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Contratto telecomunicazioni. Il gioco delle tre carte tra confederali e aziende

Il 22 dicembre le Segreterie Nazionali FISTEL-SLC-UILCOM hanno interrotto le trattative per il rinnovo del CCNL delle Telecomunicazioni, ormai scaduto da un paio d’anni, annunciando lo stato d’agitazione e la programmazione di 16 ore di sciopero ad oggi non ancora proclamato ufficialmente. Il motivo dichiarato a supporto della decisione è la “grande distanza” dalle richieste di ASSTEL su “normativa, orari, flessibilità…”. Hanno fatto però bene attenzione a non specificare quali punti siano contrattabili e quali no, né tantomeno hanno formulato proposte alternative. Troppo comodo parlare solo di una semplice “grande distanza”, senza assumersi fino in fondo la responsabilità di dichiarare che le proposte di ASSTEL sono semplicemente irricevibili.

Il nuovo contratto segnerà una regressione di diritti e retribuzioni senza precedenti.

Risultano inverosimili quindi gli appelli all’unità, se non sono chiare le parole d’ordine e l’organizzazione di eventuali azioni congiunte. E’ già troppo tardi? Forse no, ma dipende da tutti.

Ciò che è accaduto in Almaviva è molto più vicino a noi di quello che sembra. Gli stessi sindacati che oggi “rompono il tavolo” con ASSTEL sul contratto nazionale, volevano tranquillamente accettare molte delle stesse identiche proposte presentate sul tavolo aziendale di Almaviva. E troviamo disgustoso il gioco di squadra tra Governo, Azienda, ASSTEL e Sindacati Confederali Nazionali di categoria, che non solo non ha impedito 1.666 licenziamenti a Roma, ma si è trasformato in una vera e propria rappresaglia verso le RSU e i lavoratori che avevano osato opporsi alla riduzione di salari già bassi, all’applicazione del controllo a distanza e a una flessibilità ancora più disumana; la firma dell’accordo a Napoli ha rimandato di soli tre mesi un analogo disastroso epilogo che sarà inevitabile a meno di cedere comunque su tutto e non impedirà all’azienda di delocalizzare all’estero, trovando così altrove la schiavitù che vorrebbe nel nostro Paese.

I lavoratori devono comprendere bene il gioco ambiguo che i sindacati confederali stanno conducendo: se quelle proposte verranno accettate nel Contratto Nazionale, saremo tutti ALMAVIVA!

E, senza vergogna alcuna, AssoTelecomunicazioni-Asstel dichiara di rimanere disponibile al confronto sottolineando che con questo CCNL “si può costruire un modello di rappresentanza che sia capace di alimentare la condivisione, prevenire la conflittualità e privilegiare la contrattazione aziendale rispetto a quella nazionale, per trovare il giusto punto di equilibrio tra le esigenze delle imprese e quelle dei lavoratori”. E questo non significa altro che il soffocamento di qualsiasi lotta presente e futura contro ogni tentativo di sfruttamento.

Il CCNL che vogliamo noi di USB Telecomunicazioni deve essere esclusivamente nell’interesse dei lavoratori che devono potersi giocare questa partita da protagonisti: senza jobs act, demansionamenti e controllo a distanza; con aumenti salariali veri e indennizzo economico della vacanza contrattuale; nessun blocco degli scatti di anzianità, progressivo recupero dei diritti persi su orari, normativa e welfare aziendale.

A motivare tutti i lavoratori TIM a una lotta più convinta c’è poi l’aggravante che il Gruppo TIM ha disdetto il contratto aziendale, dalla fine del mese di gennaio 2017, presentando una propria piattaforma per noi inaccettabile. Un management arraffone si appropria indebitamente della ricchezza dei lavoratori a cui chiede ulteriori sacrifici senza concedere più niente. Il Governo osserva passivamente. ASSTEL vuole piegare contrattualmente ogni potenziale resistenza. I Sindacati sempre con la penna in mano annunciano una rottura delle trattative priva di sostanza e di credibilità oltre che senza controproposte.

Almaviva insegna.

Se queste sono le basi per riprendere la trattativa, USB Telecomunicazioni esprime la propria totale indisponibilità “a condividere” le esigenze aziendali, come ormai si impongono a senso unico da decenni. Gli interessi dei lavoratori hanno priorità e per questo serve un cambio di passo a partire dall’importanza del Contratto Nazionale che scongiuri la giungla delle contrattazioni aziendali, che penalizzerebbero i lavoratori più deboli, a partire dai Call Center, lasciandoli senza difese.

Serve una lotta veramente unitaria e di svolta, di tutto il settore e con carattere nazionale!

 

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