Le recenti, stizzite, affermazioni della Fiom, secondo la quale le ormai sempre più frequenti affermazioni dell’USB nei rinnovi delle RSU, anche nel settore metalmeccanico, sarebbero da ricercare in una deriva populista, non fanno i conti con la realtà e neanche con la loro storia.
Noi non dimentichiamo che i metalmeccanici sono stata la prima categoria a dare forma organizzata al movimento operaio Italiano e che con il conflitto e la lotta di classe hanno portato all’emancipazione i lavoratori nel nostro paese.
Noi non dimentichiamo che gli scioperi generali proclamati dai metalmeccanici riuscivano a far cadere i governi.
Ci sembra però che chi se ne è dimenticato, tradendo una grande storia di lotta, di conflitto con il padronato e le sue derivazioni politiche, sia stata proprio la Fiom.
L’USB è un’organizzazione sindacale fortemente radicata nei luoghi di lavoro, pubblici e privati, che continua a praticare il conflitto come mezzo per la risoluzione delle controversie, delle vertenze, e per il miglioramento delle condizioni del modo del lavoro, ma sempre condividendo obiettivi e metodi di lotta con i diretti interessati, i lavoratori.
Il populismo è un’altra cosa, come ben sanno i dirigenti della Fiom; il populismo è interclassista, rappresenta indistintamente interessi diversi, mette insieme padroni ed operai come se non vi fossero interessi distinti e contrapposti tra sfruttati e sfruttatori.
L’USB invece è un sindacato di classe, che non ha altri interessi se non quelli dei lavoratori.
Le continue elezioni di RSU, nelle aziende metalmeccaniche e non solo, evidenziano invece un’altra cosa, ossia che i lavoratori riconoscono all’USB la coerenza di un’organizzazione indipendente dai partiti e dai padroni che propone un modello sindacale diverso da quello neo concertativo praticato anche dalla Fiom.
Noi non siamo equidistanti, noi riteniamo che la lotta di classe contro il padronato sia necessaria per arrestare la deriva filo aziendalista che oggi va tanto in voga nei sindacati storici.
La legge Fornero, il Jobs act, l’abolizione dell’art. 18, le retribuzioni più basse tra i paesi economicamente avanzati, le morti e gli incidenti sul lavoro ecc. sono le cose che interessano i lavoratori.
E’ populismo lottare per superare questi elementi? È populismo lottare contro le flessibilità, i bassi salari, i licenziamenti, lo sfruttamento, la precarietà, lo schiavismo e si potrebbe continuare, o contrastare lo sviluppo nei contratti di fondi e fondini, all’interno dei quali entra, ogni anno, una mole di danaro incredibile, la cui gestione viene effettuata dai sindacati firmaioli e Federmeccanica etc., combattere il superamento del Welfare Pubblico con la scellerata scelta del Welfare contrattuale che significa di fatto anche l’abbattimento delle retribuzioni, dirette e differite?
Bene, l’USB è questo, e se i lavoratori si iscrivono, si organizzano con noi, votano le liste dell’USB forse il problema che ha la Fiom non è il populismo ma l’essersi arresa al padrone e condividere le politiche della Confindustria e questo i lavoratori lo hanno capito molto bene.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa
antonio
…“chi vi paga?” ci dicevano quando andavamo a volantinare nelle fabbriche e nei posti di lavoro contro quegli accordi che svendevano i contratti con le derive opportunistiche e concertative dei sindacalisti (spesso iscritti o rappresentanti della cellula “picista” interna).
Oggi: hanno la “coda di paglia” e riprendono, aggiornandolo con nuove (?) “percezioni”, quel vecchio “vizio”: cioè quello a “loro” insegnato dalla scuola alla calunnia e all’infamia; (quella a matrice confederal-picista). Oggi viene agitata e gestita da parte degli eredi dei “calunniatori” di ieri; spaventati dall’erosione dei consensi e del potere che stanno, a loro volta, subendo.
Costoro si difendono mettendo in campo tutta la loro rimanente ed effimera “potenza” e arroganza; forti perfino dell’appoggio che gli viene loro offerto dal sistema sindacal-confindustrial-governativo.
Gli operai, i lavoratori, i lavoratori migranti, pian piano stanno aprendo gli occhi riprendendosi la LORO autonomia e indipendenza.
E’ questo che “lorsignori” temono; è di questo che hanno paura i “sindacati confederali e neocorporativi” la confindustria e i partiti di governo, succubi e servi dell’UE e delle sue strategie economiche di tagli ai salari contribuendo ad aumentare le miserie sociali.