La storia di questi ultimi vent’anni ci insegna come la privatizzazione di Telecom Italia fu una delle più vergognose pagine della politica economica del nostro Paese che stiamo ancora scontando, difatti alla guida di uno dei più importanti operatori mondiali di TLC (il 35,26% di Telecom era nelle mani del Ministero del Tesoro), si sono alternati noti prenditori del capitalismo italiano, per finire nelle mani di speculatori finanziari stranieri i quali si sono dimostrati ben attenti a tutelare la loro cospicua redditività.
Tutti gli amministratori delegati succedutesi, alfine di garantire gli azionisti, hanno tagliato diritti e salario maltrattando i lavoratori. Dopo aver esaltato i risultati raggiunti grazie ai sacrifici dei lavoratori e incassato bonus milionari, hanno lasciato i lavoratori più poveri, contribuendo ad allargare sempre più la forbice tra ricchi e poveri.
Con lo schiacciamento dei salari e il ricatto occupazionale, oggi i nuovi padroni dimostrano una determinazione senza precedenti nel contenimento dei costi e nella gestione dei rapporti con i propri dipendenti. Nonostante i risultati finanziari con incrementi degli utili del 25%, chiedono la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria per 29.736 persone, individuando alla fine della CIGS 4.500 esuberi.
Interessi finanziari e speculativi che stanno secondo noi anche dietro il progetto di scorporo della rete, giustificato dalla motivazione della sicurezza nazionale.
Si tratta di una falsità: nel progetto si propone di scorporare solo la porzione di accesso, cioè la parte della rete che da casa del cliente arriva alla prima centrale (il cosiddetto ultimo miglio). Tutta la rete di trasporto rimarrebbe in un’altra società. Ma la sicurezza della rete passa per la tutela dell’intera rete, non solo quella di accesso.
Ma quello che ci preoccupa veramente è che questa operazione porterà a migliaia di esuberi, molti di più dei 4.500 esuberi oggi dichiarati.
Ancora più paradossale è che la TIM, mentre comunica i 4.500 esuberi, alla fine degli ammortizzatori sociali, dica di voler assumere 2000 lavoratori, ovviamente ad un costo più basso di quelli che vuole espellere dal ciclo produttivo e con minori tutele.
È ora quindi di affrontare seriamente il tema della riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, anche come risposta alla ormai assodata digitalizzazione dell’economia (industria 4.0).
USB Telecomunicazioni sostiene da sempre la nazionalizzazione dell’intera TIM in quanto impresa di interesse strategico per il Paese, sottraendola ai pescecani che la stanno spolpando grazie alle compiacenze dei governi di ogni colore e dei sindacati complici.
Vi invitiamo pertanto a partecipare allo sciopero nazionale proclamato per il 5 giugno 2018 intera giornata.
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