e non sono pochi – a quelli che vogliono costruire l'Usb in ogni fabbrica, per difendersi da questo accordo, quale linea contrattuale mettere in campo per poter resistere a questa ennesima aggressione ai diritti e al salario.
Nel leggere i vari punti che si possono trovare sul sito dell'Usb colpisce questa frase: “si torna ai premi in natura”. Che significa?
Significa esattamente tornare indietro, forse addirittura al sale come salrio, al sale dato al posto della paga. In ogni caso a quando, nell'800, molti padroni anziché dare un salario monetario, erogavano ai lavoratori premi in natura. In questo caso Fim-Fiom-Uilm hanno deciso di applicare fino in fondo la legislazione del governo Renzi, che rende detassabile e totalmente decontribuibile ogni centesimo dato a titolo di welfare. Per cui i lavoratori metalmeccanici si ritroveranno ad avere 100 euro il primo anno, 150-200 al terzo anno, in buoni spesa non meglio identificati; perché tutto è rimandato all'accordo che Fim-Fiom-Uilm e Federmeccanica – quindi ai sindacati firmatari e ai padroni – cureranno con aziende della distribuzione. Che potranno essere la Coop o l'Esselunga per la spesa, oppure con le compagnie petrolifere per i buoni benzina… Esattamente come ha fatto Marchionne in Fca, che quest'anno ha distribuito, per i lavoratori che volevano, volontariamente, trasformare il premio di risultato da euro, in buono spesa. Insieme a questo c'è lo scandalo della sanità integrativa, che non ha nulla di integrativo ma si propone esplicitamente come alternativa alla sanità pubblica. Non solo non aiuta a mantenere la sanità pubblica. Ma il miliardo di euro che verrà rastrellato con il meccanismo del silenzio-assenso – tutti i lavoratori metalmeccanici si ritroveranno iscritti d'ufficio al fondo Cometa salute, del gruppo Unipol per capirci, quindi immaginiamo che giro di interessi clamoroso c'è – sarà gestito da un fondo privato. Questo miliardo di euro è sottratto dalle paghe dei lavoratori, evidentemente, perché per i padroni dare un centesimo sulla sanità integrativa vuol dire darlo in nero sul salario… Ma soprattutto è sottratto alla sanità pubblica e incentiva il passaggio della privatizzazione totale della sanità pubblica, così come era accaduto anni fa con i Fondi di previdenza complementare; che non avevano niente di complementare, ma hanno aiutato i governi a cancellare o ridurre la pensione da lavoro, la pensione pubblica.
Certo… Dunque, immaginiamo un incontro, una discussione, uno scambio anche di idee e di possibilità. Ma c'è una possibilità in qualche modo di riaprire la lotta su questo contratto?
Intanto noi salutiamo positivamente tutti coloro, e non sono pochi, che si stanno mobilitando per il NO nella consultazione… Una consultazione che come organizzazione non riconosciamo, perché riteniamo che non abbia nessuna valenza, nessuna trasparenza, nessuna democrazia. Gestita interamente dai sindacati firmatari, sappiamo – come è accaduto nel contratto di igiene ambientale – che non è esattamente di poco conto avere una gestione democratica aperta anche a chi è contrario a quell'accordo, a partire dalle assemblee in cui sarebbe utile e necessario che i lavoratori sentissero sia le ragioni del sì sia le ragioni del no. Quindi salutiamo tutti coloro che si stanno mobilitando per il NO. Speriamo e lavoriamo insieme a tutti quelli si oppongono a questo accordo, per mettere in campo anche delle mobilitazioni per rigettarlo. Soprattuto per non praticarlo e renderlo inapplicato. Intanto sulla salute, quindi per la sanità integrativa, la cosa che si può fare è una campagna per informare i lavoratori perché non aderiscano, o dichiarino esplicitamente di non voler aderire alla sanità integrativa, rivendicando che l'azienda dia quei soldi al lavoratore – anziché al fondo, cioè all'Unipol.
Molte grazie, Sergio.
Grazie a voi.
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