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Votare “NO” sul contratto TLC, non garantisce più diritti e aumenti salariali

È molto più di un pessimo accordo quello che hanno sottoscritto SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL, e UGL Telecomunicazioni, purtroppo come spesso accade, in quanto l’accordo apre ad un nuovo modello contrattuale che riduce salari, diritti e consente esclusivamente la contrattazione di ricatto sul salario variabile, in materia di orari, ritmi e carichi di lavoro.

Il contratto nazionale se non è in grado di garantire maggiori diritti e aumenti salariali per tutti i lavoratori di fatto non esiste più.

– UN CONTRATTO SENZA SALARIO
Il contratto nazionale viene pesantemente ridimensionato sul ciò che il sindacato poteva richiedere sui salari, sugli orari e sulle condizioni di lavoro.

È quindi la fine del salario contrattato collettivamente e la sottomissione del salario al rischio di impresa. Se va bene, cresce ma se va male la paga cala e il rischio di impresa è tutto sulle spalle dei lavoratori.
Con la paga minima del contratto nazionale, sostanzialmente congelata da un accordo che definisce incrementi irrisori, scaglionati al 5° livello in 2 tranche (1° gennaio, 1° luglio) + 10 € dal 1° luglio, lascia spazio nel secondo livello alla retribuzione variabile che però è sempre più variabile verso il basso.
Nel contratto nazionale si scambiano tenui incrementi retributivi con pesanti flessibilità della prestazione: orari, turni, tempi, disponibilità generale del lavoratore a ogni mansione. Tutto peggiora senza nessuna compensazione reale.

A dimostrazione di quanto detto sopra, ci si trincera dietro il tecnicismo dell’indice IPCA per il calcolo dell’aumento retributivo, elaborato e assunto a livello europeo come indicatore per assicurare una misura dell’inflazione comparabile a livello europeo, ai fini dell’accesso e della permanenza nell’Unione monetaria, ma che in realtà ha lo scopo dichiarato di tenere bassi i salari.

L’IPCA è infatti “l’Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato” per rendere confrontabili i parametri dei diversi paesi europei e comunicato per l’Italia dall’Istat. Tale meccanismo, ben al di sotto dell’inflazione reale, cancella ogni carattere redistributivo del contratto nazionale e consegna i salari ad un indicatore economico costruito ad hoc per ridurli.

– ASSORBIMENTO E SALARIO VARIABILE

Sottoscrivendo l’accordo sul premio di risultato, SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL, e UGL Telecomunicazioni si sono impegnati a non chiedere mai più salario fisso e garantito.

Con l’introduzione della nuova voce salariale, denominata ERS, Elemento Retributivo Separato, si potranno assorbire i futuri aumenti salari non rivalutabili e che saranno esclusi dalla base di calcolo del TFR. Questo comporta che, qualora i lavoratori dovessero riuscire comunque a conquistare un aumento retributivo, le aziende potranno ridurlo, assorbendolo all’interno di questa voce a meno che non sia esplicitata la non assorbibilità.

– PREMI IN NATURA

L’ipocrisia non ha limite. Dietro i proclami dei 120 € in busta paga nel mese di luglio 2018, e per il solo anno 2018, c’è l’inganno del cosiddetto Welfare Aziendale. Tali risorse infatti, saranno utilizzabili solo sotto forma di beni e servizi come la sanità integrativa, previdenza complementare e servizi vari individuati da sindacati complici e azienda in totale gestione discrezionale tramite appositi enti bilaterali.
Si ritorna ai salari in natura consentendo così alle imprese un risparmio clamoroso in contributi e fisco a danno del lavoratore ma soprattutto a danno dello stato sociale e del servizi pubblici, a partire dal sistema pensionistico. Hanno concordato di chiedere solo premi variabili e premi in natura, ovvero non sarà più spazio per contrattare, conquistare, salario fisso, garantito, strutturale.

– SI METTE LA MORDACCHIA AL DISSENSO

Nell’accordo di programma per il rinnovo del CCNL stipulato con le OO.SS., si accettano le disposizioni del Testo Unico sulla rappresentanza.

Vale la pena ricordare che tale Testo Unico comporta, tra le altre cose:

• La possibilità di derogare in peggio, a livelli aziendali, i minimi previsti dal contratto nazionale, ovvero accetta le deroghe in azienda ai contratti nazionali sugli orari, sulla prestazione e sulle condizioni di lavoro cioè su tutto, alla faccia di tutte le posizioni ufficiali della CGIL;

• La validità dei contratti “se approvati dalle rappresentanze sindacali aziendali costituite nell’ambito delle associazioni sindacali che risultino destinatarie della maggioranza delle deleghe relative ai contributi sindacali”;

• L’introduzione e l’estensione di ulteriori sanzioni contro il diritto di sciopero, ovvero l’esigibilità degli accordi anche per chi non è d’accordo e le sanzioni per chi li contrasta, sanzioni che colpiscono il sindacato e i delegati aziendali che intendessero opporsi ad esse;

• La costituzione di una giuria di arbitri (Commissione Arbitrale) formata da tre rappresentanti di CGIL CISL UIL , tre della Confindustria e un “esperto” esterno. Questa  giuria, dove la Confindustria ha il ruolo principale, valuterà i comportamenti sindacali difformi all’accordo.

– SI RECEPISCE IL JOBS ACT

Nell’accordo di programma si dice testualmente: “aggiornamento del CCNL TLC tenuto conto delle previsioni normative vigenti”.

Solo i più ingenui possono non tradurre questa frase in “recepimento del JOBS ACT” che, giova ricordarlo, comporta:

• Grazie ai generosi incentivi fiscali la possibilità di assumere giovani, licenziabili liberamente se lo richiedono “ragioni produttive e organizzative”;

• La possibilità di demansionare o trasferire il lavoratore per ragioni “tecniche, organizzative e produttive”, mantenendo formalmente il trattamento minimo salariale, ma perdendo tutti gli elementi retributivi collegati;

• L’utilizzo degli impianti audiovisivi e dei dispositivi di controllo degli strumenti di lavoro, consentendo che le informazioni raccolte possano essere utilizzate a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, ivi compresi quelli disciplinari, a condizione che sia fornita al lavoratore un’adeguata informazione.
In poche parole il nuovo CCNL sarà uno strumento formale in mano all’azienda per aumentare ritmi, carichi di lavoro, controllare individualmente la produttività e impedire la crescita dei salari.

1000 RAGIONI PER RESPINGERE QUESTO ACCORDO VOTANDO “NO”

USB invita i lavoratori a mettere in atto ogni forma di contrasto possibile a questo ignobile contratto.


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