I lavoratori di Alitalia stanno vivendo l'ennesima crisi, il solito ricatto “o si cede alle richieste o si chiude”, il solito intervento del governo a sostegno dell'azionista. Da quanto emerso nei vari incontri che abbiamo avuto con governo e azienda sulla situazione Alitalia e da un'analisi ormai storica di un settore che conosciamo molto bene, emergono alcuni aspetti inquietanti che confermano quanto sosteniamo da tempo.
– Il trasporto aereo da almeno 25 anni è stato abbandonato al suo destino dai vari governi che si sono succeduti, lasciando il campo prima alle grandi compagnie aeree europee e poi anche ai vettori low-cost. Oggi di fatto per volare in altri continenti dall'Italia difficilmente si sale su Alitalia e le low-cost spadroneggiano sulle direttrici europee e nazionali, con la Ryanar ormai primo vettore che opera in Italia. Spesso i governi hanno utilizzato i soldi dei contribuenti per foraggiare esodi di massa del personale, o hanno finanziato direttamente o indirettamente l'Alitalia, ancor più spesso hanno messo a capo dell'azienda “grandi manager”, qualcuno dei quali è stato poi processato e condannato. Mai però la cosa pubblica ha fornito un indirizzo preciso allo sviluppo del settore. Mai un progetto di reale sviluppo industriale per Alitalia. Mai la promulgazione di leggi e regolamenti, come avvenuto in altri paesi europei, che rendessero almeno leale la competizione tra vettori, se non altro facendo pagare le tasse a chi opera e fa soldi in Italia. Al contrario si è finanziato il mondo del low-cost attraverso l'erogazione di soldi pubblici di enti locali e aziende di gestione aeroportuale a capitale pubblico elargiti a Ryanair e altre “ex piccole” compagnie.
– In queste continue crisi, di volta in volta sono stati spesi soldi pubblici senza alcun risultato ma mai si è ricorsi allo strumento del controllo diretto da parte dello stato dell'Alitalia. Controllo o nazionalizzazione sono diventati tabù, sacrificando sull'altare del mercato e della liberalizzazione sia un'industria, quella del trasporto aereo, fondamentale in un paese in cui il turismo è un'attività importantissima, sia decine di migliaia di posti di lavoro in un paese dove la disoccupazione raggiunge ormai livelli inaccettabili.
– Mai i governi che hanno svolto un qualche ruolo nelle crisi di Alitalia sono entrati neanche nel merito industriale dei tanti piani presentati. Mai hanno evidenziato e contrastato le assurde proposte che magari sconfessavano quanto affermato solo qualche mese prima. Sempre si sono date per buone le tesi proposte dai vari management. L'esempio più macroscopico è lo sviluppo mancato sui voli intercontinentali e la supposta possibilità di fare concorrenza alle low-cost: da anni si dice che questa ipotesi è industrialmente inapplicabile e suicida ma, ancora oggi, si continua a sostenerla con il governo che si astiene e non dice nulla in proposito. Su un aspetto però proprietà e governo sono sempre in sintonia: sono i lavoratori i soggetti che devono pagare il prezzo delle ristrutturazioni con tagli all'occupazione e al salario e al tempo stesso sono i sindacati che devono “responsabilmente” accettare sacrifici per i lavoratori in un gioco al massacro che li lascia sempre con il cerino in mano.
– Certo Cgil, Cisl, Uil e Ugl sono abituati a tenere in mano cerini accesi e quasi sempre alla fine, lasciandoli in mano ai lavoratori e dopo qualche teatrale intervento pubblico, corrono a firmare qualsiasi cosa poco prima della fine del presunto conto alla rovescia. In realtà fanno parte del gioco e non hanno alcuna intenzione di uscirne. Così è sempre stato e così sarà anche questa volta.
Come USB da decenni siamo presenti nel trasporto aereo e in Alitalia e da sempre lottiamo ed affermiamo che il pubblico non deve sparire dal settore. Questa volta riteniamo veramente che la misura sia colma, che fuori da un'ipotesi di intervento diretto dello stato in termini regolatori e di proprietà, sino ad arrivare alla nazionalizzazione, non sia possibile uscire dal tunnel e prevedere un reale sviluppo di Alitalia e dell'intero settore.
Non condividiamo questo piano industriale e riteniamo che non abbia alcuna possibilità di riuscita.
Continueremo a trattare, continueremo a lottare, a difendere ogni singolo posto di lavoro, i salari e i diritti, ma anche ad indicare ai lavoratori una diversa via d'uscita.
Al governo chiediamo finalmente di esprimersi chiaramente sul piano e sul futuro del settore del trasporto aereo.
Sciopereremo il 5 aprile e poi chiameremo i lavoratori, tutti i lavoratori di Alitalia, ad un confronto pubblico dove verificheremo e decideremo che cosa fare.
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